Il Pd non ha deciso, da soli o con il centro senza Renzi

 Maria Teresa Meli  Corriere della Sera 23 luglio 2022

 

Letta convoca i vertici del partito per decidere. Zingaretti medita di dimettersi da presidente del Lazio per candidarsi alle Politiche

 

Alleati o da soli? Il dilemma del Pd Con una certezza: no a 5 Stelle e Renzi

 

Il Pd è a un bivio: andare alle elezioni con una qualche forma di collegamento (che si limiterebbe solo ai collegi uninominali, naturalmente) con le altre forze politiche che si richiamano alla cosiddetta agenda Draghi, come suggerisce, per esempio, Dario Franceschini, o presentarsi da solo al voto.

Una decisione definitiva in questo senso non è ancora stata presa: per questo, per gestire, cioè, in modo più collegiale possibile un passaggio così delicato, Enrico Letta ha deciso di convocare da lunedì prossimo tutti gli organismi dirigenti. Una serie di riunioni che culminerà con una direzione, che si terrà martedì 26 luglio. Anche se i dem non hanno scelto ancora la strada da imboccare, sono già partite le polemiche. La prima, sotterranea, che vede scontrarsi il Pd e Italia viva.

Letta avrebbe deciso che nel caso in cui il Pd, alla fine, opti per unire le proprie forze a quelle di altri partiti nei collegi uninominali, comunque Renzi resterà fuori dalla partita. La motivazione: le reazioni negative dei dem e dei loro elettori di fronte a una possibile alleanza con l’ex segretario. Del resto, secondo Andrea Orlando è «difficile allearsi con chi combatte il reddito di cittadinanza» .

Ma a Iv sostengono che Letta abbia messo un veto su Renzi e promettono battaglia: «Ci candideremo contro in tutti i collegi», fanno sapere, «e per i dem sarà un problema». Diverso il discorso già intavolato con Calenda. Il leader di Azione ha polemizzato anche ieri con il Pd invitando Letta a fare chiarezza in casa propria. Il riferimento è a quanti ancora strizzano l’occhio ai 5 stelle. E nel novero dei dem filo grillini Calenda inserisce Andrea Orlando, che respinge l’accusa.

Ma la realtà è che una trattativa tra Pd e Azione e più Europa è ancora possibile perché, per ammissione dello stesso Calenda il suo «non è un no secco» all’ipotesi di una qualche forma di alleanza con il Partito democratico. In corso nel frattempo, senza tensioni, l’interlocuzione con Luigi Di Maio e Beppe Sala. Tra questioni aperte dall’accelerazione elettorale c’è anche il cosiddetto «caso Lazio». Anche se non ha ufficializzato la sua scelta, Nicola Zingaretti ha intenzione di candidarsi alle Politiche.

Una discesa in campo che già da prima era scontata perché la fine del suo mandato coincideva con la conclusione della legislatura. Ma ora, con il voto anticipato, bisognerà cambiare il cronoprogramma. Zingaretti si dimetterà al momento dell’accettazione della candidatura.

A rigor di legge potrebbe aspettare le elezioni e poi la proclamazione, che avverrebbe a ottobre, quindi avrebbe novanta giorni per optare tra il seggio e la presidenza della regione Lazio, dopodiché disporrebbe di altri tre mesi per indire le elezioni.

Ma Zingaretti preferisce dimettersi prima: «È una questione di serietà», ha spiegato ai suoi. Il che significa che nel Lazio si andrà a votare a cavallo tra novembre e dicembre. Letta non ha ancora deciso chi sarà il candidato. Finora sono già scesi in pista l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, il vice di Zingaretti Daniele Leodori, e, benché non ufficialmente, anche l’ex eurodeputato Enrico Gasbarra. Vista la tempistica sfuma l’ipotesi di andare alle primarie di coalizione, ma l’accordo con i 5 stelle già presenti nella giunta regionale per ora è saldo. Resta però da capire che cosa faranno sia Giuseppe Conte che Virginia Raggi.

Daranno l’altolà all’accordo con i dem nel Lazio come ritorsione per la decisione dem di non andare alle politiche con i 5 stelle? Non sfumano invece le primarie con i grillini in Sicilia, anche se l’altro ieri sera, da Roma, giungeva nell’isola il suggerimento di stoppare l’operazione. I dirigenti dem locali, però, hanno fatto sapere di voler andare avanti lo stesso.

Ma a livello nazionale il Pd non cambierà idea rispetto al M5S: «Chi ha fatto cadere Draghi non può essere un nostro interlocutore», è l’awertimento netto del ministro Guerini. E la card del Pd che Letta ha postato con grande evidenza su Twitter —«L’Italia è stata tradita, il Pd la difende. Tu sei con noi?» —non è certo un atto di accusa solo nei confronti di Berlusconi e Salvini.

Nel mirino c’è anche Conte.

 

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