Roma, la sinistra delle occupazioni

il manifesto Giuliano Santoro 18 6 2021
Un tetto e legami solidali. Il nuovo corso dei movimenti
Roma. Spin Time e le altre occupazioni

Ad un certo punto di C’eravamo tanto amati, il film di Ettore Scola, l’infermiere comunista e romano Antonio, interpretato da Nino Manfredi, lamenta di essere stato scavalcato a sinistra da «una suora di Potere operaio». L’immagine racchiude una linea che nel corso dei decenni nella città del potere spirituale del Vaticano e di quello secolare del governo centrale del Campidoglio tiene la relazione tra cristiani di base e movimenti sociali.

C’È UNA TRADIZIONE di preti di strada che si sono interfacciati alle mobilitazioni: dai baraccati del Mandrione di don Roberto Sardelli che si accamparono nella piazza del Campidoglio per rivendicare i loro diritti (1974) ai migranti che occuparono l’ex pastificio della Pantanella e dei quale si accorse prima di tutti don Luigi Di Liegro (1990), passando per la comunità in lotta per la casa alla Magliana condotta da padre Gerard Lutte. Da questo punto di vista non dovrebbe stupire l’intervento del cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di Papa Bergoglio, che due anni fa si è calato nel tombino che ospita la centralina elettrica del palazzo occupato da Spin Time Lab, all’Esquilino, e ha rotto i sigilli per ridare la luce alle 400 persone, di cui 100 bambini, che dal 2013 hanno trovato casa in questo enorme casermone che un tempo ospitava gli uffici dell’Inpdap.

QUELLI CHE SI SCANDALIZZANO per il dibattito delle primarie in uno spazio occupato ignorano (o fanno finta di ignorare) che le occupazioni hanno accompagnato la storia della Capitale, almeno fin dalla seconda metà del Novecento. Adesso circa diecimila persone vivano in palazzi occupati dalle diverse componenti dei movimenti per il diritto all’abitare. Spin Time nasce dall’evoluzione di una di queste sigle, Action, che dagli anni Novanta accompagna pratiche radicali a tentativi di interlocuzione con le forze della sinistra storica
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LE ALTRE ORGANIZZAZIONI che danno vita ai movimenti per la casa, dal Coordinamento cittadino di lotta per la casa ai Blocchi precari metropolitani, seguono strategie e tradizioni diverse ma ugualmente hanno bisogno di aprire vertenze, strappare tavoli di confronto con le istituzioni, ottenere accordi che riconoscano diritti. Sempre di più tutto questo significa non limitare la propria azione alla conquista di spazi fisici ma accogliere i bisogni delle persone nella loro totalità: ecco perché Spin Time si pone il problema di costruire welfare dal basso, di fungere da polo attrattivo per associazioni del territorio, di organizzare eventi culturali. Spiegava l’altro giorno una operatrice del centro Matemù, che si trova nel quartiere e organizza corsi gratuiti per ragazzi dagli 11 ai 25 anni, che questo modo di agire è la dimostrazione che la famiglia tradizionale non esiste, è solo una costruzione ideologica: «Nei momenti di difficoltà nessuna presunta ‘famiglia naturale’ può farcela da solo, c’è una rete più ampia di solidarietà e relazioni, di vicini di casa e conoscenti, che si attiva attorno a una persona». Alcuni lo chiamano mutualismo, altri «fare società»: di sicuro con la pandemia si è manifestato in maniera ancora più evidente.

VIRGINIA RAGGI fa quello che sono state tentate di fare le precedenti amministrazioni: diffida di ciò che considera ingovernabile e impossibile da irregimentare secondo i canoni della politica istituzionale. Ma è anche in seguito al ciclo di occupazioni degli scorsi anni che la Regione Lazio ha stanziato 200 milioni di euro per il diritto alla casa. I movimenti chiedono che vengano usati per recuperare edifici già costruiti, in modo da riprendersi gli spazi lasciati vuoti dalla speculazione. Un primo esempio potrebbe venire dal delicato tavolo di trattativa che i 300 che vivono nel palazzo di via del Caravaggio, a Tor Marancia, stanno tenendo in piedi. Lo spazio è in cima alla lista degli sgomberi sul tavolo del prefetto. Ma di fronte alla rivendicazione del diritto a resistere degli occupanti, la Regione e, in misura minore, il Campidoglio hanno tirato fuori una lista di decine di appartamenti lasciati liberi nel corso degli anni tra le case popolari. Alloggi vuoti: senza la mobilitazione della gente senza casa sarebbero rimasti inutilizzati.

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