La strategia della Cina, in 4 mosse

Guido Santevecchi Corriere della Sera 15 settembre 2022
La strategia della Cina, in 4 mosse: è il ritorno della diplomazia di Xi (che potrebbe non far sorridere Putin)
Xi Jinping torna a viaggiare dopo 3 anni: e a Samarcanda vedrà il presidente russo, Putin. Con lui discuterà anche della situazione in Ucraina, del gas, delle strategie comuni: ma Mosca sa che Pechino non fa niente per niente, e i politologi non prevedono alcun coinvolgimento diretto nella guerra. Perché «non ci sono eterni alleati»

 

È tornata la Xiplomacy, annuncia la Xinhua salutando la missione del presidentissimo della Cina per l’Asia centrale, dove da oggi è impegnato «in presenza», per la prima volta dopo quasi tre anni.

Xi Jinping ha ripreso il suo ruolo di grande viaggiatore a Nur Sultan, capitale del Kazakhstan. È arrivato protetto da una mascherina, in ossequio alle misure anti-Covid che ancora costringono al lockdown milioni di cinesi ed è ripartito dopo poche ore per Samarcanda in Uzbekistan, dove tutti i riflettori sono puntati sull’incontro con Vladimir Putin, il 39° della loro storia di amicizia anche personale.

I russi si dicono sicuri che la Cina abbia deciso di concedere un sostegno rafforzato all’impresa ucraina.

Xi e Putin lo scorso febbraio si sono promessi collaborazione «senza limiti», sono spinti l’uno nelle braccia dell’altro dal reciproco sospetto e rancore nei confronti dell’Occidente.

Ma anche se dormono nello stesso letto, non fanno gli stessi sogni. Lo dimostra la prima frase pronunciata da Xi a Nur Sultan: «Non importa quanto possa cambiare la situazione internazionale, la Cina sosterrà sempre indipendenza, sovranità e integrità territoriale del Kazakhstan». È una messa in guardia neanche troppo velata alle ambizioni di Putin: «Significa che Pechino non tollererà che la Russia si dedichi a un revival della sua antica egemonia nella regione euroasiatica», spiega Niva Yau, ricercatrice Osce per l’Asia.

L’azione diplomatica di Xi, la Xiplomacy propagandata dalla Xinhua, si può riassumere in quattro punti:

1) Rilanciare le Vie della Seta, impantanate dalla pandemia e dai problemi di debito internazionale che affliggono numerosi Paesi coinvolti nel megaprogetto cinese. Non è un caso che Xi abbia ricominciato a viaggiare con la tappa in Kazakhstan, dove nel 2013 parlò per la prima volta di «Yidai yilu» (una cintura una strada), nome mandarino del piano che ha promesso di investire più di 1.300 miliardi di dollari in 2.000 infrastrutture da disseminare in più di un centinaio di Paesi.

2. Ora la Xiplomacy fa scalo a Samarcanda in Uzbekistan, dove si tiene il vertice annuale della «Shanghai cooperation organization», un’altra creatura cinese che raggruppa otto Paesi. Fu fondata nel 2001 da Cina, Russia e quattro repubbliche ex sovietiche (Kazakhstan, Uzbekistan, Kyrgyzstan, Tajikistan). Doveva essere un forum per il dialogo sulla sicurezza incentrato sul contrasto al terrorismo e al separatismo. Ora Pechino dice che «ha un grande potenziale economico», perché facendo i conti emerge che la Sco raggruppa il 41 per cento della popolazione mondiale e il 24% del Pil globale. A Samarcanda sarà accolto anche l’Iran; un’altra pattuglia di Paesi, dalla Turchia all’Arabia Saudita, ha già il ruolo di osservatore. Anche Putin può essere soddisfatto dello sviluppo dell’organizzazione cara a Xi: può aiutare la Russia a sfuggire all’isolamento sanzionato dall’Occidente.

3.Il faccia a faccia tra Putin e Xi domina queste manovre asiatiche. Mosca ha annunciato la settimana scorsa che a Samarcanda si terrà il 39° vertice tra i due leader; Pechino per giorni non ha confermato, per dare un segnale della superiorità del segretario generale del Partito-Stato, che si degna di accettare inviti quando lo ritiene opportuno. Nessun dubbio, comunque, che il faccia a faccia si terrà domani o dopo. Questa mattina il Cremlino lo ha riannunciato, promettendo una discussione sulla guerra in Ucraina, sulla situazione a Taiwan e su altre «questioni regionali e internazionali». Obiettivo è mostrare una «alternativa» al mondo occidentale, sottolineano i russi.

Le operazioni in Ucraina vanno male e Putin ha bisogno di appoggio: sonderà quali siano i confini della «collaborazione senza limiti» promessa lo scorso febbraio da Xi. Lo Zar si è reso conto che Pechino non fa niente per niente: a Samarcanda discuterà molto di gas. Questa estate, Pechino ha accresciuto del 60% la sua domanda di gas russo e si calcola che comperi il 20% della produzione petrolifera di Mosca. Ora si progetta di costruire un nuovo gasdotto, il «Power of Siberia 2» che dia uno sbocco alla produzione russa, ora che l’Occidente ha deciso di liberarsi dalla dipendenza nei confronti di Mosca. La Russia chiede anche forniture di alta tecnologia made in China e valuta cinese per i pagamenti, visto che l’accesso al dollaro è stato notevolmente ridotto dalle sanzioni di Washington. Scherzando, ma rivelando la realtà, Putin ha appena detto in pubblico che «gli amici cinesi sono negoziatori duri, guardano anzitutto al proprio interesse nazionale». Pechino ha accresciuto i suoi commerci con la Russia, ma in questi mesi è stata ben attenta a non incappare nel rischio di sanzioni secondarie.

4.Con l’Armata rossa in difficoltà di fronte alla controffensiva di Kiev, è il dossier Ucraina che Putin ha più bisogno di condividere con Xi.

«Ma la Cina continuerà ad evitare ogni coinvolgimento nella guerra della Russia, soprattutto ora che le forze di Putin stanno fallendo sul campo», spiega Shi Yinhong, professore di relazioni internazionali alla Renmin di Pechino. Nell’analisi del politologo «la simpatia o il sostegno diplomatico e politico offerto dalla Cina non saranno di aiuto reale, anche se il balzo degli acquisti di forniture energetiche a partire da aprile hanno dato un piccolo appoggio non militare». A marzo, il politologo Hu Wei, che a Shanghai è nel gruppo dirigente di un think tank associato al governo, aveva mandato al Carter Center americano un’analisi nella quale prevedeva la sconfitta, politica se non militare, di Putin e ricordava che «non ci sono eterni alleati, né nemici perpetui, sono eterni e perpetui solo gli interessi nazionali della Cina».

L’interesse della Cina di Xi è guidare un rimescolamento dell’ordine internazionale, resistere al tentativo di accerchiamento da parte degli Stati Uniti. Contrastare anche con la «Shanghai cooperation organization» le varie alleanze asiatiche tessute da Joe Biden. «La Russia serve a questa strategia geopolitica cinese», dice Yun Sun che dirige il China Program allo Stimson Center di Washington. E conclude cercando di leggere nella mente di Xi: «Se la Russia riesce a vincere in Ucraina, la Cina avrà un alleato molto forte. Se la Russia perderà, diventerà un vassallo, ma sempre utile al contrasto anti-occidentale».

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