L’Europa è preoccupata per il cavallo di Salvini

Il manifesto Massimiliano Smeriglio 11.02.2021
La Lega di Salvini, un cavallo di Troia a Bruxelles
I nostri amici europei fanno fatica a capire le dinamiche del dibattito casalingo. Le ragioni del Capo dello Stato sono chiare e condivisibili. Tuttavia a livello Ue le cose stanno messe in un altro modo

C’è, nella crisi italiana, un aspetto che non sembra appassionare. Eppure ha a che fare con il cuore del problema: cosa deve diventare l’Europa nel post pandemia.

La capogruppo dei Socialisti e Democratici a Bruxelles, Iraxte Garcia, ha espresso pubblicamente le sue preoccupazioni per le aperture a Matteo Salvini e il suo possibile ingresso nell’area di governo.

Ovviamente non è in discussione la credibilità continentale del presidente incaricato Mario Draghi, ma, va detto per onestà intellettuale, lo schema che l’ex presidente della Bce si accinge a varare farà la differenza.

Il Covid è in tutto il mondo e in tutto il mondo si continua a votare. Dalla vittoria di Biden a quella sinistra in Ecuador. I piani nazionali del Recovery si stanno scrivendo in tutti i Paesi dell’Unione senza che questo abbia determinato meccanismi da unità nazionale.

In tutta Europa e in gran parte del mondo le ragioni delle forze progressiste non si sommano a quelle nazionaliste, razziste, omofobiche, maschiliste, capaci di negare l’emergenza climatica e quella Covid. Casomai si combattono perché espressioni di valori e visioni del mondo differenti, a volte opposte.

Difficile immaginare l’estrema destra alle prese con la transizione ecologica e il rilancio delle politiche pubbliche a partire dalla sanità, dopo il disastro lombardo.

Inoltre a Bruxelles esiste una vera e propria Conventio ad excludendum, un cordone sanitario che impedisce alle forze anti europee di assumere ruoli istituzionali rilevanti.

Le ragioni sono evidenti, a cominciare dal fatto che lo spazio democratico europeo va difeso. Nel 2019 hanno tentato l’assalto per far saltare l’Unione e hanno fallito. Tra gli assaltatori Salvini era in prima fila.

Può darsi che la conversione europeista di Salvini sia stata immediata e definitiva come quella di Paolo di Tarso disarcionato da cavallo. Può essere. Ma può essere anche il contrario.

E in Europa il caso di Fidesz, il partito di Orban fa scuola. Una pessima scuola. Un partito euroscettico anti immigrazione interno al gruppo del Partito popolare europeo sospeso nel marzo del 2019 fino a data da destinarsi e dal quale rischia l’espulsione. Un governo, quello ungherese, che viola lo Stato di diritto, la libertà di stampa e alimenta costantemente la propaganda razzista.

L’Italia è un Paese fondatore dell’Unione, un paese importante. Le preoccupazioni dunque sono legittime poiché il rischio del cavallo di Troia esiste.

È questo l’aspetto più delicato, in nessun caso le forze progressiste italiane dovrebbero favorire lo sdoganamento di Salvini. Sinceramente credo che il premier incaricato dovrebbe riflettere a fondo su questo passaggio.

La dimensione tattica di Salvini, probabilmente spinto dalle forze produttive del Nord, appare evidente. Nessuna conversione europeista dunque, solo voglia di mettere le mani sul malloppo del Recovery. Dobbiamo saperlo.

Penso sia giusto considerare l’impatto della eventuale unità nazionale sugli equilibri europei, a partire dalle prossime elezioni tedesche.

Un altro Orban non possiamo permettercelo. La credibilità in politica è quasi tutto.

Proviamo a prenderci sul serio. Nulla contro Draghi, ma Salvini al Governo sarebbe un pessimo esordio. La vittoria del trasformismo estremo, la conclamazione di una contesa politica fondata su interessi particolari. Dobbiamo solo convincerci che questa cosa davvero non si può fare.

Puntati i piedi, il coraggio di condurre fino in fondo questa battaglia verrà da sé.

 

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