Emanuele Buzzi Corriere della Sera 31 luglio 2022
Crippa: «Conte ha disfatto il campo largo, dialogo con il Pd e lascio il M5S»
L’ex capogruppo alla Camera del Movimento: «È una casa che non riconosco più, non ne capisco le logiche. Candidarmi in area progressista? Sto riflettendo, vediamo che accade»
Davide Crippa, lascia il M5S proprio nel giorno in cui viene confermata la regola dei due mandati.
«Il problema non è la discussione che abbiamo visto in questi giorni sul vincolo dei due mandati, soprattutto per un movimento che ha derogato a molte altre regole, ma ciò che il M5S oggi è o vuole essere, una casa che non riconosco più».
Lei è molto vicino a Grillo, si sente tradito dal garante?
«Sono vicino a Grillo da tempo, ho condiviso con lui ogni passo, soprattutto dallo scorso anno al momento dell’avvento di Conte come capo politico e alla riscrittura delle regole e dello Statuto del partito, tanto sofferto e dibattuto. Non mi sento tradito, semplicemente non comprendo più la strategia e le logiche che guidano certe azioni».
Il M5S ha abiurato molte regole. Ha ancora senso tenere il limite dei mandati o le Parlamentarie?
«Le Parlamentarie sono un potente strumento di coinvolgimento delle persone normali nella politica: io stesso sono entrato in Parlamento grazie a quello strumento che secondo me conserva il suo valore. Sulla regola dei due mandati mi sento solo di dire che meriterebbe una riflessione rispetto alla necessità di qualsiasi formazione politica di dover formare una classe dirigente in grado di promuovere le istanze in modo efficace e di attuare un programma politico sapendo muovere i passi giusti, in un ambiente estremamente complicato di regole e molteplici equilibri, per non disperdere la forza che viene dal consenso degli elettori».
Non era meglio tentare lo strappo nei giorni della crisi del governo Draghi?
«Se avessi consumato lo strappo in quel momento non avrei potuto tentare, come ho fatto fino in fondo, di salvare il salvabile nel rispetto del mio ruolo di presidente di un gruppo parlamentare che ha creduto in me eleggendomi per tre volte».
Si candiderà in area progressista?
«Sono in una fase di riflessione profonda. La scelta che mi sono visto costretto a fare pesa molto. Vediamo cosa accade nei prossimi giorni».
Ha già parlato con il Pd?
«Con il Pd, per ovvie ragioni, c’è sempre stato un dialogo costante, anche in quel famoso mercoledì al Senato in cui insieme abbiamo tentato fino all’ultimo istante di convincere Conte a non realizzare un assist pericolosissimo alla destra che non vedeva l’ora di approfittare di un momento di debolezza del governo a fini puramente elettorali».
Perché non corre con Di Maio?
«Luigi è stato un collega con cui ho condiviso un percorso importante, sono anche stato sottosegretario con delega all’energia quando era ministro dello Sviluppo economico. Ha fatto un lavoro importante per il M5S ma non ho reputato giusto seguirlo nella scissione».
Lei accusa il M5S di essere estremista: Conte ha parlato di polo giusto.
«Ho sentito molte dichiarazioni anche molto contraddittorie tra di loro fino all’espressione di posizioni estremiste con il retrogusto di un passato vissuto dal M5S nel 2013. Credo che il M5S si sia evoluto durante questa legislatura tanto da sostenere tre governi, nell’interesse dei cittadini e nell’attuazione del programma (reddito cittadinanza, taglio dei parlamentari, transizione, ndr). Due di questi guidati proprio da Conte».
Quale è stato a suo avviso il più grande errore della gestione Conte?
«Disfare il progetto del campo largo riformista e progressista e la consegna della testa di Draghi alla destra».
Nel M5S è in atto una guerra tra bande.
«Non si tratta di bande, ma talvolta hanno pesato i toni aggressivi utilizzati nei confronti di chi esprimeva posizioni critiche o diverse rispetto a quelle del leader».
Lei ora accusa Conte, ma gli anni al governo sono stati fallimentari.
«Non credo siano stati fallimentari. Non rinnego quegli anni, anzi tanti punti del programma del M5S sono stati realizzati in quei governi. Inoltre è stato ottenuto il Pnrr di fondamentale importanza per il rilancio del Paese, la cui attuazione ha avuto un grande peso nella scelta del sostegno al governo Draghi».