Roma, Caltagirone fa le sue primarie di famiglia

il manifesto Andrea Carugati 17.06.2021
Il Messaggero e lo spettro comunista

 

Uno spettro si aggira per Roma. Lo spettro degli espropri proletari, del Quarto Stato rimpolpato da pericolose famiglie migranti che attenta alla proprietà privata, agli attici dei Parioli dove le famiglie di (im)prenditori del generone romano già si sono asserragliate con i sacchi di sabbia davanti alle finestre.

Lo spettro comunista, abile a mimetizzarsi dietro la morbida figura di Roberto Gualtieri e degli altri 6 candidati alle primarie del centrosinistra, è stato però individuato dagli abili segugi del Messaggero. Indignati, ieri hanno randellato il Pd per aver organizzato il primo dibattito tra i candidati sindaco in uno stabile occupato da alcune centinaia di persone (tra cui100 bambini) in via Santa Croce in Gerusalemme, lo Spin Time, diventato negli anni anche centro culturale.

Non l’avessero mai fatto. «Luogo incongruo», «il set più infrequentabile», «uno dei simboli dell’abusivismo come pretesa egualitaria», «la sede di una cultura con cui nessuna classe dirigente dovrebbe civettare», l’ha definito il quotidiano del costruttore Caltagirone in un editoriale dal sobrio titolo «Le primarie Pd e la legittimazione dell’illegalità».

Fermandosi al titolo, si era sospettato che avessero beccato Gualtieri e soci a bere champagne nella Jacuzzi con i Casamonica, o l’ex ministro intento a dare testate in faccia a un cronista Rai. E invece no. I sette moschettieri hanno discusso delle città e delle sue ferite di fronte a varie associazioni. Errore imperdonabile. Così facendo infatti il Pd «ha deciso di intraprendere una deriva pauperistica e di sinistra», di «buttarsi nella sinistra più sdrucita». Di più: un «minoritarismo proletarizzante», «delirio ideologico», «logiche paleolitiche e distruttive».

«Quasi da non crederci», commenta l’editorialista che poi ricorda che in quel luogo del malaffare «si rifugiarono le sardine per fare una specie di congresso inutile». Addirittura.
L’articolista, bontà sua, ricorda di passaggio che nel 2019 il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski si recò di persona nel palazzo occupato per riallacciare la luce alle famiglie dopo 5 giorni di buio dovuto a morosità. Fu la destra di Salvini a insorgere contro il cardinale, come ieri Giorgia Meloni si è indignata per la location del dibattito.

Ma per Caltagirone e i suoi segugi la rabbia della destra non basta. Di fronte al Pd che flirta col Quarto Stato e attenta al mattone serve la mano dura, lo zelo questurino. Persino la velata minaccia di ritorsioni contro un «partito che si rifiuta di distinguere la legge dall’illegalità». Un partito, come noto, guidato da pericolosi sovversivi come Enrico Letta.

Ieri Gualtieri si è subito giustificato, «le occupazioni non vanno bene», ha detto a La7, evocando sgomberi “soft”, dopo aver trovato cioè soluzioni alternative per le famiglie.

Stupirsi sarebbe da ingenui. Colpisce però come ogni qualvolta il Pd emette una sillaba di sinistra, anche involontariamente, quasi uno spasmo, o faccia una mossetta per far capire che le diseguaglianze hanno superato il limite di guardia, subito le guardie della “libera” stampa si schierano in tenuta antisommossa.

Un avvertimento: non ci provate. Non certo a fare uno o dieci dibattiti in stabili occupati, ma a fare qualcosa per togliere a chi ha troppo per dare a chi non ha nulla. La proposta di Letta sulla tassa di successione sopra i 5 milioni e le strampalate accuse di essere diventato un «tupamaru» (arrivate dai cosiddetti liberali del Pd) dicono la stessa cosa: per i poteri più o meno forti e i loro riferimenti politici e mediatici il Pd deve restare chiuso nelle terrazze delle Ztl. Salvo poi beccarsi gli editoriali sfottò degli stessi giornali sulla sinistra in cachemire che non sa più parlare al popolo. Mentre Meloni, lei si che si fa capire.

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