Speranza: tecnicamente al voto è possibile battere questa destra

 

Monica Guerzoni Corriere della Sera 31 luglio 2022
Speranza: «La destra pericolosa è il nostro avversario.
Dividendo il campo la stiamo favorendo»
Il ministro si rivolge a Pd e M5S: dalla rottura effetti pesanti nei collegi
Il ministro Roberto Speranza si è svegliato con la notizia delle scritte oltraggiose sui muri di un poliambulatorio, nella borgata romana di Centocelle: «Speranza nazista» e «medici provax boia nazisti» con la sigla W iscritta in un cerchio.

 

Qual è la matrice di questi attacchi, ministro?
«Le indagini sono in corso, ma si capisce che c’è una rete organizzata. Ho ritenuto giusto portare solidarietà con l’assessore alla Salute del Lazio, Alessio D’Amato».
Campagna elettorale feroce. La caduta di Draghi è stata influenzata dal Cremlino?
«Non sono in grado di dire se ci siano stati interventi diretti, ma l’Italia e la Ue perdono con Draghi uno dei punti di maggiore determinazione nella difesa dell’Ucraina dalla guerra voluta da Putin. Che la caduta del governo italiano sia stata accolta con grandissimo favore dal Cremlino è un dato di fatto, bisognerà fare chiarezza».

La preoccupano i legami di Salvini con Putin?
«Conosciamo le relazioni di Salvini, che in passato lo ha osannato fino ad affermare “meglio Putin che Merkel”. Con Salvini e Meloni al governo, l’asse della politica estera italiana si sposterebbe da fortemente europeista a fortemente euroscettica. E io mi batterò perché non vincano gli amici di Orbán e di Le Pen».

A leggere i sondaggi non hanno già vinto?
«Io non penso che abbiano già vinto, si stanno facendo i conti senza l’oste. La partita è molto aperta. Nella guida del centrodestra c’è un elemento di irresponsabilità e inaffidabilità che peserà nella campagna elettorale. Gli italiani hanno capito chi ha fatto cadere Draghi».

Salvini continua a dire che è stata la sinistra.
«Nonostante il tentativo di Salvini di cambiare le carte le cose sono chiare. Conte e il M5S hanno fatto un errore grave offrendo un assist a Lega e Forza Italia, che avevano il solo obiettivo di andare al voto. Pensano di sostituire Draghi con un premier di destra e hanno messo i loro interessi davanti a quelli degli italiani».

Con Letta e Franceschini lei ha provato a far nascere un «Conte ter» a guida Draghi, come accusa Renzi?
«Nessuno pensava di poter andare avanti solo con i voti del centrosinistra e del M5S. Tutti hanno visto, Renzi compreso, che noi abbiamo provato fino all’ultimo istante a convincere Conte a non togliere la fiducia a Draghi. Un tentativo che io rivendico. Il governo sarebbe caduto lo stesso, ma avremmo evitato una frattura profonda nel campo progressista, con cui ancora facciamo i conti».

Frattura irreversibile?
«Con la comunità di Articolo Uno, al congresso e poi in direzione, abbiamo deciso di costruire la lista Democratici e Progressisti, di cui siamo cofondatori e che è il fatto nuovo di questa campagna elettorale. Ma dinanzi a una destra simile io continuo a pensare che sia un errore dividere il campo dell’alternativa».

Letta ha chiuso a Conte, il suo appello cadrà nel vuoto?
«Invito tutti alla riflessione. So che è molto dura, i toni forti di Conte e la posizione ferma del Pd danno il quadro di una rottura oggi insanabile, ma continuerò a dire fino all’ultimo che l’avversario è la destra e che dividendo il campo dell’alternativa la stiamo favorendo. A tutti chiedo di non sottovalutare le conseguenze di questa spaccatura nei collegi».

Teme che i collegi vadano tutti alla destra?
«Questa pessima legge elettorale premia la capacità di unirsi. La destra, dopo essere stata divisa durante l’esperienza del governo Draghi, ha cercato la strada del voto e si è riunita con un accordo di potere che la rende molto competitiva. Noi abbiamo fatto il contrario, siamo stati tre anni insieme e ora ci siamo divisi. Eppure i sondaggi sono chiari. Per Pagnoncelli i partiti di centrodestra sono al 45%, il centrosinistra è al 33% e il M5S pesa circa 11%».

Un fronte anti-Meloni? E tecnicamente come dovrebbe saldarsi nelle liste?
«Bisognerebbe evitare di lasciare alla destra una prateria nei collegi. Voglio essere chiaro, non si tratterebbe di fare alleanze o coalizioni. La legge elettorale prevede solo apparentamenti».

Il candidato premier è Letta, o Draghi?
«Il capo politico della lista è Letta, ma siamo una repubblica parlamentare, non presidenziale».

La imbarazzerebbe stare in coalizione con Calenda, che ha imbarcato Carfagna e Gelmini? E Renzi, dovrebbe stare con i progressisti o no?
«Non mi piace il gioco della torre. Penso però che la fragilità del sistema politico italiano ha fatto esplodere troppi personalismi e a volte persino narcisismi. Io su questo terreno non voglio starci».

E su quale terreno programmatico vuole stare?
«Stare insieme al Pd e ad altre forze nella lista Democratici e Progressisti è solo il primo passo. Bisogna costruire una forte agenda sociale, partire dai salari, dal potere di acquisto dei redditi più bassi, dalla difesa della scuola, della sanità pubblica e dell’ambiente. Vogliamo un programma coraggioso».

L’agenda Draghi non lo è?
«L’agenda del governo Draghi era un compromesso tra forze politiche diverse. Noi abbiamo bisogno di un’agenda fortemente sociale e radicalmente alternativa alla destra, che prende voti nelle periferie ma poi fa politiche economiche che difendono i più forti. Questa destra è un pericolo per l’Italia».

Provi a spiegarlo a un elettore di Giorgia Meloni.
«Le politiche che metterebbero in campo aumenterebbero le fratture sociali. Vogliono la flat tax che prevede la stessa aliquota fiscale per il miliardario, l’insegnante o il rider. Per me è inaccettabile, come lo è il lascito della stagione di Trump con quella sentenza che in un colpo solo ha cancellato 50 anni di lotte per i diritti delle donne».

Intanto però Michele Santoro va a nozze con Conte. È geloso?
«Non delego la rappresentanza della questione sociale a nessuno, tantomeno al M5S. Sarà la nostra lista, collegata a socialisti come Sanchez, Scholz e Costa, a interpretare la questione sociale».

Quanti posti sicuri le ha promesso Letta?
«Non ne abbiamo parlato».
Bersani non si ricandida. Va tirato per la giacca?
«Voglio troppo bene a Bersani per dire in pubblico una parola in più di quelle che gli ho detto in privato. Certo un Parlamento senza di lui sarebbe molto più povero» .

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