I Top Brand americani contro Trump

L’Huffington Post  |  Di Redazione Pubblicato: 06/02/2017
Google, Facebook, Apple e oltre 90 aziende passano all’azione legale contro Trump.

Resta fuori solo Amazon

Passa di livello l’opposizione della Silicon Valley alle politiche anti-immigrazione del presidente Usa Donald Trump. Dopo aver condannato a parole il Muslim ban voluto da Trump, i giganti della tecnologia sfidano il nuovo presidente anche in tribunale.

Come spiega il Financial Times, giganti del calibro di Google, Facebook, Apple, Microsoft, Netflix e Snap hanno deciso di partecipare alla battaglia legale contro la Casa Bianca, presentando alla Corte d’appello del nono circuito un ‘amicus curiae’, ovvero un documento di una parte non in causa in cui sono fornite delle informazioni per aiutare il tribunale a decidere. La memoria congiunta, che è stata sottoscritta da ben 97 compagnie di primissimo piano, denuncia l’illegittimità del provvedimento che congela l’ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di sette Paesi musulmani considerati ad alto rischio di terrorismo.

Nel documento, le società hanno enfatizzato l’importanza degli immigrati nell’economia e nella società, sottolineando che la decisione di Trump danneggia i loro affari e viola le leggi sull’immigrazione e la costituzione statunitense. Un tribunale di Seattle, venerdì, ha bloccato l’esecuzione dei decreti presidenziali, su richiesta del Minnesota e dello Stato di Washington. La Corte d’appello ha temporaneamente respinto il ricorso dell’amministrazione Trump. Soltanto Amazon, il cui fondatore Jeffrey P. Bezos è anche proprietario del Washington Post, non è tra i firmatari del ricorso legale.

La preoccupazione delle compagnie è che con il bando di Trump “numerosi detentori di visto di lavoro che lavorano con impegno negli Usa, contribuendo – scrivono – al successo del nostro Paese” possano avere difficoltà. Nel documento presentato alla Corte d’appello si legge che “l’ordine esecutivo di Trump è discriminatorio in base alla nazione di origine e alla religione” e che può essere molto dannoso per gli Stati Uniti e le compagnie che cercano nel mondo i migliori talenti da assumere. Notando che “gli immigrati o i loro figli hanno fondato più di 200 delle aziende della lista dei 500 di Fortune”, il documento afferma che l’ordine di Trump “rappresenta un allontanamento significativo dai principi di equità e prevedibilità che hanno governato il sistema di immigrazione degli Stati Uniti per più di cinquant’anni”.

 

 

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