Di Battista, Santoro, Raggi, Paragone in attesa dell’uscita di Conte

Alessandro Trocino Corriere della Sera 9 luglio 2022
Le mosse di Raggi e l’ombra di Di Battista sul futuro M5S

 

 

L’attivista potrebbe sfidare il leader. Ma c’è chi evoca un partito nuovo.
L’ex sindaca data in uscita, ma difficile che accetti di passare con Di Maio


Il futuro prossimo riguarda la sopravvivenza del governo (anche se i numeri basterebbero anche senza di loro), ma da un po’ di tempo la domanda «dove va il Movimento 5 Stelle» suona mal posta, perché il movimento è diventato pirandelliano, uno, nessuno e centomila. C’è stata la scissione conclamata dell’ala governista e neoresponsabile guidata da Luigi Di Maio . Ma ci sono molti personaggi in cerca di autore e forse di partito: Alessandro Di Battista, carriera coerente da descamisado, che combatte la sua battaglia in contumacia, alternando l’identità d’attivista a quella di reporter; c’è Virginia Raggi, che non ha dato prova brillantissima da sindaco, ma ha acquistato un suo peso specifico, ritagliandosi un ruolo autonomo anche con posizioni ambigue sui vaccini e poi con la battaglia contro il termovalorizzatore, sdoganato dal suo successore, Roberto Gualtieri. Poi c’è Giuseppe Conte, il temporeggiatore con un piede nel governo e due fuori. Ma ci sono anche personaggi esterni, di cui tenere conto: Marco Travaglio, contiano ad honorem, che spinge per portare il partito all’opposizione. E Michele Santoro, giornalista-tribuno che ha ottenuto una nuova visibilità con le sue posizioni non esattamente filo ucraine.

C’è un filo comune, in questo groviglio impazzito? Probabilmente non ce n’è uno solo, ma ce ne sono diversi. Prendiamo Virginia Raggi. Si mormora che voglia uscire dal Movimento. Più che una tentazione, una necessità. Perché per essere candidata avrebbe bisogno di una deroga alla regola del tetto dei due mandati. Grillo sembra aver chiuso a qualunque deroga ma non è detto. Altrimenti ci sarebbe Luigi Di Maio, con cui ha avuto un rapporto altalenante. Peccato che la linea della Raggi sia battagliera e poco affine alla svolta istituzionale dei dimaiani. E dunque? Resta l’opzione che la Raggi si faccia un partito da sola, usando il credito che ha capitalizzato, malgrado tutto, in questi anni. Oppure con altri grillini ed ex.
Tipo Di Battista? L’ex parlamentare oggi gioca a fare l’attivista e il reporter. È in Russia, per il Fatto Quotidiano , dove cerca storie che confermino le sue opinioni. Di Battista potrebbe rientrare nel Movimento se, come ormai probabile, Conte decidesse di uscire dal governo. A quel punto, se saltasse il tetto dei due mandati, rientrerebbero in molti, compresa la Raggi. Alle elezioni Di Battista potrebbe candidarsi e poi, magari in ticket con l’ex sindaca, sfidare il leader, indebolito da urne non brillanti e dall’adesione al governo. Se Conte non uscisse, Di Battista non potrebbe rientrare. Che fare allora? L’opzione più facile è la solita: viaggiare, fare «spremute d’umanità» e lanciare proclami barricaderi oltremare. Oppure rimettersi in gioco. Creare una formazione sua o con la Raggi. Anche se Di Battista ricorda spesso la massima di un capitano conosciuto in un viaggio nel Rio Napo: «Se fai il bagno metti sempre un costume stretto».

Tre postille: nel Movimento Di Battista non è amato. In più la linea troppo anti atlantica non è compatibile con Conte. Terza considerazione, l’uomo ama giocare più da battitore libero che leader. Però, già a novembre era in tour con Alessio Villarosa, finito nel Misto, che parlava di un nuovo partito, «Su la testa», con «leader naturale» Di Battista. Ma il posizionamento politico? Di Battista e Raggi potrebbero essere compatibili, uniti da un forte sentimento anti dem, con tendenza a destra. Con Di Maio centrista e Conte laburista, l’arco parlamentare sarebbe coperto. Ai due, potrebbe poi unirsi un altro ex, l’Italexit Gianluigi Paragone, con posizioni estreme che riecheggiano i 5 Stelle delle origini ma anche la destra antieuropea e il qualunquismo anti establishment.

E Michele Santoro? Nel 2016 disse che i 5 Stelle sono «destra pura» e che Grillo si muove tra «manganello e insulto». Con Di Battista condivide solo la linea su Putin ma non i riferimenti novecenteschi. Di recente si è detto disponibile a «dare una mano», quindi a candidarsi in M5S, se Conte lasciasse il governo e se si schierasse decisamente a sinistra. Ma Conte, come dice Mattia Feltri, è leader contemporaneamente di cinque correnti (governisti, barricaderos, mediatori, attendisti e se stesso). Lo shangai potrebbe cominciare a prendere forma quando il primo bastoncino – Conte – cadrà in una qualunque delle direzioni. Fino ad allora i giochi sono aperti.

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