Roma, i soldi ci sarebbero, mancano i progetti

di Federico Fubini Corriere della Sera 4 Giugno 2021
Roberto Gualtieri: «Roma città ferita: le casse sono piene e non si spende»

L’ex ministro dell’Economia e la corsa a sindaco di Roma per il Pd: punterò sui giovani e sulle competenze. Calenda? «La sfida è a tre, noi la destra e Raggi»

In inverno l’Italia ha evitato una recessione e ora sembra in ripresa: c’è un cambio di passo fra il vostro governo e quello di Mario Draghi?
«Il governo Draghi sta lavorando bene — risponde Roberto Gualtieri, 54 anni, ex ministro dell’Economia e candidato sindaco del Pd a Roma —. I dati del primo trimestre, in cui abbiamo fatto meglio di Francia, Germania e Spagna, dimostrano che la politica che ho condotto con il precedente governo ha funzionato. Investimenti, costruzioni, domanda interna, tenuta dei servizi: dietro c’è la vitalità delle nostre imprese ma anche scelte giuste a livello macroeconomico e nel mix di interventi. Vedo una positiva continuità del nuovo governo e un ottimo lavoro su vaccini e Recovery. Quest’anno mi aspetto una crescita superiore al 5%».

A Roma le perdite di occupazione durante questa crisi sono quasi doppie rispetto alle medie nazionali. Come lo spiega?
«Roma paga l’inadeguatezza delle amministrazioni Raggi e Alemanno. Da anni non si programma e non si investe. Abbiamo studiato i bilanci e il dato impressionante è la quantità di risorse che Roma aveva e ha, ma rimangono non spese».

Può essere più preciso?
«Il 2019 si è concluso con un avanzo corrente di 260 milioni, un miliardo di liquidità in cassa e appena 184 milioni impegnati per gli investimenti: per abitante, è meno di un terzo rispetto a Milano o Napoli. E c’è una quota bassissima di finanziamenti straordinari nazionali intercettati, per pura incapacità di progettazione».

Ha degli esempi?
«Come no. I soldi stanziati per i nuovi treni delle linee A e B della metropolitana non sono stati spesi perché il bando era scritto male. Quelli per le nuove metropolitane sono andati ad altre città, perché non c’erano i progetti. In sostanza a Roma abbiamo fatto l’austerità. Ma non imposta da fuori: dovuta all’incapacità di spesa e alla mancata erogazione di servizi essenziali. Casse piene e la città che cade letteralmente a pezzi».

Lei cosa propone?
«Va rafforzata la capacità di progettazione ed esecuzione delle opere, anche con strutture dedicate e professionalità specifiche. Ci serve una governance semplificata di aziende e agenzie comunali, per far funzionare trasporti, traffico, raccolta rifiuti. È anche un motore di crescita: l’economia circolare ha bisogno di tecnologia e competenze, un sistema di trasporti integrati ha bisogno di innovazione anche digitale. Poi bisogna valorizzare le vocazioni di Roma: ricerca e industria di alta tecnologia, cultura, produzione artistica e audiovisiva, turismo, commercio, servizi avanzati».

Lei parla come se in periferia non ci fosse un’emergenza sociale…
«Niente affatto. È prioritario curare le ferite della diseguaglianza e dell’esclusione, puntando su politiche e infrastrutture sociali, coinvolgendo il terzo settore. Vanno riqualificati gli spazi urbani, quindi serve concretezza, a partire dai progetti per intercettare le risorse del Recovery. Roma ha un potenziale di città verde e sostenibile, digitale e creativa, inclusiva e aperta al mondo. Come fa Parigi, ripenseremo spazi e funzioni per assicurare in tutti i quartieri i servizi fondamentali».

Ma se la burocrazia fa lo sciopero della firma per evitare responsabilità, lei che può farci?
«I Comuni sono gli enti con la migliore capacità di investimento. Se Roma si comporta diversamente da Milano, Bologna, Firenze e Bari, le responsabilità sono del sindaco e della giunta. Noi punteremo sulle migliori competenze, su un’organizzazione più efficiente e su innesti giovani e qualificati. Il Recovery è un’opportunità».

Al dissesto del Comune non hanno contribuito anche le giunte del Pd?
«Le amministrazioni Francesco Rutelli e Walter Veltroni sono state le migliori degli ultimi decenni. Ad Alemanno è stato consegnato un bilancio in ordine e l’azzeramento del debito deciso dal governo. Dopo cinque anni di gestione disastrosa lo ha lasciato con 550 milioni di deficit strutturale e il tracollo degli investimenti. Ignazio Marino ha rimesso i conti a posto: un lavoro finito nella paralisi dell’attuale amministrazione. Oggi c’è la possibilità di ripartire. Possiamo migliorare qualità e quantità dei servizi erogati. Un esempio? La Corte dei Conti spiega come l’assenza di investimenti sul rinnovo della flotta Atac abbia fatto lievitare i costi di manutenzione a spese del servizio».

Dicono: se Gualtieri vince le primarie, è perché glielo permettono i caporioni del Pd romano che poi lo condizioneranno. Se vince il ballottaggio sarà grazie a M5S, che poi lo condizionerà a sua volta.
«Il Pd romano oggi è un partito giovane, vitale e rinnovato, noi puntiamo a realizzare un’alleanza larga che coinvolga le forze sociali, economiche, associative e tutte le persone che vogliono la rinascita di Roma. Da parte mia credo di aver dimostrato il mio modo di lavorare. Al ministero dell’Economia ho compiuto scelte basate sul merito, senza le quali non avremmo ottenuto i risultati che ora tutti riconoscono».

In un ballottaggio fra Virginia Raggi e Carlo Calenda lei per chi voterebbe?
«Solo chi sa di non arrivare al ballottaggio si pone questa domanda. Tutte le rilevazioni ci dicono che questo scenario non esiste. La sfida è a tre, noi la destra e la Raggi».

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