Meloni pronta per Cernobbio, ma non per Londra

 

Francesco Verderami Corriere della Sera 3 settembre 2022

 

Meloni e i timori sui conti «da far tremare le vene». L’agenda Draghi non è un tabù
Giorgia Meloni e i colloqui con premier, grandi banchieri e manager. I timori su una situazione critica dei conti pubblici

 

A Londra Meloni andrà dopo le elezioni, se le vincerà. A Cernobbio invece andrà domani e da candidata a palazzo Chigi «rilancerà l’agenda Draghi», che detta così sembrerebbe una provocazione se non fosse uno dei maggiori dirigenti di FdI a sostenerlo.

Il paradosso è usato per spiegare la parola d’ordine del leader della destra, che è «rassicurare». E quanto dirà agli imprenditori italiani spera di ripeterlo da premier agli investitori londinesi. Perché c’è un motivo se a Meloni «tremano le vene ai polsi» : i resoconti dei frequenti colloqui con il presidente del Consiglio, con membri del board della Bce, con grandi banchieri nazionali, con manager delle aziende pubbliche e con il capo di Confindustria le appaiono «bollettini di guerra». La situazione disegna in prospettiva un drammatico scenario per il Paese, «senza precedenti nella storia repubblicana». E la battuta con cui prova a esorcizzare il momento — «abbiamo avuto la sfiga di beccare questa fase proprio quando possiamo vincere» — le serve a prender fiato tra una conversazione e l’altra.

«Nero è lo scenario globale», secondo l’ex ministro Tremonti che corre con FdI: «Quanto all’Italia gli attriti sociali non si sono ancora visti». Il riferimento è ai gravi affanni del sistema produttivo, ai timori di un massiccio ricorso alla cassa integrazione, all’inflazione che porrà in agenda il problema del recupero di potere d’acquisto dei lavoratori. Perciò nei primi giorni di campagna elettorale Meloni non la prese bene quando i suoi alleati iniziarono a darci dentro con le promesse: «Lo so che l’Italia rischia il default e non sarò io a farla precipitare dentro. Piuttosto preferisco ritirarmi». Non l’ha fatto e ovviamente non lo farà, ma nei suoi comizi nazional-popolari — tra una battuta contro i media e un’altra contro i poteri che chiama «loro» — avvisa che «diremo la verità e se dovremo prendere misure impopolari le spiegheremo».

Per «rassicurare» i mercati si è messa in linea con Draghi, esprimendosi contro la richiesta di un nuovo scostamento di bilancio. Per «rassicurare» i partner del Vecchio continente ha fatto inserire nel programma della coalizione la «piena condivisione del processo di integrazione europea». Per «rassicurare» l’alleato americano continua a sostenere la difesa dell’Ucraina. E certo poi non è che le manda a dire sulle contraddizioni dell’Occidente e dell’Unione. Sull’appoggio a Kiev, «gli Stati Uniti devono capire che difendere i valori comuni significa condividere onori e oneri». Sulla necessità di rilanciare l’Europa, «la leale collaborazione non può far venire meno la tutela degli interessi nazionali, come fanno Germania e Francia. E se l’Olanda — in pieno clima di sanzioni — ci guadagna con il prezzo del gas, per gli altri servono compensazioni».

Le posizioni di destra di Meloni non sono cambiate, solo che oggi sono collocate dentro uno schema più istituzionale. Mentre nel partito ha rafforzato la regola del capo, dando «ordini tassativi» — racconta uno dei nuovi arrivati — sulla linea di comunicazione, «soprattutto in politica estera». Ieri ha apprezzato la dichiarazione priva di pregiudizio rilasciata sul suo conto da Hillary Clinton al Corriere. L’altro giorno si è compiaciuta per le parole di apprezzamento del presidente del Ppe Manfred Weber. «Non ci sono ostacoli ideologici internazionali», dice una fonte autorevole di FdI: «Il resto dipenderà da noi».
«Ma anche da altri», ha spiegato Meloni al suo gruppo dirigente. E per altri intende anzitutto l’Europa: o capirà che serve una svolta a fronte dei nuovi scenari economici e geopolitici o sarà condannata al declino. Può sembrare una dichiarazione ostile, in realtà la leader sovranista si aggrappa all’Ue per aggrapparci l’Italia. Un Paese da «rivoltare come un calzino» e che però va sostenuto nel rilancio: «Il Pnrr era stato progettato ai tempi della pandemia. Ma le aziende che dovrebbero varare le infrastrutture, con i costi odierni, come possono portare a compimento gli appalti?». La scommessa politica di Meloni si giocherà nel Palazzo, fuori avrà bisogno delle imprese. È a loro che si appella e non a caso nei sondaggi su base regionale FdI ha le migliori percentuali nel Nord produttivo, a partire dal Veneto. A Cernobbio andrà domani, per Londra ha sconvocato il volo di mercoledì: motivi di agenda elettorale, è la versione ufficiale.

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