Andare al voto risolve i problemi al centro destra

Maria Teresa Meli Corriere della Sera 13 luglio 2022
Provenzano: «È la destra che vuole le urne.
Ai Cinquestelle dico “non fategli questo regalo”»
Il vicesegretario Pd: «Scriviamo insieme l’agenda sociale»
Beppe Provenzano, il M5S non ha votato il dl Aiuti, in altri tempi sarebbe stata crisi.

 

Perché vi stupisce che Berlusconi chieda una verifica?
«Perché non è stata chiesta tutte le volte in cui la Lega ha votato contro il Governo. E parlare di “verifica”, mentre si apre un confronto, sembra tradire la volontà di far saltare tutto. La destra sta provando a cogliere l’attimo: andare al voto anticipato, come vogliono Salvini e Meloni, addossare la responsabilità della crisi a Conte, far saltare la nostra alleanza e provare a vincere le elezioni sostanzialmente a tavolino. Noi non glielo permetteremo comunque, ma ai 5S chiediamo di non fargli questo regalo».

Ma le sembra il momento di aprire una crisi, come pare voler fare il M5S?
«Certo che no, e anzi mi sembra che dopo l’incontro di ieri a Palazzo Chigi coi sindacati e le parole di Draghi si stia aprendo finalmente lo spazio per dare le risposte giuste agli italiani. Il Rapporto Istat ci consegna la fotografia della sofferenza sociale drammatica, soprattutto per i giovani, le donne e il Sud. Abbiamo un’inflazione che corre come negli anni ’80 e salari fermi agli anni ’90. È un mix esplosivo, non solo per ragioni di tenuta sociale e democratica. Ne va della stessa economia. Se non sosteniamo i consumi difendendo il potere d’acquisto delle famiglie arriva la recessione».

Landini dice che dal governo ha ottenuto solo un altro incontro, non le sembra ingeneroso?
«C’è stato anche il riconoscimento della novità di metodo. Riparte il dialogo sociale, è un fatto importante. Ora si deve tradurre in provvedimenti concreti e urgenti. C’è un lavoro da fare, da qui a fine mese. Noi ci siamo, e chiediamo a tutti di partecipare a definire il merito, spingendo per salari più alti e minori costi dell’energia, per investimenti su welfare e sanità, per politiche industriali che creino lavoro buono in una transizione ecologica che non si può rinviare. Non ci dev’essere contrapposizione tra preoccuparsi di come arrivare a “fine del mese” e di come evitare il rischio di “fine del mondo”, che tragedie come quelle della Marmolada ci ricordano».

Il Pd ancora una volta media, non vi stancherete mai?
«Ma non si tratta di mediare per mediare, si tratta di voler dare risposte. Noi abbiamo posto da tempo l’esigenza di un’agenda sociale, e se c’è coincidenza con molte delle proposte dei 5S è un bene. Lo abbiamo fatto senza ultimatum, siamo responsabili. Ma questa responsabilità io l’avverto non solo verso la tenuta del Governo, ma anche verso i cittadini che si aspettano risposte che concretamente migliorino le loro condizioni di lavoro e di vita»».

Orlando ha fatto il piano per il salario minimo, a voi la fatica al M5S la gloria…
«Guardi, qui non è in gioco la gloria, ma la dignità delle persone. Il lavoro povero è uno scandalo e sul salario minimo l’Europa va avanti e l’Italia non può restare indietro. Non va introdotto perché lo chiedono le forze progressiste, ma perché lo esigono i 4 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 12 mila euro l’anno e fanno la fame. La proposta di Orlando è una prima importante risposta. Poi serviranno passi ulteriori, c’è un lavoro in corso al Senato ma serviranno i numeri. E soprattutto bisogna intervenire contro la precarietà, finalmente il tema è entrato nell’agenda. Scriviamola insieme. Certo, non tutto si può fare con questa maggioranza di larghe intese. Il resto va fatto guadagnando il consenso degli italiani alle elezioni per un governo progressista».

Il Pd direbbe ancora che Conte è il punto di riferimento?
«Non ho mai usato quella espressione, per me il riferimento è il socialismo europeo nella sua storia migliore. Nel Governo Conte 2 siamo stati protagonisti insieme di una battaglia in Europa per ottenere le risorse del Next Generation Eu e che ora non possiamo sprecare. Oggi siamo in una fase nuova. E le elezioni amministrative hanno caricato il Pd di una grande responsabilità, guidare una proposta progressista vincente e convincente».

Siete pronti per le elezioni a settembre?
«Siamo al lavoro perché la situazione non precipiti. Le elezioni le indice il Presidente della Repubblica. Noi, in ogni momento, ci faremo trovare pronti. Alle amministrative si è visto. L’Italia non è destinata a finire nelle mani di Salvini e di Meloni. La partita è aperta».

È in arrivo il quarto decreto per le armi in Ucraina…
«Credo che il Parlamento continuerà a sostenere la linea fin qui seguita dall’Italia, aiutare l’Ucraina, anche nella suo diritto a difendersi dalla sporca guerra di Putin, e lavorare per un nuovo protagonismo dell’Europa nella ricerca di un difficile sentiero di pace.

Draghi è stato chiaro: se il M5S si sfila lui non guiderà nessun altro governo.
«Anche Enrico Letta lo ha detto chiaramente. Questo governo, in questa composizione, sarà l’ultimo della legislatura. Per il futuro, la vera sfida sarà tra due campi. Le alleanze sono importanti, con il M5S c’è un percorso e certo l’esito di questo passaggio sarà decisivo. Ma il perimetro delle alleanze lo definiscono le cose da fare, non il puzzle delle sigle. Noi ci alleeremo con tutti quelli che vogliono uscire da questa crisi con più diritti, più lavoro buono e meno disuguaglianze, più sostenibilità e lotta all’emergenza climatica».

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