A scuola la Dad è finita, le disuguaglianze no

Chiara Saraceno La Stampa 07 Luglio 2022

 

A scuola la Dad è finita, le disuguaglianze no

 

La ripresa della scuola in presenza nell’anno scolastico 2021-22 ha consentito di fermare il calo degli apprendimenti riscontrato a seguito del ricorso massiccio alla didattica a distanza nel 2020 e per buona parte anche del 2020-21, specie nelle scuole superiori e medie.

 

Ma le buone notizie sono finite qui. Da un lato non c’è stato recupero, un fenomeno che verosimilmente danneggerà di più chi ha maggiori difficoltà a scuola, non riceve sufficiente appoggio e sostegno motivazionale a casa e probabilmente interromperà prima gli studi, quindi avrà meno tempo per recuperare, in una sorta di circolo vizioso. Dall’altro lato, i dati Invalsi confermano che già al termine della scuola primaria uno studente su quattro non ha raggiunto il livello di competenze linguistiche e matematiche di base, una percentuale che aumenta nel passaggio alla secondaria di primo grado e ancora nella secondaria di secondo grado, dove solo rispettivamente il 66% e il 54% degli studenti raggiunge almeno il livello base di competenze in italiano e matematica. All’aumentare dell’età e del livello scolastico sembra quindi diminuire la capacità della scuola di garantire a tutti almeno l’acquisizione delle competenze di base. È una conferma indiretta di quanto è noto dalle ricerche nazionali e internazionali, ovvero che le disuguaglianze nelle capacità di apprendimento che si formano da piccoli, ancora prima dell’ingresso nella scuola, si recuperano tanto più difficilmente quanto più si procede con l’età. Per questo è importante investire sistematicamente e capillarmente nei servizi educativi per la prima infanzia, a partire dai nidi, e dai bambini/e in condizioni più svantaggiate. Ciò non riduce, tuttavia, la responsabilità della scuola, ad ogni livello, di mettere in opera ogni azione necessaria a colmare i deficit accumulati e prima ancora a contrastarne l’accumulo. La distribuzione di questa carenza di apprendimenti ha, infatti, chiari connotati di classe sociale e territoriali: è più presente tra le bambine/i e adolescenti più svantaggiati e al Sud, dove oltre il 40% degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Sia le disuguaglianze tra scuole che quelle tra classi all’interno di ciascuna scuola, benché in lieve diminuzione, è inoltre maggiore nelle regioni meridionali, ove la scuola sembra meno in grado che altrove di contrastare le disuguaglianze educative e negli apprendimenti derivanti da diseguaglianze sociali. Le diseguaglianze educative e il loro ampliarsi con la progressione dell’età e del percorso scolastico, costituiscono un fatto grave, che contrasta con il mandato principale della scuola, che è quello di eliminare gli ostacoli allo sviluppo delle capacità garantendo a tutti pari opportunità, come indicato dall’art. 3 della Costituzione.

A fronte di questa situazione qualche autocritica da parte delle scuole, degli insegnanti e del ministero sul metodo della distribuzione a pioggia di fondi per contrastare la dispersione scolastica e le diseguaglianze negli apprendimenti sembra urgente e necessaria. Occorre mettere a punto metodologie e alleanze educative, monitorabili nei risultati, basate su esperienze che si sono dimostrate efficaci, accompagnando, ove necessario, le scuole. È quanto ha chiesto, inascoltato, il comitato di esperti per il contrasto alla dispersione scolastica a proposito dell’uso dei fondi Pnrr dedicati a questo scopo. —

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