A febbraio c’era un accordo di pace che Putin rifiutò

Luigi De Biase il Manifesto 15 settembre 2022
Quell’«accordo di pace» che Putin ha stracciato
Dopo un mese di guerra il suo fedelissimo Kozak aveva negoziato un patto

 

La visita di ieri alla cittadina di Izyum, liberata nel fine settimana dall’esercito ucraino, rappresenta per il presidente, Volodymyr Zelensky, un esplicito messaggio al resto del paese, in particolare alle regioni che sono ancora sotto il controllo dei russi: i nemici fuggono, la nostra terra non può essere occupata. Già nei giorni scorsi Zelensky aveva respinto l’ipotesi di nuovi colloqui sino al momento in cui «tutta l’Ucraina sarà di nuovo libera».

IL SUCCESSO militare nel settore di Kherson, a ridosso del confine russo, ha rafforzato a Kiev la convinzione che la guerra possa finire con la completa riconquista delle province di Kherson e di Zaporizhzhia, del Donbass e della Crimea, senza bisogno di un accordo. Questo dipende sia dalla rapidità con cui gli ucraini sono riusciti a riguadagnare il territorio che avevano perduto, sia dal modo, frettoloso e disordinato, con cui i russi hanno abbandonato il campo. «La nostra bandiera tornerà a sventolare su ogni città e su ogni villaggio dell’Ucraina», ha ripetuto ieri Zelensky: «Avanziamo in una sola direzione, quella della vittoria». I fatti di Izyum stanno producendo, il che per certi versi è paradossale, lo stesso effetto sulla élite putiniana. A Mosca cresce giorno dopo giorno il partito che esige dal presidente, Vladimir Putin, una risposta ferma e pesante all’Ucraina, anche a costo di chiudere l’operazione speciale passando a tutti gli effetti allo stato di guerra e quindi alla mobilitazione generale. Lo spazio della diplomazia, che già prima era minimo, oggi pare nullo. L’ex presidente ed ex premier Dmitri Medvedev ha messo la «capitolazione» di Zelensky fra i requisiti necessari per tornare al tavolo. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha escluso la possibilità di negoziati. Anche il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha fatto sapere dopo un colloquio telefonico avuto martedì che il presidente, Vladimir Putin, non sembra avere minimamente cambiato idea sulla guerra.

A SETTE MESI abbondanti dall’inizio dell’invasione sono numerosi i dubbi sulla stessa esistenza di una strategia alla base delle decisioni che Putin e suoi più stretti collaboratori hanno via via assunto. Secondo Reuters il capo del Cremlino avrebbe rifiutato un accordo di pace vantaggioso per la Russia che Dmitri Kozak, suo fedelissimo dai tempi di San Pietroburgo, aveva ottenuto nei colloqui con gli ucraini dopo i primi giorni di combattimento. L’accordo, secondo Reuters, prevedeva la rinuncia del governo di Kiev all’ingresso nella Nato e una serie di ulteriori misure istituzionali, anche sullo status della Crimea, che la Russia ha annesso dopo un referendum nel 2014. Quel testo rispondeva, insomma, a una buona parte delle aspettative che il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, aveva avanzato nelle settimane precedenti di fronte ai rappresentanti di Stati uniti e Unione europea. Putin lo avrebbe respinto perché nel frattempo aveva modificato gli obiettivi iniziali della sua “operazione”, ritenendo che la Russia dovesse integrare le regioni occupate dall’esercito.

L’INCHIESTA di Reuters è basata sulle parole di tre fonti dentro l’amministrazione russa. Nessuno è in grado di stabilire se Kozak avesse davvero un accordo con gli ucraini, né tantomeno se gli ucraini quell’accordo sarebbero arrivati a firmarlo. Non bisogna dimenticare il clima in cui si è svolta la prima fase delle trattative: a Gomel, in Bielorussia, un negoziatore e due agenti dei servizi segreti di Kiev sono stati uccisi a colpi di pistola in circostanze che nessuno ha mai chiarito. C’è, però, un elemento parallelo che convalida almeno in parte questa versione. Nello scambio telefonico avuto con il presidente francese, Emanuel Macron, lo stesso giorno in cui i soldati russi hanno sfondato i confini, Zelensky ha chiesto al capo dell’Eliseo di parlare con Putin e con Biden e di costruire nel più breve tempo possibile una «coalizione contro la guerra». Non sostegno militare, ma un intervento per la pace. Insomma: piegati dalla prima e imponente onda dell’offensiva russa, Zelensky e i suoi sembravano disposti a offrire quelle che oggi, alla luce degli ultimi eventi, sarebbe lecito considerare “concessioni”.

ZELENSKY ora è deciso a proseguire la campagna militare. Kozak è stato escluso dal team negoziale. Putin sembra sempre più lontano dal risultato che aveva detto di voler ottenere.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.