La scuola come “luogo educativo della psiche”

Il Messaggero 12 Gennaio 2012 Carla Massi
Aggressivi ed autolesionisti, la chiusura delle scuole ha reso i ragazzi più fragili
Intervista a Stefano Vicari , psichiatra del Bambin Gesù

Il portone chiuso della scuola può aprire a fragilità, dubbi e disperazione. Restare a casa davanti ad un computer per tanti mesi e tante ore al giorno fa pagare ai giovani un prezzo molto alto. «Stanno perdendo le lezioni dal vivo ma anche lo specchio della loro esistenza» commenta Stefano Vicari alla guida di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Che cosa vuol dire “perdere Io specchio”? «Significa allontanarsi dallo specchio, la scuola appunto, che permette agli adolescenti di capire chi sono, come si muovono le emozioni, come sono gli altri che sono accanto». Parla della relazione con i compagni, con l’insegnante, con il mondo fuori casa? «Lo specchio a cui mi riferisco ha il potere di rafforzare l’autostima, insegnare il limite, riflettere quello che si prova. Gli occhi dei compagni diventano veri giochi di specchi da cui imparare». Lei ha sempre capito la protesta dei ragazzi che vogliono tornare a scuola? «Sono sempre stato preoccupato delle chiusure e i ragazzi avvertono il disagio della mancanza. La scuola non è un parcheggio e neppure solo un luogo dove si apprendono nozioni o dove si insegna un mestiere. È un fondamentale luogo educativo della psiche». Nel momento in cui il portone chiude chi sono quelli che soffrono di più? «Senza la scuola tutti i ragazzi sono più esposti alle loro fragilità.

L’istituzione fa da contenitore emotivo, da ammortizzatore delle tensioni e insegna che cosa è una relazione sociale al di fuori della famiglia». Alcuni ragazzi sono più fragili di altri, come stanno in questo momento? «Quello che vediamo al pronto soccorso del nostro ospedale è molto preoccupante. Sono cresciuti i casi di ansia e depressione anche tra i più piccoli. Anche solo dodici anni se costretti a restare a casa per lunghi periodi». Ci aiuta a capire le manifestazioni che presentano questi ragazzi? Così gravi da arrivare al pronto soccorso? «Mi riferisco a crisi di aggressività ripetute, autolesionismo con tagli sul corpo come i due ragazzi di 14 e 17 anni che nei giorni scorsi vicino a Milano si sono sfregiati il viso a vicenda per sentire dolore, abuso di droga e tentativo di suicidio». Tentativo di suicidio? Parla di ragazzi che erano già in cura e si sono aggravati?

«No, ora sto parlando di ragazzi che prima di questa lunga emergenza riuscivano a compensare alcune loro debolezze frequentando la scuola, uscendo con gli amici, andando in palestra, giocando a pallone. Ragazzi che definiremmo sani. Oggi molti di questi adolescenti devono essere ricoverati». L’impossibilità ad entrare in classe come amplificatore o generatore di un malessere così forte? «La chiusura ha, appunto, fatto da amplificatore. Ha scatenato condizioni della psiche che, con ogni probabilità, sarebbero state superate in una condizione normale». Lei ha parlato anche di ragazzi che hanno scelto di assecondare questa situazione di isolamento forzato. Crede che, per loro, sarà difficile tornare indietro?

«»Sappiamo che alcuni faranno fatica a riprendere una vita fuori casa. Lo abbiamo visto alla fine del lockdown e lo vediamo anche adesso. Ce lo raccontano le mamme preoccupate» Che cosa raccontano?  «Ci dicono che il figlio o la figlia adolescente segue le lezioni a distanza, studia e , spesso, si mette a letto senza far nulla. Giornate intere sul divano tra tv e videogiochi»

Gli stessi studenti si lamentano della didattica a distanza e di avere molta difficoltà a concentrarsi. Che ne pensa? « Anche i più diligenti sono stanchii di interloquire sempre con un computer. La difficoltà a concentrarsi è comprensibile. Parliamo di una condizione oltretutto che non aiuta ad apprendere, a fare connessioni e a memorizzare»

Ci ha fatto un quadro molto preoccupante, calcoliamo che studiano da casa circa due milioni e mezzo di ragazzi… « Sono un medico e devo mettere in guardia spiegando che non stiamo parlando di un ristretto gruppo. La realtà di questi mesi ce lo insegna. Costringerli a stare lontani dalla scuola può avere ripercussioni anche difficili da superare. Proprio nel momento della loro trasformazione, l’adolescenza, li esponiamo ad un rischio. Poche relazioni, niente contenimento, emozioni inespresse o espresse in modo molto doloroso»

 

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