L’ Europa toglie 7 miliardi all’Ungheria, l’avvertimento è politico

 

Claudio Tito La Repubblica 19 settembre 2022
 
Bruxelles vuol tagliare i fondi a Orbán: un messaggio ai sovranisti (anche italiani)
 
Niente stato di diritto: la Ue chiede ai governi di bloccare 7,5 miliardi. Una potenziale grana per il centrodestra

 

La Commissione Ue parte lancia in resta contro l’Ungheria e propone di bloccare una buona parte dei suoi fondi di coesione: soldi per 7,5 miliardi di euro. La causa è sempre la stessa: il governo di Orbán non rispetta lo Stato di diritto. Non garantisce il livello minimo di democrazia richiesto dai Trattati dell’Unione, non tutela minoranze e magistratura.

Per il momento quella dell’esecutivo europeo è una richiesta e la decisione finale spetterà al Consiglio, quindi ai 27 capi di Stato e di Governo. Ma compiere un passo adesso significa anche spedire un messaggio per direttissima agli altri Stati membri. A cominciare dall’Italia. Il sottotitolo scritto dai commissari è chiaro: se il futuro governo italiano (o anche spagnolo) dovesse pensare di schierarsi con Budapest in una nuova battaglia sovranista, allora sappia che la risposta sarebbe di tenore simile.

Per noi, però, il problema sarebbe ben più grave. In primo luogo per l’ammontare dei fondi di coesione che ci spettano: di recente è stato rinnovato l’accordo che porta nelle nostre casse altri 41 miliardi di euro fino al 2026. Il totale supera i 70 miliardi. Quello dell’Ungheria è invece di 22 miliardi. Se Palazzo Berlaymont dovesse intraprendere in futuro la medesima strada nei confronti di Roma, l’Italia rischierebbe di perdere almeno 25 miliardi di euro. Una intera manovra economica. Senza contare un altro aspetto. La Commissione con il voto unanime di ieri continua anche a sospendere i soldi del Recovery fund destinati all’Ungheria. Se pure noi dovessimo subire la stessa sorte, svanirebbero circa 150 miliardi considerando che una quarantina sono già stati stanziati.

Non solo. La procedura prevista dal nuovo “Meccanismo di Condizionalità” stabilisce che il Consiglio debba rispondere entro un mese e che può chiedere una proroga di altri due mesi. Proroga molto probabile: l’esecutivo ungherese infatti ha chiesto di aprire immediatamente una trattativa e si impegna a varare le riforme in grado di non paralizzare i fondi. Ma se i leader dovessero rinviare la sentenza a dicembre, sarà il primo vero scoglio da affrontare per l’eventuale nuovo governo di centrodestra. E con ogni probabilità il voto italiano sarà determinante perché la maggioranza qualificata senza la Polonia (che rischia lo stesso destino) e l’Italia non si raggiunge.

«Oggi – ha sottolineato il Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni – la Commissione europea ha proposto di sospendere una parte dei Fondi di coesione per l’Ungheria. Difendiamo i valori dello Stato di diritto e proteggiamo il bilancio comune europeo. Le autorità ungheresi sono chiamate a rispondere con misure correttive concrete». «In Ungheria – insiste la vicepresidente della Commissione, responsabile per i valori e la trasparenza, la ceca Vera Jourovà – vediamo una serie di rischi per i fondi dell’Ue legati in particolare al sistema anticorruzione, al potenziale conflitto di interessi e alla limitazione di un’efficace indagine e del perseguimento dei casi che coinvolgono i fondi dell’Unione».

Ma c’è un aspetto che il centrodestra italiano e in particolare Giorgia Meloni deve valutare. Il totale sostegno del Ppe alla valutazione fatta da Ursula von der Leyen. Su questo, dunque, il patto tra popolari e conservatori europei (gruppo di cui fa parte Fratelli d’Italia) rischia davvero di incrinarsi. «Finalmente – dice Petri Sarvamaa, portavoce del gruppo Ppe in commissione per il controllo dei bilanci al Parlamento europeo – la Commissione tira fuori i denti che gli abbiamo dato. Le misure proposte vanno nella giusta direzione, ma mi sarei aspettato una linea ancora più rigorosa con le richieste».

Certo Budapest sta cercando di ridimensionare il caso. Gli uomini di Orbán hanno già fatto sapere di essere pronti a trattare, con l’obiettivo di chiudere entro novembre la vertenza. Almeno questo è il proposito manifestato da Gergely Gulyas, ministro della Presidenza del Consiglio dei Ministri. A suo giudizio, il capo del governo è pronto a fare alcune «concessioni», un pacchetto di leggi a suo dire «concordato con Bruxelles» che comprende l’istituzione di un’autorità indipendente anti-corruzione, una riforma degli appalti e altre misure in chiave di lotta alla corruzione.

A Bruxelles, però, a questo punto non bastano le promesse. Vogliono i fatti. Ma c’è un fattore che sta assumendo importanza crescente: il tempo. Se in Italia vincesse le elezioni il centrodestra e subito dopo anche in Spagna, il volto politico dell’Unione e anche la sua prospettiva cambierebbero completamente. Un pericolo da disinnescare subito. Facendo capire quali possano essere le conseguenze.

 

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