Il “piano turco”, prima il grano, poi il “cessate fuoco”

Claudio Tito Repubblica 1 Giugno 2022
La tela di Erdogan per arrivare ad agosto al cessate il fuoco

 

Il piano turco è sostenuto da Usa, Unione Europea e Nazioni Unite. Il test è sul grano di Odessa. Segnali positivi da Washington e Mosca.


BRUXELLES – Un “cessate il fuoco” entro agosto. Da raggiungere con una sorta di prova generale: far partire dal porto di Odessa le tonnellate di grano ferme in banchina da settimane. Ecco il “Piano turco”. Con il via libera degli Usa. L’appoggio dell’Unione europea. E il sostegno dell’Onu. Dopo cento giorni di guerra in Ucraina, è il vero primo tentativo per arrivare ad una tregua. E passa lungo la linea di comunicazione Washington-Bruxelles-Ankara.
L’accelerazione sulla “scommessa turca” è stata impressa nelle ultime ore. Anche il Consiglio europeo, che si è chiuso ieri a Bruxelles, ha avuto una appendice tutta dedicata a questa delicatissima operazione. I tre principali leader dell’Ue – Macron, Draghi e Scholz – si sono consultati proprio per capire quali passi compiere e quali rischi correre. Perché è evidente che si tratta di un disegno con percentuali di successo non certo alte. Anzi. Ma considerato doveroso.
I passi sono stati accelerati nelle ultime ore sulla base dei report che alcuni servizi di Intelligence hanno consegnato ai governi Usa e europei. Putin vuole chiudere il conflitto entro il prossimo ottobre. Il suo obiettivo è evitare di restare sul terreno anche nel prossimo inverno. Neve, pioggi e freddo sono pessimi alleati. Questo vuol dire però che settembre potrebbe essere un mese di fuoco. Le truppe russe daranno il tutto per tutto. Il pericolo? Una carneficina. Oltre ai 14 mila militi russi già morti e ai quasi 25 mila persi tra le file ucraine. Per questo il “cessate il fuoco” va concordato entro agosto. Dopo sarebbe troppo tardi. Dopo si entrerebbe in una partita del tutto diversa e del tutto imprevedibile.
Per raggiungere il segno, però, il test è la “liberazione” dei cereali bloccati ad Odessa. In questo senso il “Piano turco” è già in una fase avanzata. Il cuore è lo sminamento dello spazio di mare davanti al porto. I primi controlli hanno veriricato che si tratta di ordigni e reti piazzate in larghissima parte dall’esecutivo di Kiev. Erdogan ha già fatto un passo con Zelenski. Il suo disco verde è la premessa. La risposta non è stata negativa. Ma con un quesito essenziale: chi garantisce che la flotta russa non ne approfitterà? Il presidente turco ha assicurato: siamo noi i garanti. La nostra flotta sigillerà lo spazio navale. Nessun altro potrà agire.
La richiesta di Mosca, invece, si basa sulla Convenzione di Motreux. Vuole essere certa che nessuna altra nave da guerra entrerà nel Mar Nero. Sostanzialmente le ammiraglie della Nato non dovranno avvicinarsi. E anche in questo caso sarà Ankara a presidiare lo stretto del Bosforo. E agirà solo sotto la sua bandiera. L’Alleanza Atlantica – pur essendone un partner – verrà tenuta fuori. E ha il “sì” degli States.

Non è un caso che nelle ultime ore dalla Casa Bianca siano partiti almeno tre segnali. Il primo è stato l’annuncio che non sarebbero stati consegnati a Kiev i razzi a media gittata, quelli in grado di colpire il territorio russo. Poi nella sede ufficiale delle Nazioni Unite hanno confermao che non bloccheranno l’import-export di fertilizzanti. Quindi la dichiarazione del Dipartimento di Stato a favore della “mediazione turca”.
Nello stesso tempo analoghi segnali sono stati lanciati dagli europei. Il presidente francese Macron, al termine del summit Ue, non solo ha confidato in una soluzione “in tempi brevi” per il grano ma ha anche reso noto di aver proposto al Cremlino “durante la telefonata di sabato scorso insieme al Cancelliere tedesco”, una risoluzione dell’Onu. Esattamente come il presidente del consiglio italiano Draghi ha sottolineato “il ruolo di leadership dell’Onu” e la necessità di “sminare” il mare di fonte Odessa.

Se questo primo passo – inizialmente ipotizzato tre settimane fa in diversi contatti tra generali russi e ucraini – sarà compiuto, allora tutti si metteranno al lavoro su quello successivo: il “Cessate il fuoco”. Anche su questa prospettiva il “Piano Turco” ha già gettato alcune basi. L’idea è quella di “congelare” dal punto amministrativo il Donbass e la Crimea. Non assegnarle. A quel punto Kiev si dovrebbe impegnare a convocare in tempi brevi un referendum per stabilire se quelle due regioni possano essere indipendenti. La Russia, invece, si obbligherebbe a ritirare il suo esercito e concedere il benestare politico ad un eventuale adesione in tempi lunghi dell’Ucraina all’Ue.
Si tratta di un percorso difficilissimo. Di cui anche l’Europa, pur fiduciosa, non è sicura. Tanto da progettare un alternativa: trasportare in treno i cereali da Odessa nei porti rumeni e bulgari. Ma la situazione sul teatro di guerra aiuta i desideri di pace. Lo stallo infatti permane. Se i russi stanno – in base agli ultimi report – per sfondare al centro del Donbass conquistando Severodonetsk e Slovanski, gli ucraini stanno riguadagnado posizioni “sulle ali”: a Cherson e a Izium. Hanno ricevuto i mezzi per una controffensiva su larga scala. Semmai la difficoltà che stanno incontrando le autorità di Kiev sono altre e riguardano il mancato coordinamento temporale degli aiuti bellici da parte degli alleati. Negli ultimi giorni, ad esempio, hanno fatto fatica a smistare gli armamenti ricevuti via treno.

Il “Piano turco presenta ancora tante incognite. Ma per la prima volta ha ricevuto il disco verde del presidente americano Biden.

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