La Cina è il nemico: la lettura geopolitica, l’Europa non è indipendente

La Stampa 16 Giugno 2021 Lucio Caracciolo
Italia ti illudi – Mammaamerica Non è tornata
La traduzione a il  senso di «America is back», lo slogan con cui Biden si è presentato al vertice — Nato, è per noi italiani «Mamma America è tornata».

Errore. Il sottotesto americano suona: «Sulle cose che contano noi decidiamo, voi applicate. Per il resto imparate a cavarvela da soli. Non facciamo chirurgia ordinaria, solo salvavita». In termini pratici, il messaggio per noi è secco: la matassa libico mediterranea è affare per italiani e altri europei. Vi daremo una mano coi turchi, ma spetta anzitutto a voi curare la tranquillità delle vostre frontiere. Il Biden reale, non quello retorico, non è poi così lontano da Trump. Perché entrambi ammiragli sulla tolda di una corazzata, l’America, che non può né vuole invertire la rotta a ogni cambio di amministrazione. Altrimenti si sarebbe da tempo autoaffondata. Con Biden il tono è radicalmente cambiato (e il tono è un fatto, non solo modulazione della voce), alcuni aggiustamenti tattici sono in corso, ma la postura strategica resta.

L’ America che si concentra sulla Cina e secondariamente sulla Russia vuole che gli europei crescano, diventino finalmente adulti. Ma non troppo indipendenti. Esercizio non facile né spontaneo. Gli europei si dividono in due gruppi: quelli che preferiscono rimanere infanti, comunque contando su una mamma distratta da altre urgenze, specie domestiche; e quelli che preferiscono diventare più autonomi e in parte lo sono già, al rischio di rompersi l’osso del collo. Fra i primi ci siamo noi, fra i secondi emergono i francesi (con sovrabbondanza di retorica) e i tedeschi (con prevalenza di fatti). Insomma, la si giri come si vuole: l’Occidente sarà forse un insieme di valori — almeno si dipinge tale – ma non è una compatta famiglia geopolitica. La cacofonia di fondo emersa dagli incontri euroamericani di giugno, appena mascherata nei comunicati ufficiali. lo conferma. I vertici dei capi servono a due cose: allestire teatri di posa utili a comunicarsi al mondo e agli spettatori di casa propria (necessarie due grammatiche e due sintassi diverse); e guardarsi negli occhi mentre, lontano da sguardi e (forse) microfoni indiscreti ci si raccontano pensieri e desideri intimi. In questa seconda maggiori hanno  riguardato la Cina.

Tutti i paesi atlantici hanno di recente assunto, su impulso americano, una postura più dura nei confronti di Pechino. In particolare per quanto riguarda la protezione delle industrie strategiche e dei dati sensibili. Ma non intendono muovere guerra né fredda né ovviamente calda contro la Repubblica Popolare. Soprattutto, nessun paese europeo è disposto ad aderire alla sconnessione (decoupling) tecnologica con i rivali cinesi su cui gli Stati Uniti insistono. Quanto alla “via della seta” occidentale appare oggi, al meglio, una intenzione. Non ancora un progetto. E poi, da dove spunterebbero i soldi necessari a rivaleggiare con le ambiziose proiezioni di Pechino? Il più chiaro è stato Macron: «Dobbiamo mantenere la nostra indipendenza quando si tratta della nostra strategia verso la Cina». Merkel ha notato che «non bisogna sopravvalutare la minaccia cinese», la stessa frase emessa in quelle ore dalla propaganda pechinese. E se Johnson manda la sua portaerei verso l’Indo-Pacifico per mostrarsi solidale con gli americani, non rinuncia però al suo pez-zo di torta finanziaria cinese. L’obiettivo di Biden era richiamare gli europei alla gestione di casa loro per de-dicarsi a sanare le fratture in casa sua e concentrarsi, con il maggior sostegno possibile degli altri soci, sul contrasto a Cina e Russia. Bersaglio mancato, per ora: «America is back? Work in progress».

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