Lasciate fuori la Costituzione da questa demenziale campagna elettorale

Niccolò Carratelli  La Stampa 07 Settembre 2022

 

Giovanni Maria Flick: “La Carta non è roba da TikTok basta usarla per propaganda”

 

L’irritazione del giurista: «Proposte di modifica senza consapevolezza delle conseguenze»

 

Basta usare la Costituzione come uno «strumento da campagna elettorale». Giovanni Maria Flick non nomina nessun partito in particolare, ma confessa di essere «sconcertato» di fronte al tentativo di «mescolare temi diversi, che è bene tenere separati», spiega il presidente emerito della Corte costituzionale. Preoccupato, perché «mi pare si facciano proposte di riforma con troppa disinvoltura, senza avere la necessaria consapevolezza delle conseguenze». Ma anche infastidito, perché «non mi piace si evochino disastri per la nostra democrazia se vincesse l’una o l’altra parte».

Professore, in campagna elettorale non vale tutto?
«Direi di no, mettere in mezzo la riforma della costituzione è una grossa stonatura. Una cosa è eleggere i componenti del futuro Parlamento, avanzando proposte politiche per affrontare i problemi concreti e quotidiani. Altra cosa è dire di voler cambiare i capisaldi dello Stato, i presupposti fondamentali della nostra democrazia, che devono restare a un livello superiore rispetto alla competizione elettorale».

Quindi, condivide l’allarme lanciato da Enrico Letta e dal centrosinistra?
«Mi tengo fuori dalle polemiche, faccio un discorso generale sull’esigenza di non usare certi temi per alimentare la propaganda elettorale, anche lanciando allarmi sul pericolo che la nostra Costituzione venga stravolta».

Non vede questo pericolo, nell’ipotesi di una riforma in senso presidenzialista?
«Bisogna evitare approcci semplicistici. Se si sceglie di passare a una repubblica presidenziale, bisogna cambiare tutti i meccanismi del “check and balance”, il controllo e il bilanciamento dei poteri, perché il presidente non sarebbe più un arbitro, ma rappresenterebbe una parte politica. Bisogna fare attenzione».

E questa attenzione non c’è?
«Noto un grande impegno nel rivolgersi ai giovani su Tiktok, ma i ragazzi preferiscono parlare di cose serie, io ne ho incontrati molti in giro per l’Italia appassionati della Costituzione. Ecco, possiamo dire che la Costituzione non è una roba da Tiktok».

Però, se chi vince le elezioni avrà i numeri in Parlamento, è legittimato a procedere?
«Certo, è il gioco della democrazia. Se si raggiunge la maggioranza dei due terzi, nella seconda votazione, si può cambiare la Costituzione, tranne ovviamente i principi fondamentali, senza passare dal referendum. E poi, con la semplice maggioranza dei tre quinti dal terzo scrutinio, in Parlamento nei prossimi anni si potranno nominare cinque componenti della Corte costituzionale, scegliendo persone che la pensano in un modo piuttosto che in un altro. È una via più semplice: se non riesci a cambiare la bottiglia, cambi il vino che c’è dentro».

Giorgia Meloni ha aperto all’ipotesi di una commissione bicamerale sulle riforme istituzionali: si sente di fare un appello a trovare un percorso condiviso?
«Lo faccio, unito a quello di non parlarne ora in campagna elettorale. Ma temo che un eventuale impegno solenne da parte dei partiti avrebbe lo stesso valore delle promesse che sentiamo in questi giorni. È ovvio che bisognerebbe mettersi d’accordo sulle modifiche della Costituzione, come è stato fatto, esempio positivo, per inserire esplicitamente la tutela dell’ambiente e della biodiversità per le generazioni future tra i principi fondamentali. Ma se fossimo capaci di farlo sempre, saremmo un Paese normale».

Va detto che, in passato, è stato proprio il centrosinistra a cambiare la costituzione a colpi di maggioranza…
«È vero, ad esempio nel 2001 la riforma del Titolo V è stata approvata con una maggioranza molto risicata e a fine legislatura. Poi i problemi li abbiamo visti. Come ci siamo pentiti del taglio del numero dei parlamentari, pur approvato con maggioranza ampia: erano stati annunciati dei correttivi necessari, partendo dalla legge elettorale, che non ci sono stati. Ora ne verificheremo le distorsioni nel prossimo Parlamento. Ma delle leggi elettorali è meglio che non parli».

Dica pure, insisto…
«Siamo andati dal Porcellum al Rosatellum, passando per l’Italicum: una peggio dell’altra. E il prezzo che paghiamo è la progressiva delegittimazione del Parlamento. Visto che perseverare è diabolico, al prossimo giro mi aspetto il Diabolicum. E sottolineo che i sistemi elettorali vanno cambiati all’inizio della legislatura, non alla fine, altrimenti si avvelenano i pozzi».

Si avvelenano anche se una parte cambia da sola la Costituzione, no?
«Per questo la stessa Costituzione raccomanda massima prudenza nel maneggiarla, prevedendo alcune votazioni in Parlamento, distanziate tra loro nel tempo, e richiedendo maggioranze diverse. È un invito a riflettere, a pensarci bene prima di riscrivere la Carta su sui si regge la nostra Repubblica».

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.