Augusto Minzolini il Giornale 17 giugno 2022
La sola via per la pace
I tempi sono quelli dell’Europa. più lunghi di quelli che la storia nel terzo millennio pretenderebbe Ma la promessa fatta dai leader dei tre principali paesi europei, Germania, Francia Italia a Kiev, cioè di un ingresso dell’Ucraina nella Ue con lo status in tempi brevi di nazione candidata è dato da non trascurare.
Intanto perché non era scontata una posizione comune del trio al cospetto di Zelensky, dopo le resistenze di Sholtz sull’argomento e l’atteggiamento altalenante di Macron il solo, infatti che finora si era schierato a favore del sì incondizionato all’ingresso dell’ Ucraina in Europa, era stato proprio Draghi e gli va riconosciuto.
E poi perché quella è sempre stata l’unica strada per individuare un filo da cui partire per sciogliere i nodi della ingarbugliata matassa Ucraina.
Questo giornale lo ha sempre sostenuto addirittura dal 2 marzo scorso una settimana dopo l’inizio del conflitto. Da allora se ne è discusso molto nelle cancellerie e sui media più per porre problemi da protocolli, iter, tempi, cioè le questioni che tanto piacciono ai burocrati di Bruxelles (il vero male dell’Europa) che non per affrontare il tema in termini politici.
Come se l’adesione alla Ue dovesse sottostare alla regola del numerino che si prende per stare in fila allo sportello di un ufficio postale e non fosse una scelta strategica. Alla fine però la ragione si è imposta, magari per disperazione.
In fondo questo passo e la premessa per mettere l’evoluzione della crisi Ucraina su un binario certo e non su un altalena incondizionata delle paure e degli interessi dei paesi europei e del d’occidente. L’ingresso di Kiev, infatti, darebbe un ruolo primario all’Europa nella crisi. L’Europa, non è la Nato diventerebbe l’ombrello internazionale che garantirebbe l’Ucraina.
E lo status di candidato non sarebbe un fatto secondario già oggi. Rassicurerebbe Kiev sul piano della difesa perché l’unione non potrebbe più abbandonarla al suo destino. Non per nulla, sono arrivati i primi si da Francia e Germania sulle forniture di armi a lunga gittata indispensabili in questa fase del conflitto, ma soprattutto porrebbe le basi per una possibile trattativa, quella a cui accennava due giorni fa ma Macron: se l’Ucraina entrasse nell’Unione con tutte le garanzie che ne conseguirebbero sul piano della difesa e dell’economia potrebbe aprire all’idea ( scelta che appartiene solo a Kiev) di rinunciare a pezzi del suo territorio. Non sarebbe una resa, tutt’altro, perché pur perdendo magari la Crimea o pezzi del Donbass, (territori difficilmente riconquistabili sul piano militare), Zelensky offrirebbe in cambio al suo popolo l’ ingresso in Occidente.
Non è poco, sarebbe il tipico do ut des alla base di ogni compromesso.
In questo modo finalmente l’Europa sarebbe protagonista sul piano internazionale e magari farebbe pure un passo avanti nel processo di integrazione.
Dicono che l’Ungheria potrebbe porre un veto ( pro Russia) contro l’ingresso dell’Ucraina. Ebbene a quel punto si potrebbe affrontare il tema del superamento del diritto di “veto” che blocca la Ue. E non solo, si potrebbe anche ragionare sulla possibilità di introdurre -è una provocazione- lo strumento dell’espulsione. Non è che essere stato membro dell’Unione Europea possa permettere a un paese di diventare la quinta colonna di una potenza straniera.