L’assenza dell’Europa obbliga Draghi ad intervenire sui costi della nostra produzione

Romano Prodi Il Messaggero 28 agosto 2022

 

Norme anticrisi – L’ultima missione del governo uscente

 

In un articolo che ha fatto tanto rumore, il Financial Times ha riaperto il capitolo della speculazione al ribasso sui titoli pubblici italiani. Brutta notizia ma, purtroppo, non sorprendente.

 

Se ogni sistema economico, Stati Uniti e Cina compresi, dipende da quanto avviene al di fuori dei propri confini, questa dipendenza è ancora maggiore per i paesi di dimensione non dominante.

In Italia, a differenza delle altre nazioni europee, il condizionamento viene ulteriormente accresciuto dalla caduta di un governo nato proprio per garantire ai nostri partner comportamenti credibili e prevedibili.

La crisi di governo e le incertezze sulle decisioni che verranno adottate dopo le prossime elezioni hanno quindi comprensibilmente acceso l’allarme sui rapporti con l’Europa, anche se la campagna elettorale cerca di illudere gli elettori che la nostra politica non si trovi in un contesto di stretta interdipendenza e di reciproca compatibilità con il resto del mondo.

Eppure questo condizionamento esiste ed è molto profondo. Esso è emerso in tempi particolarmente rapidi nel settore finanziario che, per sua natura, è il più veloce a speculare sul futuro, ma le nostre difficoltà nei confronti della dimensione, della solidità e della solvibilità del nostro debito pubblico non possono non turbare i nostri partner europei.

In questo inizio di campagna elettorale vengono infatti quotidianamente portate avanti ipotesi di revisione e di correzione del PNRR chiaramente incompatibili con le posizioni unanimemente prese in sede europea.

La “scommessa” del mondo finanziario contro l’Italia deriva proprio dal fatto che su questi temi si possa in futuro creare un crescente allontanamento rispetto alle regole fatte proprie dal governo Draghi. La campagna elettorale, almeno questa sua fase iniziale, sta alimentando il dubbio che, dopo le elezioni, possa mancare il consenso politico per imporre il rispetto delle regole del PNRR e delle scelte necessarie per affrontare un’emergenza senza precedenti nel settore dell’energia.

Il numero delle imprese e dei cittadini non più in grado di affrontare i costi dell’energia e i danni dell’inflazione, sta tuttavia crescendo con una rapidità tale da rendere necessarie misure urgenti di intervento anche da parte esclusivamente italiana.

Misure da mettere in atto prima dell’insediamento del nuovo governo, che non potrà avvenire prima dell’autunno inoltrato, cioè troppo tardi per assicurare all’Italia un minimo di sicurezza per fare fronte al picco della domanda invernale. Lo stretto e insostituibile futuro legame con gli altri paesi europei deve essere quindi preparato da urgenti decisioni di politica nazionale.

Credo quindi che il governo in scadenza debba rendere un ultimo servizio al paese prendendo subito i provvedimenti necessari per affrontare l’emergenza, ancora prima che sia possibile sostituire la Russia nella fornitura di gas.

Nelle attuali circostanze un governo a tempo ha infatti maggiori possibilità di fare adottare a consumatori e imprese nuovi comportamenti.

Dovrà quindi dare vita a tariffe in grado di premiare la diminuzione dei consumi rispetto agli anni precedenti, dovrà alleggerire il peso degli aumenti attingendo anche ai consistenti sovraprofitti che molte aziende del settore (a partire dai produttori di energie alternative) stanno accumulando per effetto dell’impressionante aumento dei prezzi.

Non ha senso che a queste imprese venga corrisposta una tariffa che non ha alcuna relazione con i costi: anche il mercato deve avere regole e limiti.

Mi auguro quindi che le dichiarazioni tranquillizzanti, recentemente formulate da parte governativa, siano accompagnate da decisioni capaci di incidere subito, alleviando le conseguenze negative per le imprese e i cittadini, dato che, almeno per ora, non si prospetta alcun miglioramento della situazione.

Proprio la prudenza impone quindi decisioni rapide da parte italiana, anche perché la comune politica europea viene continuamente invocata, ma sempre ritardata.

Oggi ciascun paese sta adottando una politica propria: l’unica strategia similare è quella di aumentare esclusivamente le scorte, ma lo si fa singolarmente, contribuendo in questo modo ad un ulteriore aumento dei prezzi.

Eppure in casi analoghi, anche quando non esistevano gli attuali accordi fra i diversi paesi, i comportamenti erano stati più collaborativi. Mi basta ricordare che, a seguito della crisi petrolifera del 1973, fu creata, su proposta di Henry Kissinger, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (nota col nome di Agenzia di Parigi) come meccanismo di cooperazione in campo petrolifero tra i paesi occidentali. Essa, in più occasioni, è concretamente servita a fronteggiare situazioni di scarsità.

Visto che, almeno nel presente, le tensioni internazionali e le debolezze europee stanno rinviando ogni prospettiva di azione comune, cerchiamo almeno di provvedere con le urgenti misure di cui l’Italia ha bisogno

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