Lorenzo Lamperti il Manifesto 9 luglio 2022
Sullo sfondo dello scontro Usa-Russia, la Cina lavora in sordina
G20 IN INDONESIA. Il russo Lavrov lascia in anticipo il summit del ministri degli Esteri, poi battibecca a distanza con Blinken. Intanto Pechino fa leva sugli interessi Ue, corteggia Buenos Aires e si riavvicina a Canberra
Chi voleva costruire ponti è rimasto deluso. Al summit dei ministri degli Esteri del G20 si è scavato un solco ancora più ampio tra democrazie liberali e Russia, con la Cina attivissima sullo sfondo. La ministeriale si è conclusa senza dichiarazione finale, nonostante gli sforzi di mediazione dell’Indonesia presidente di turno, in un clima reso ancora più nero dall’omicidio di Shinzo Abe.
«Dobbiamo discutere su come possiamo garantire il multilateralismo e dare una possibilità alla pace, impedendo che la triplice crisi diventi una nuova catastrofe», ha detto in apertura Retno Marsudi. Appello rimasto inascoltato.
Sergej Lavrov ha abbandonato la ministeriale di Bali in anticipo, lasciando mentre parlava la tedesca Annalena Baerbock. «Se l’occidente non vuole che si svolgano colloqui, ma desidera che l’Ucraina sconfigga la Russia sul campo di battaglia, allora forse non c’è nulla di cui parlare con l’occidente», ha detto Lavrov prima di lasciare il resort indonesiano.
IL MINISTRO RUSSO non era presente nemmeno quando è intervenuto in forma virtuale il ministro ucraino Dmytro Kuleba. Tanto meno ha ascoltato l’attacco di Antony Blinken. «Per i colleghi russi: l’Ucraina non è il vostro paese, il suo grano non è il vostro grano. Perché state bloccando i porti? Dovete far uscire il grano», ha detto il segretario di Stato Usa.
«Il grano bloccato nei porti in Ucraina è meno dell’1% della produzione mondiale, non ha un impatto reale sulla sicurezza alimentare», ha replicato Lavrov, che sostiene che l’occidente blocchi «artificialmente le nostre consegne nei paesi che hanno contrattato il nostro grano».
I DUE NON SI SONO parlati direttamente e non si incontreranno, ma nel botta e risposta indiretto c’è in palio un messaggio da veicolare verso i paesi in via di sviluppo, preoccupati dallo choc sulla catena di approvvigionamento alimentare e dall’inflazione.
Mosca insiste che è Washington a non voler dialogare. «Non siamo stati noi ad abbandonare i contatti», ha detto Lavrov, ma «non corriamo dietro a nessuno per proporre riunioni». Blinken ha invece parlato, a margine degli incontri, di un «forte coro da tutto il mondo sulla necessità di porre fine all’aggressione in Ucraina».
La realtà appare più sfaccettata. Mosca sostiene di avere il sostegno o quantomeno la non ostilità proprio di quei paesi in via di sviluppo, a partire dagli asiatici, che mirano a una cooperazione pragmatica. Tanto da far cantare vittoria alla portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova: «I paesi del G7, guidati dagli Stati uniti, hanno cercato di trasformare la riunione del G20 in un altro scandalo. Ma non ci sono riusciti».
Intanto la Cina ha continuato a muovere le sue pedine. Significativo l’incontro tra Wang Yi e Josep Borrell, nel quale il primo ha rilanciato la charm (o business) offensive nei confronti dell’Europa. «Cina e Ue sono due importanti forze dell’odierno mondo multipolare”, ha detto Wang all’Alto rappresentante Ue per gli esteri. E «dovrebbero instaurare una cooperazione vantaggiosa e resistere a qualsiasi azione che promuova il disaccoppiamento e violi le leggi dell’economia». Ergo, le sanzioni.
IL TENTATIVO è il solito: erodere l’allineamento tra Europa e America provando a fare leva sulle diverse necessità dei due attori. Il ministro cinese ha poi parlato col collega argentino Santiago Cafiero, ribadendo l’invito nei Brics, e con la nuova ministra degli Esteri australiana Penny Wong: un colloquio atteso, visto che tra Pechino e Canberra i rapporti sono ai minimi termini da anni. «Abbiamo parlato con franchezza e ascoltato attentamente le rispettive priorità e preoccupazioni – ha detto Wong – Abbiamo le nostre differenze, ma è nell’interesse di entrambi che le relazioni si stabilizzino».
Da segnalare un trilaterale tra Blinken e i colleghi di Giappone e Corea del Sud, i cui leader hanno partecipato per la prima volta al summit della Nato la scorsa settimana. Oggi, invece, l’incontro tra Blinken e Wang. Chissà se in questo caso si possa iniziare a intravedere la sagoma di un ponte.