Verdini a Renzi, meglio io che Bersani

Corriere della Sera di Maria Teresa Meli 19 giugno 2017

Verdini: «Renzi voleva un governo fragile. Mi disse di non andare con Gentiloni, e così ho fatto»
Il leader di Ala: «Matteo pensava solo alle urne, Silvio a non fare la lista con Salvini». «Io sono qui, 12 ore al giorno, come sempre. Non ho nessuna intenzione di abbandonare il campo»

Senatore, è sparito dai radar della politica. Sta smobilitando?
«Sciocchezze. Io sono qui, 12 ore al giorno, come sempre. Non ho nessuna intenzione di abbandonare il campo. Se vi interrogaste sul perché non sono al centro della polemica politica, capireste quanto erano strumentali quegli attacchi. Quando eravamo essenziali a Renzi e alle riforme, non c’era giorno che qualche “sinistro” non se la prendesse con noi. Adesso che Renzi non è più a Palazzo Chigi, è venuto meno lo spettro Verdini. Curioso no?».
Quegli attacchi la disturbavano?
«Scherza? Erano medaglie. Tutt’al più mi facevano sorridere. Spesso venivano da chi con me aveva trattato di leggi elettorali e di governi da fare. E poi un po’ di ragione ce l’avevano…».
Perché?
«La nostra azione ha vanificato il ricatto della sinistra pd, quella rimasta con i piedi nel passato e la testa nel trapassato remoto: senza di noi non ci sarebbe stato il tentativo di ammodernamento del Paese con le riforme istituzionali e neanche alcune riforme di civiltà come le unioni civili. Sul piano politico abbiamo disinnescato il potere di interdizione di Bersani & Co. e siamo stati i guardiani del riformismo e del renzismo».
Lei è per il maggioritario ed è contro il tedesco perché la soglia del 5 per cento taglierebbe fuori i partitini come il suo.
«Sbagliato: anche se sostenevo il Rosatellum, ho sempre difeso il 5 per cento. Non mi confonda con Alfano: non ho nulla a che spartire con lui».
Entrambi avete abbandonato Berlusconi per Renzi.
«Alfano ha lasciato Berlusconi nel momento di massima difficoltà per tenersi la cadrega da ministro. Noi lo abbiamo fatto senza avere in cambio poltrone per continuare quello che Berlusconi aveva cominciato: le riforme. E poi il centro di Alfano non è il mio stesso centro».
In che senso scusi?
«Io sono un ex repubblicano, risorgimentalista e spadoliniano. Sono un laico e un liberale. Ho votato le unioni civili e la legge sul fine vita, mentre Alfano faceva l’ostruzionismo, e ha votato una illiberale riforma della giustizia con il “fine prescrizione mai”».
Quindi non nascerà un centro che vi metta insieme.
«Non lo escludo, purché non sia un centro contro qualcuno. Un centro antirenziano o antiberlusconiano a me parrebbe un ossimoro politico… E poi scusi, mi consenta lo sfogo…».
Dica…
«Io ho inseguito tutti questi protagonisti per due anni; sono stato il primo a “federare” con Zanetti e Scelta civica, ho messo a disposizione di tutti i comitati referendari guidati da Pera e Urbani. Ora non inseguo più nessuno. L’unico modo per quest’area di rimettersi insieme è che tutti i presunti leader, me compreso, si ritirino e si definisca un nuovo soggetto, nel quale sciogliersi».
Lei ormai critica apertamente Renzi, si sente scaricato?
«Per essere scaricati bisogna essere prima stati “caricati”. Cosa che a me non è mai successa. Renzi è ancora l’unica speranza per questo Paese. Bisogna aiutarlo a non rintanarsi nel suo Pd e a sinistra. Per il bene del Paese. A me non ne viene niente. E poi forse andrebbe pure salvato da qualche renziano…».
Intanto Macron ha stravinto anche le legislative…
«Lei mette il coltello nella piaga. Macron doveva essere il “Renzi” francese, invece siamo qui a discutere se Renzi potrà mai essere il “Macron” italiano. Macron a un ex premier di 55 anni come Valls ha rifiutato il posto in lista e gli ha offerto solo un accordo di desistenza nel suo collegio. Renzi a un ex sindaco di 68 anni ha offerto una coalizione nazionale, e quello se la tira pure…».

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