Niccolò Carratelli Giuseppe Salvaggiulo La Stampa 2 Luglio 2022
Prove tecniche di campo largo:
Letta Conte e Speranza alla kermesse della corrente di Franceschini
Pressing sul capo grillino: «Se Draghi si dimette andiamo alle elezioni»
«Presidente, un selfie nel campo largo», invoca la folta e abbronzata delegazione femminile pugliese allontanando lo smartphone. «Ah, se il campo largo è questo mi va bene», risponde Giuseppe Conte.
Ma con Enrico Letta e Roberto Speranza sprizza meno entusiasmo: «Non mi interessa che sia largo, mi interessa che sia progressista. Serve coesione e nella maggioranza che sostiene Draghi non c’è».
Insomma questo fantomatico campo largo esiste ancora o no? Un giorno appresso ai tre tenores del centrosinistra – a interrogarli con maieutica che sfida il masochismo Lucia Annunziata: mattinata romana ospiti della Cgil, serata a Cortona per la kermesse di AreaDem, corrente Pd maggioritaria guidata da Dario Franceschini – e la risposta è boh.
A Roma, dove Landini ha convocato anche Fratoianni, Rosato e Calenda per farli parlare di lavoro e rappresentanza, ci si divide soprattutto sul reddito di cittadinanza. «È un fallimento», lo liquida Calenda. «Ma il povero deve mangiare», scandisce Conte.
«È andata benissimo, dobbiamo parlarci», confida Letta alla fine. Ma arrivato a Siena, nel suo collegio elettorale, per una fugace occhiata alla vigilia del Palio, a chi gli chiede di Conte sospira: «Voglio capire che cosa succede», come fosse sulla strada di Cuma, nel senso della sibilla.
Invece si mette in macchina alla volta di Cortona, pronubo Franceschini che apparecchia per il trio di leader un colloquio riservato di un’ora in hotel prima del dibattito pubblico. Missione: scongiurare la crisi di governo, spiegando a Conte che «se esce, Draghi si dimette e in questa legislatura non c’è un altro governo, si va dritti alle elezioni». Se invece resta, «questo incontro segna l’inizio di un percorso che dovrà durare anni per garantire una guida riformista al Paese». Dunque una polizza vita per il leader dell’ex partito di maggioranza relativa.
In pubblico Conte rinuncia ad attacchi diretti a Draghi, piuttosto riserva dardi velenosi a Di Maio: «Una scissione così non si fa in poche ore, da tempo compilava un’agenda personale fuori dalla linea del Movimento». Lo accusa di essere «irresponsabile perché usa il ruolo ministeriale per definirmi anti atlantico, un’infamia». Quanto al ruolo di Draghi nelle dinamiche interne al M5S, si limita a dire «ne parlerò direttamente con lui lunedì». Nell’incontro su cui tutto (forse troppo) è proiettato.
Nel colloquio riservato con Letta e Speranza, Conte ha però spiegato che «sono accadute cose gravi e la situazione è seria», senza sciogliere la riserva sul futuro suo, del M5S, del governo. Confermando nel Pd, che pure gli ha teso un cordone protettivo, la sensazione che la riserva non è sciolta, «Giuseppe davvero non ha ancora deciso», al di là della clausola di stile per cui «decideranno gli organi direttivi del M5S».
«I miei sono nervosissimi – ha ammesso Conte – perché il nostro disagio si è accumulato. Non ci basta che il premier dica che siamo importanti, deve essere conseguente». Chiede «un segnale tangibile» per esempio su superbonus e oltranzismo bellicista, «perché io non sono putiniano ma la vittoria militare sulla Russia è una chimera».
Letta guarda avanti e chiede a Conte di fare altrettanto: «È paradossale che dopo aver vinto le elezioni amministrative in trasferta, parliamo di funerale del centrosinistra e del campo largo, che viene tanto preso in giro». Con un tono affettuoso, quasi paternalistico, ammette che «il mio compito è meno complicato di quello di Conte». Ma gli offre una prospettiva oltre il 2023: «Noi abbiamo alcuni mesi per terminare un’esperienza irripetibile, noi non governeremo mai più con Salvini, ma alcune cose si possono ottenere e la legislatura non finirà senza l’approvazione dello Ius scholae. Ma già ora dobbiamo elaborare una proposta per il futuro, quello che accade nel governo è meno importante».
Dopo il dibattito, la lunga giornata non è finita. La cena per farli ri-conoscere si fa tra i vicoli di Cortona. «Dario mi convince sempre», scherza a tarda sera Conte, rimandando il ritorno a Roma. I cocci della coalizione sembrano ricomposti, almeno per ora. Letta e Speranza assolvono l’ex premier sulle relazioni pericolose con Salvini nella complicata partita del Quirinale («Non faceva nulla senza la nostra delega»). E gli riconoscono un ruolo paritario, garantendogli «l’inizio di una bella storia». Per parte sua, Conte offre la prova d’amore escludendo «la prospettiva di un rapporto politico con Salvini».
Allora, questo campo largo? Per Letta «senza accordo sui contenuti non esiste». «È molto difficile che si realizzi», sospira il sindaco di Milano, Beppe Sala. «È un campo su cui dobbiamo continuare a zappare», profetizza Andrea Orlando. —