Giampiero Gramaglia il Fatto Quotidiano 17 giugno 2022
Francia Germania Italia, i 3 Re Magi portano solo fumo
I tre Re Magi europei portano i loro doni al presidente ucraino Zelensky, ben avvolti nella carta stagnola della solidarietà collettiva verso il Paese vittima dell’aggressione russa:
il cancelliere tedesco Olaf Scholz porta l’oro degli aiuti per la ricostruzione – ma Zelensky vorrebbe l’acciaio delle armi -; il premier italiano Mario Draghi l’incenso tutto fumo del sì all’adesione all’Ue; il presidente francese Emmanuel Macron la mirra amara dell’incitamento a negoziare.
Ma Joe Biden e l’Alleanza atlantica puntano la stella cometa dell’Occidente in tutt’altra direzione: verso la “lunga guerra”, che – ritengono – restituirà all’Ucraina l’integrità territoriale e certamente fiaccherà la Russia.
La Gran Bretagna, la Polonia, i Baltici vanno loro dietro e criticano il viaggio in Ucraina dei Magi, che, oltre che di guerra, armi e adesione all’Ue, parlano anche della ‘guerra del grano’. Zelensky non è soddisfatto.
“Cari amici – dice nella conferenza stampa congiunta a fine visita – apprezziamo che siate oggi con noi, proprio alla vigilia di importanti eventi internazionali per noi e per l’Europa. E sono molto grato che la vostra visita sia iniziata a Irpin per vedere cosa hanno fatto gli invasori russi. La nostra forza è l’unità”.
Il presidente insiste sulla necessità per l’Ucraina di avere “armi pesanti e moderne”. Su questo tasto, l’unico a dargli davvero soddisfazione, oltre a Biden, che mercoledì gli ha promesso 1 miliardo di dollari in missili, artiglieria, munizioni, è il Segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, che al termine della riunione dei ministri della Difesa dei Paesi che appoggiano l’Ucraina, torna ad assicurare “aiuti militari senza precedenti”, anche se, in realtà, non può annunciare nulla di nuovo: i lanciarazzi Himars erano già stati promessi dagli Stati Uniti, così come gli obici da 155.
Sulla missione dei tre leader europei a Kiev, Stoltenberg non si sbilancia in aggettivi tipo “storico”, che altrove sí sprecano. IL problema è che, al di là dei convenevoli, il messaggio politico non è ben definito.
Berlino gioca sulla difensiva, perché si sente sotto accusa. Roma è generosa, tanto né paga né decide lei. Parigi agita il bastone e la carota: da un lato, Macron ripete il mantra che Kiev deve vincere e riprendersi persino la Crimea e offre un po’ di armi; ma, dall’altro ha già detto che Zelensky prima o poi dovrà convincersi a sedere al tavolo dei negoziati. Per la Francia “spetta all’Ucraina definire la vittoria militare”: un modo di offrire una via d’uscita al presidente, che può decidere di quale risultato accontentarsi.
La visita di Macron, Scholz e Draghi, finora criticati per non essersi mai mostrati a Kiev, cade alla vigilia della decisione della Commissione europea se raccomandare o meno la concessione all’Ucraino dello statuto di candidato all’adesione – la decisione finale spetta al Consiglio europeo, che si riunirà la prossima settimana e precede una serie di Vertici cruciali, Ue, G7 e Nato, a fine mese.
La Francia ha già pronta una trappola diplomatica: lasciare che la procedura d’adesione faccia il suo percorso, lungo almeno un decennio; e, intanto, creare subito un’Unione politica europea, una scatola vuota dove mettere dentro l’Ucraina, la Georgia, la Moldavia e tutti quelli che vogliono starci. Oggi il collegio dei commissari europei si riunirà per decidere sul parere dell’esecutivo Ue sulle domande per lo status di Paese candidato proprio di Ucraina, Moldavia e Georgia, come confermato dal portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer.
Per i tre leader, il rituale della visita in Ucraina ha previsto 11 ore di treno insieme andata e ritorno, dalla Polonia a Kiev e viceversa; la visita a Irpin, una delle città martiri; e l’accompagnamento delle sirene d’allarme che suonano al loro arrivo. Il ‘falco’ russo Dmitry Medvedev se la prende coi tre leader “mangiatori di rane, salsicce e spaghetti”, cui “piace andare in treno a Kiev”.
Il portavoce del Cremlino, Peskov si augura che Macron, Scholz e Draghi abbiano “aperto gli occhi” a Zelensky su come stanno davvero le cose. Ci si attende che i tre leader chiedano un colloquio telefonico al presidente Putin: finora, non l’hanno fatto.