Se la Meloni è  (o si dice) preoccupata del calo del Pd  

 Francesco Verderami Corriere della Sera 10 settembre 2022
 
L’assenza del campo largo preoccupa anche Fratelli d’Italia: così niente bipolarismo
 
Il rapporto tra «Sandra e Raimondo» (Meloni e Letta) era nato sul presupposto di preservare il bipolarismo. Ma ora la frammentazione degli avversari rappresenta un problema per la destra

 

Non è per spirito decoubertiano se FdI monitorizza con una certa apprensione il trend negativo del Pd nei sondaggi. Il problema è che quei dati sono indicativi dello stato di salute del bipolarismo. Il rapporto tra «Sandra e Raimondo» era nato proprio sul presupposto di preservare il bipolarismo e si fondava su un patto di sistema in vista della prossima legislatura: il centrodestra di Meloni opposto al Campo largo di Letta, questo era lo schema.

Una sorta di Yalta della Terza Repubblica, in base alla quali i due partiti si sarebbero divisi le sfere d’influenza e il dominio sulle rispettive aree. Una logica di blocchi, insomma, che si portava appresso l’intesa a non ingerirsi nelle dinamiche dell’altra coalizione, collaborando per evitare ribaltoni o governi di larghe intese. Perciò Letta insisteva sulla necessità di nuovi regolamenti parlamentari che prevedessero un freno alle transumanze nel gruppo misto e sbarrassero la strada a operazioni trasformiste. «Ci unisce una visione comune del sistema bipolare», aveva detto Meloni ospitandolo ad Atreju. Ma con il fallimento del Campo largo lo scenario è cambiato, sono cambiate le analisi sul futuro e per la prima volta la leader di FdI rivela di aver «paura di uno scenario di alleanze variabili».

Certo, al momento è concentrata a conquistare Palazzo Chigi . Però, come nel gioco degli scacchi, studia le mosse successive: e con il Pd sottoposto a tensioni che ne minano l’unità, la Lega in crisi di consensi, Forza Italia alle prese con l’incognita sul suo futuro, e le variabili del terzo polo e dei grillini, «se vincessimo — spiega un dirigente della destra — avremmo un paio di anni di stabilità. Sapendo però che vivremmo sotto la costante minaccia di una destrutturazione del quadro politico». Traduzione: mettendo in conto un fisiologico logoramento del governo in corso d’opera, il vuoto politico potrebbe essere riempito da operazioni di stampo macroniano o massimalista. Non a caso Renzi, immaginando la disposizione futura dei pezzi sulla scacchiera, si è lanciato in una previsione che oggi appare temeraria: «Nei primi tempi dovremo rafforzarci. Poi per tenerci in forma faremo cadere un altro governo…».

Per proteggersi da manovre di Palazzo, Meloni ha preventivamente stretto un patto di ferro con i moderati di centrodestra, garantendo propri seggi ai centristi. Ma la logica dei blocchi è saltata. E infatti la candidata premier ieri è arrivata a dire di non sapere «se in questa legislatura ci siano le condizioni per governare cinque anni». L’incertezza è (anche) prodotta dalla debolezza del modello bipolare. E l’apprensione di FdI è legata alle sorti dei democrat, che — per dirla con Urso — «dopo il fallimento del Campo largo sono finiti nella tenaglia tra un’area riformista e un’area massimalista che stanno aggredendo il loro consenso. Questo ci pone davanti a un problema sistemico. Speriamo di risolverlo con le riforme».

Perciò Meloni ha lanciato la proposta di una Bicamerale: è il tentativo — coperto dalla preferenza per il presidenzialismo — di ricreare un asse con il Pd in nome del bipolarismo. «Perché — dice Crosetto — senza un interlocutore sarà tutto più complicato».

Raccontano che la leader di FdI sia rimasta «sorpresa» dal niet di Letta: «Come non se ne parla… Quindi non si dovrebbero fare le riforme? E restiamo appesi con questo sistema?». È curioso e per certi versi storico il ribaltamento dei ruoli: negli anni Novanta — ai tempi del bipolarismo muscolare — era la sinistra che si preoccupava di costruire un’interlocuzione con una «destra liberale», così la definivano. In una fase in cui il bipolarismo vacilla, è la destra che — a sentire Fazzolari — esprime «preoccupazione per un Pd che calando nei sondaggi si radicalizza nei toni.

Speriamo sia solo una fase contingente, legata alla campagna elettorale. Altrimenti verrebbero minati i normali rapporti tra maggioranza e opposizione. Necessari, nell’interesse nazionale». Ora è chiaro perché FdI è in allerta per i dati del Pd. «Ma non abbiamo rimedi», chiosa La Russa: «Non è che possiamo votarli noi».

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