Pd, un bicchiere di troppo e ecco la tracotanza del potere

Carlo Bonini La Repubblica 20 agosto 2022
Caso Ruberti, la questione Capitale del Pd
La domanda che interpella Roberto Gualtieri e Nicola Zingaretti è molto semplice: chi sono stati e sono i loro compagni di strada e di quale cultura politica sono testimoni? Soprattutto: quale classe dirigente intende promuovere il Partito democratico a Roma e nel Paese?

 

Con le sue dimissioni da capo di gabinetto del sindaco di Roma, Albino Ruberti tampona nel solo modo possibile il vulnus aperto dalla pubblicazione dell’audio-video della sua belluina cena ciociara. E, tuttavia, i protagonisti dell’occasione “conviviale” (almeno quelli identificabili) e l’ennesimo squarcio che il loro ruolo politico apre sullo spessore del Pd romano e del Lazio – Sara Battisti, consigliera regionale Pd e compagna di Ruberti, Francesco De Angelis, ex assessore regionale del Pd, europarlamentare e, fino a ieri, candidato alle prossime elezioni politiche – le abborracciate quanto fumose spiegazioni fornite da Ruberti sull’origine della sua furia, oltre a un suo track record personale e familiare quantomeno sfortunato, indicano che il caso è tutt’altro che politicamente chiuso. Al contrario, che si è appena aperto.

E che la bonifica degli assetti e della qualità del personale politico e amministrativo del Pd a Roma e nel Lazio continua ad essere una trave nell’occhio del Nazareno, un’urgenza indifferibile per Roberto Gualtieri e per Enrico Letta che non può continuare a essere considerata o degradata a pagliuzza, a folclore capitolino. A maggior ragione per un sindaco chiamato alla sfida titanica di rimettere sulle sue gambe Roma e per un segretario di un partito che si candida alla guida del Paese.

In discussione, evidentemente, non sono soltanto i toni fulminati e i modi truculenti, da mozzaorecchi di strada, in cui Ruberti, per giunta figlio di un ex rettore della Sapienza e con una lunga carriera nell’organizzazione degli eventi culturali della città (è stato, tra l’altro, per 15 anni a capo della società Zetema), viene sorpreso in un luogo pubblico (un ristorante di Frosinone) a minacciare chi ritiene lo abbia offeso (a quanto pare, Vladimiro De Angelis, assicuratore Unipol e fratello dell’europarlamentare Francesco). Ma l’incontinenza che dimostrano. La percezione di sé e del proprio ruolo di potere. Oltre a un’irresistibile tendenza ad un rapporto problematico con la verità.

Se è vero come è vero che a innescare la furia dell’ormai ex capo di gabinetto non sarebbe stata “una lite per motivi calcistici” (la prima insostenibile spiegazione farfugliata da Ruberti e dagli altri presenti alla cena), ma un’imperdonabile e volgare battuta di Vladimiro De Angelis rivolta proprio a Ruberti (“Me lo compro”).

Sarebbe stato insomma necessario e utile trovare traccia nella lettera di dimissioni di Ruberti delle circostanze in cui quella battuta è stata pronunciata. E a quale intollerabile non detto quella battuta ammiccasse. O, ancora, per quale ragione un oscuro assicuratore, fratello di un maggiorente del Pd laziale (quel Francesco De Angelis da ieri non più candidato alle politiche), si senta sicuro di potersi comprare il capo di gabinetto della capitale del Paese.

Ma così non è stato. La cena finita in schifo e sciolta dagli astanti prima dell’arrivo dei carabinieri nel locale doveva restare un mistero ciociaro. Così come la penosa pezza a colori messa per giustificarla.

Albino Ruberti, del resto, non è nuovo al genere. Nel 2020, in pieno lockdown, sorpreso a mangiare pesce con amici su una terrazza del quartiere Pigneto, disse che stava lavorando (la politica, si sa, si fa anche a tavola).

E, più di recente, i suoi figli, 19 e 17 anni, di fronte alla richiesta di documenti di una pattuglia dei carabinieri nel quartiere Parioli a Roma avevano servito ai militari l’intramontabile “non sapete chi siamo”. Ragazzi, si dirà, ma fedeli evidentemente allo stile della casa. E forse anche sinceri, a loro modo.

Perché il punto è proprio questo. Chi è davvero Albino Ruberti? Quanto peso ha avuto e ha nel partito a Roma e nel Lazio, al punto da essere passato da capo di gabinetto di Nicola Zingaretti alla Regione a quello di Gualtieri sindaco? E chi lo ha scelto per quegli incarichi? Sulla base di quali meriti e considerazioni che non fossero la sua fama di problem solver e di caratteriale (pare si facesse chiamare con compiacimento “Rocky”) è stato scelto per un ruolo chiave come quello di capo di gabinetto del sindaco di Roma?

Siamo convinti che Albino Ruberti, che, nella sua lettera di dimissioni, rivendica a sé rispetto, onorabilità e integrità, saprà rispondere se non a tutte quantomeno ad alcune di queste domande.

Ma siamo ancora più convinti che vorrà rispondere per lui anche chi a lui ha affidato le chiavi di uffici delicatissimi dell’amministrazione pubblica della Regione e della città. Parliamo di Nicola Zingaretti, che di qui a un mese chiederà ai romani un voto che lo elegga in Parlamento e di Roberto Gualtieri.

La domanda che li interpella infatti è molto semplice: chi sono stati e sono i loro compagni di strada e di quale cultura politica sono testimoni? Soprattutto: quale classe dirigente intende promuovere il Pd a Roma e nel Paese? L’occasione per dimostrarlo è ora. Va solo raccolta. Naturalmente, se lo si vuole e se, ce lo auguriamo, si è liberi di farlo.

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