Un passettino della Germania e della Ue su Price Cap e decoupling

Andrea Colombo il Manifesto 30 agosto 2022

 

Gas, Roma aspetta Bruxelles e spera nelle mosse tedesche
Berlino apre al «price cap». Per il nuovo decreto ci vorrà almeno una settimana: Draghi vuole avere il quadro delle entrate


«I tempi non sono maturi per un intervento immediato», le fonti di palazzo Chigi e del Mef gelano così le attese dei partiti che chiedevano e si attendevano un intervento d’urgenza, un decreto contro il caro energia, già nei prossimi giorni. Ma in mattinata il sottosegretario Garofoli, alter ego di Draghi, e i ministri dell’Economia e della Transizione ecologica Franco e Cingolani si incontrano e rallentano tutto. È stato solo un «primo confronto». Prima del 5 settembre, ma più probabilmente nella settimana tra il 12 e il 18 settembre non se ne parla.

QUESTIONE DI COPERTURE, naturalmente. La manovra che chiedono Calenda e Salvini costerebbe una trentina di miliardi e imporrebbe lo scostamento di bilancio. Il premier non ci pensa per niente e anzi il solo fatto che un passo tanto delicato, tale da far rischiare un conflitto con la Ue, venga chiesto a un governo in carica solo per l’ordinaria amministrazione lo irrita: subodora il tentativo di scaricarsi da ogni responsabilità addossandole poi al governo precedente, il suo. Ma ci vogliono almeno 10 miliardi anche per misure più contenute e quasi certamente insufficienti, come l’estensione del credito d’imposta al prossimo trimestre e il suo aumento rispetto all’attuale 25% più i decreti attuativi del dl Bollette che permetterà al Gse di comprare gas ed energia verde per poi rivendere alle aziende a prezzi calmierati. Costi che lievitano fino a 15 miliardi se si aggiungono le altre misure minime necessarie: la cig, la rateizzazione delle bollette, il taglio al prezzo della benzina.

QUEI 10 MILIARDI non ci sono. Avrebbero dovuto essere garantiti dalla tassa sull’extragettito portata al 25% dal dl Aiuti bis. Ma quasi tutte le aziende hanno invece presentato ricorso di incostituzionalità. Invece dei 10,5 miliardi che sarebbero dovuti entrare grazie all’acconto del 40% da saldarsi entro giugno, in attesa del saldo entro novembre, ne è arrivato solo uno e mezzo. Il pronunciamento del Tar è fissato per l’8 novembre. Se dovesse sospendere il provvedimento in attesa della sentenza della Consulta ci vorrebbe un altro anno e mezzo. In ogni caso quei fondi non potranno coprire il prossimo decreto aiuti. I termini per il ravvedimento operoso per l’acconto di giugno scadono il 31 agosto: dunque il governo non intende fare niente sino a che non avrà un quadro preciso delle entrate, non prima del 5 settembre.

IERI A PALAZZO CHIGI è però arrivata una buona notizia, ottima se non resterà solo un impegno teorico. In attesa del consiglio straordinario dei ministri dell’Energia convocato per il 9 settembre, il ministro dell’Economia tedesco Habeck ha aperto uno spiraglio sulla possibilità di introdurre il tetto al prezzo del gas, cioè a quella che è da mesi la principale proposta italiana. Il veto della Germania non è l’unico ostacolo nella Ue. Paesi come l’Olanda (ma fuori dalla Ue anche la Norvegia) sarebbero penalizzati e dunque si oppongono per motivi diversi da quello della Germania, la paura cioè di una rappresaglia russa con la sospensione totale dell’erogazione di gas. Ma sé che se a spostarsi fosse il Paese più influente dell’Unione la marcia del Price Cap diventerebbe ben più spedita e per l’Italia il fardello diventerebbe molto più leggero.

L’INTERVENTO di Ursula von der Leyen, inoltre, sembra aprire la strada all’altra riforma sulla quale Draghi martella da ancora prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, il decoupling, il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità da quello massimo del gas. Stabilito negli anni ’90 nel quadro delle misure di liberalizzazione del mercato dell’energia, il meccanismo mostra la corda da anni. A dicembre Italia, Francia, Spagna, Grecia e Romania avevano chiesto di modificarlo ma altri 9 Paesi tra cui la Germania si erano dichiarati disposti a riformarlo senza però intervenire radicalmente. Ora la Germania e a ruota l’Europa sembrano essersi svegliate e l’effetto immediato è stato un calo robusto del prezzo del gas a 272 euro: «È molto plausibile che il prezzo scenda perché ci si aspetta un intervento europeo», commentano a Roma. Come col Covid, la strada dell’Italia per uscire dal labirinto passa per Bruxelles.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.