Salvini in ritirata al Sud, lascia il campo a Conte e Meloni

 

Serenella Mattera e Conchita Sannino La Repubblica 22 settembre 2022
 
La battaglia del Sud è al fotofinish: la Lega rinuncia e batte in ritirata
 
Conte torna a sorpresa in Campania: “Sono l’unico a stare tra la gente”. La leader di FdI chiuderà a Bagnoli la campagna. Ago della bilancia il milione e 600 mila elettori che percepiscono il reddito di cittadinanza in quell’area del Paese

 

Lo inseguono tra le bancarelle, lo reclamano dai balconi, lo circondano per un selfie. “Meloni dice che compriamo il voto con i sussidi? Voglio dirglielo in napoletano, a lei, a Salvini, a Renzi: non tengono scuorno”, scandisce Giuseppe Conte tra i vicoli della Sanità, in un rush finale che gli stampa il sorriso sulla faccia. Attraversa uno dei seggi più contendibili di un Sud che è diventato crocevia di partite aperte, l’ultimo miglio sorprendente di queste Politiche. Qui dove il leader M5S rincorre la rimonta e il Pd chiede ai suoi sindaci un lavoro paziente voto su voto, le elezioni sembrano essersi fatte più imprevedibili. Tant’è che Matteo Salvini s’è convinto a “tornare a casa”, giocarsi il finale di partita al Nord con tanto di bandiera autonomista, per non rischiare di cedere a Giorgia Meloni quell’elettorato che non s’era mai affezionato al progetto della Lega nazionale. E così ci prova lei, la leader di FdI, a reggere l’urto degli avversari, a non farsi scippare collegi come Napoli, Bari, Taranto o Sassari, che potrebbero pesare molto negli equilibri finali al Senato. Domani sarà nel capoluogo campano e chiuderà la campagna a Bagnoli, luogo simbolo di promesse mancate.

Pesano gli indecisi, nel Mezzogiorno più che altrove. E pesa un fenomeno che Francesco Boccia assicura essere avvertito con nettezza dai Dem sul territorio. Il Sud, spiega, “ha già cambiato la campagna, perché si avvertono tutti i segnali di un crollo della Lega”. Questo vorrebbe dire potersi giocare non solo una quota più ampia di seggi al proporzionale ma anche una manciata di collegi maggioritari finora dati per persi, ma cruciali soprattutto al Senato per abbassare la maggioranza assoluta. Se sarà davvero così, solo le urne potranno dire. E soprattutto diranno se la rincorsa del Movimento al Sud possa togliere voti a destra, oltre a scavare in quello che nei desideri di Enrico Letta doveva essere il ‘campo largo’. Ma nei collegi vince chi prende un voto in più: la crescita di FdI da sola potrebbe non bastare se compensata in negativo da un risultato non troppo brillante di FI e uno deludente della Lega. Ecco perché a sinistra – Michele Emiliano lo ha detto ed è stato molto criticato – c’è chi ha iniziato a pensare che l’importante è strappare seggi alla destra, anche se a vincere dovesse essere un Cinque stelle e non un candidato di centrosinistra.

Ad alimentare speranze c’è proprio quella che dalla prospettiva di chi si batte al Sud appare “la ritirata” leghista. Il clima di sicuro è cambiato tanto dal 2018, che Salvini nel finale di campagna “s’è finalmente deciso”, conferma un leghista, a tornare al Nord. “Puntiamo sui nostri, cedere terreno sui nostri territori vorrebbe dire rimettere in discussione tutto”, gli hanno consigliato dirigenti lombardi e veneti. E il segretario ha onorato Pontida, rispolverato l’autonomia, rinnegato il lockdown, dichiarato guerra al caro bollette. E ha detto pure che dopo un lavoro rifiutato, il Reddito si cancella. Gli avversari sperano che il Nord non basti: né a lui né a Meloni. Letta e Calenda si sono candidati lì, per contendergli voti in casa. Ma nel rush finale il Sud s’è fatto crocevia, lì la partita sembra più aperta.

Conte lo sa, qui si gioca tanto. E tra i vicoli della Sanità, rione di tenace identità oltre che popolare, territorio che si è imposto con una rinascita mentre la città-bene lo snobbava, il presidente dei 5S accarezza una risalita impensabile fino a quattro mesi fa. Merito della battaglia a oltranza per il Reddito di cittadinanza, certo, ma – assicura lui – non solo. La “crociata” del Movimento si concentra anche sulla difesa del Superbonus (che parla a fasce diverse di lavoratori e imprese) e sul contrasto radicale proprio all’autonomia (che attrae pezzi di ceto più strutturato). Ma Napoli segna la concentrazione più alta di titolari del sussidio – 440mila in città, sugli oltre 600 mila percettori della Campania – nella folla Roberto Fico riceve e passa a Conte un pamphlet di “Elogio” al sussidio scritto da un estimatore.

“Mai così tanto s’era tirata in ballo la questione meridionale come in questa battaglia”, osserva Carlo Calenda, arrivato nel capoluogo partenopeo con Matteo Renzi e Mara Carfagna, all’indomani della visita di Letta e alla vigilia dell’arrivo di Meloni. Il leader di Azione si sdegna della “riesumazione dei vecchi cliché dell’assistenzialismo”. Il Reddito, appunto. “Questi non sono soldi tuoi, ma degli imprenditori e dei lavoratori”, rinfaccia a Conte. Eppure al Sud 1,6 milioni di persone godono dell’assegno. Impossibile snobbarli. “Non abbiate paura”, prova a rassicurarli Meloni, che quell’assegno vuole strapparlo a chi può trovar lavoro. Si vedrà quanto peserà il fattore Reddito. Per ora pesa il fattore Sud.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.