Johnson: Crisi energia, inflazione, cibo, noi non fermeremo la guerra

Luigi Ippolito Corriere della Sera  23 giugno 2022
Intervista a Boris Johnson: «No a una cattiva pace per l’Ucraina: l’Occidente
non ceda alla fatica della guerra. Putin deve fallire»
Il premier britannico: «Gli ucraini non accetteranno un conflitto congelato nel quale lo zar è in grado di continuare a minacciare ulteriore violenza e aggressione. Bisogna tornare ai confini di prima del 24 febbraio».

 

«All’Europa offriremo sempre sostegno sulla sicurezza». La crisi economica e i costi della Brexit? «Funzioniamo meglio in autonomia, torneremo in testa alla classifica della crescita in due o tre anni. E sarò io a guidare il partito alla vittoria alle prossime elezioni»

«Piacere, Boris!»: si presenta così Johnson, un po’ scarmigliato come sempre, all’appuntamento a Downing Street per l’intervista col Corriere (realizzata assieme al quotidiano spagnolo El Mundo, al francese Le Monde e alla tedesca Suddeutsche Zeitung). Il primo ministro prende posto sotto il grande ritratto di Margaret Thatcher, in quello che fu l’ufficio privato della Lady di Ferro, per un giro d’orizzonte alla vigilia dei vertici del G7 in Germania e della Nato a Madrid. Il focus è ovviamente la guerra in Ucraina e il messaggio di Johnson agli alleati è chiaro: non è questo il momento di fermarsi.

Signor primo ministro, stanno emergendo differenze fra gli alleati occidentali riguardo il conflitto in corso: teme che ci siano Paesi europei che stanno spingendo per una troppo rapida soluzione negoziale?
C’è il rischio di una stanchezza sull’Ucraina, c ’è il rischio che la gente non riesca a vedere che questa è una battaglia vitale per i nostri valori, per il mondo. I costi dell’energia, la spinta dell’inflazione, i prezzi del cibo stanno avendo un impatto sulla fermezza delle persone: ma questo non sta avendo un impatto sulla fermezza del Regno Unito. Crediamo che dobbiamo aiutare gli ucraini a ottenere una capacità di resistenza strategica: devono continuare ad andare avanti. Ma non possiamo essere più ucraini degli ucraini, è la loro crisi, loro devono decidere cosa vogliono fare. Ma è assolutamente chiaro, se vai lì e parli con gli ucraini, con Zelensky, che loro non cederanno territori in cambio della pace, non faranno un cattivo accordo. Non vogliono essere forzati a un negoziato, non acconsentiranno a un conflitto congelato nel quale Putin è in grado di continuare a minacciare ulteriore violenza e aggressione. Il territorio ucraino deve essere restaurato, almeno nei confini prima del 24 febbraio, la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina devono essere protette. E dunque sì, c’è una stanchezza, ma è qualcosa che dobbiamo affrontare, dobbiamo continuare a perorare la causa col nostro elettorato e le nostre popolazioni. Ma trovo che l’unità dell’Occidente sia ben più evidente delle divisioni. Il futuro del mondo dipende dal mantenere una forte, robusta posizione sull’Ucraina: ciò che dobbiamo fare è lavorare assieme come europei per evitare quello che credo sarebbe un disastro, ossia una cattiva pace in Ucraina, costringere gli ucraini ad accettare termini che dovrebbero essere un anatema per gli europei.

Lei continua a dire che Putin deve fallire: ma qual è il punto finale di questa guerra?
Quando diciamo che Putin deve fallire non stiamo facendo riferimento a eventi a Mosca o alla politica russa: non è questo il mio obiettivo, dobbiamo essere chiari. Cosa intendo è che dobbiamo tornare almeno allo status quo precedente il 24 febbraio: questo è ciò che intendo per fallimento. Significa che le sue forze siano espulse dalle aree dell’Ucraina che hanno invaso finora.
La domanda è: come succede?
In questo momento, il conflitto può andare nell’uno o nell’altro senso. Penso che sia il caso, nei prossimi mesi, di aiutare gli ucraini a cambiare la dinamica della situazione: e questo è ciò che proporrò ai vertici del G7 e della Nato. Questo non è il momento per mantenere lo status quo, questo è il momento per provare a rovesciare le cose. Fintantoché gli ucraini sono capaci di montare una controffensiva, dovrebbero essere sostenuti, con l’equipaggiamento che ci stanno chiedendo.

Il Papa ha detto che la Russia è stata provocata dalla Nato: lei è d’accordo o il Papa è fallibile?
(Qui Johnson scoppia in una grande risata). Lasciando da parte le vedute di Sua Santità, che metterò rispettosamente in un angolo, penso che sia stato sempre ragionevole per la Nato avere una politica della porta aperta. La Nato è una alleanza pacifica, serve a proteggere, non è un’alleanza aggressiva. Posti come la Polonia o i Baltici hanno lunghe memorie di attacchi da entrambe le direzioni e penso che avessero diritto a cercare solidarietà.
Il presidente francese Macron ha proposto una architettura europea nella quale la Gran Bretagna potrebbe rientrare in un cerchio esterno. Sarebbe d’accordo, magari all’interno di una struttura di difesa e sicurezza?
Il ruolo del Regno Unito è di essere a sostegno dell’Europa e continueremo sempre a farlo, lo abbiamo fatto per più di un secolo: offriremo sempre sostegno per quanto riguarda la sicurezza. Vediamo il nostro ruolo come garanti e sostenitori dell’Europa: possiamo non essere più nell’architettura della cattedrale, nel Duomo, ma siamo un contrafforte volante, un bellissimo stravagante pezzo di architettura, che sostiene dall’esterno. Cosa vogliamo fare è essere a supporto della sicurezza e prosperità europea, lo vediamo come parte integrante della nostra sicurezza e prosperità.

La vostra scelta di riscrivere gli accordi post-Brexit sull’Irlanda del Nord ha creato rabbia e irritazione fra gli alleati europei, col rischio di frantumare anche l’unità sull’Ucraina.
Cosa ho notato finora è quanto le reazioni siano state ovunque moderate. Cosa stiamo cercando di fare è trovare una soluzione burocratica a problemi burocratici: il tono generale della discussione è stato finora molto pragmatico, penso ci sia un modo per andare avanti. Il più alto obbligo legale per il nostro Paese è la pace e la stabilità in Irlanda del Nord: al momento, le due differenti tradizioni in Irlanda del Nord devono essere tenute in equilibrio: cosa chiediamo sono alcuni aggiustamenti burocratici abbastanza ragionevoli.

Parlando di Brexit, può indicare anche un solo vantaggio ottenuto, visto che quest’anno la Gran Bretagna avrà la crescita più bassa fra i Paesi sviluppati?
Una delle ragioni per cui abbiamo avuto la più forte crescita nel G7 l’anno scorso e torneremo alla crescita più veloce è perché abbiamo avuto il più rapido programma di vaccinazione. E questo perché siamo stati in grado di dare la licenza al nostro vaccino senza ricorrere all’Agenzia europea per il farmaco, che avevamo lasciato. Per questo siamo stati più veloci e siamo stati il primo Paese a iniettare alla gente un vaccino approvato: non è qualcosa che non sia stata notata dal pubblico britannico. Siamo anche stati capaci di attrarre investimenti facendo uso dei nostri vantaggi fiscali, abbiamo tagliato l’Iva sui pannelli solari, cosa che non potevamo fare prima, abbiamo tagliato l’Iva sui prodotti sanitari femminili, siamo in grado di allontanarci dalle regole europee sulla protezione dei dati perché abbiamo un approccio molto differente. Siamo stati in grado di allontanarci dalla Politica agricola comune e sostenere i nostri contadini in maniere diverse. Abbiamo concluso circa 70 accordi di libero commercio nel mondo.

Eppure l’inflazione corre verso l’11 per cento annuo.
Beh, abbiamo un problema particolare causato dal nostro mix energetico, ma abbiamo anche un mercato del lavoro colmo: c’è un eccesso di domanda in questa economia. Ma se guardiamo alle previsioni dell’Ocse e del Fondo monetario, torneremo in testa alla classifica di crescita nei prossimi due o tre anni. E se mi chiedete perché, vorrei ricordare che grazie ad alcune delle cose che abbiamo fatto abbiamo attirato più investimenti in tecnologia di Francia, Germania e Israele messi assieme. Mi ricordo di crisi economiche in cui c’erano milioni di disoccupati…

Infatti i giornali scrivono che sembra essere tornati agli anni Settanta…
Ricordo le crisi degli anni Ottanta e Novanta, avevano milioni di persone senza lavoro, adesso abbiamo la disoccupazione giovanile ai livelli più bassi mai registrati: e questo perché abbiamo avuto la robustezza di bilancio per sostenere la gente nel modo in cui abbiamo fatto. Vogliamo avere la relazione più amichevole possibile con i nostri amici europei, ma continueremo a fare le cose in maniera diversa laddove pensiamo sia ragionevole.

Ha suscitato molte critiche la vostra politica di deportare in Ruanda gli immigrati che sbarcano in cerca di rifugio: sta diventando illegale chiedere asilo in Gran Bretagna?
No, niente affatto. Abbiamo vie sicure e legali per chi vuole venire qui. E il Regno Unito accoglie un enorme numero di persone che arrivano in questo Paese perché temono per le loro vite. Abbiamo preso circa 100 mila cinesi di Hong Kong, almeno 15 mila afghani, molte migliaia dalla Siria e abbiamo dato 120 mila visti per gli ucraini. Sotto il mio governo, abbiamo avuto più persone che scappano in questo Paese che in ogni momento dal 2015: e sono orgoglioso di ciò. E continueremo a essere un Paese che accoglie un enorme numero di persone dall’estero. Londra è largamente la città più diversificata d’Europa, il 40 per cento dei londinesi sono nati all’estero: sotto questo aspetto, è come New York e ne sono orgoglioso. E continueremo ad accogliere talenti. Ma ciò che stiamo cercando di fare è mettere fine a un particolare problema, che è il traffico attraverso la Manica di persone vulnerabili in battelli inaffidabili, a rischio della vita. Non credo che questo sia qualcosa che un Paese civilizzato dovrebbe lasciar succedere. Stiamo cercando di spezzare il modello di business dei trafficanti di persone.

Se l’inchiesta parlamentare sul Partygate stabilirà che lei ha sviato il Parlamento, si dimetterà?
Il mio piano è guidare il partito alla vittoria alle prossime elezioni: potete assicurare i vostri lettori di questo. Sono molto fiducioso che vinceremo le prossime elezioni.

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