La catastrofe mentale a sinistra l’origine della sconfitta

Paolo Griseri La Stampa 26 settembre 2022
 
Cacciari: “Siamo diventati fascisti? Una stupidaggine. Sinistra vittima di una catastrofe mentale”
 
Professor Cacciari, la destra radicale è il primo partito. Gli italiani sono diventati fascisti?
«Questa è una colossale stupidaggine».

 

Beh, si è sentita dire spesso in queste settimane: se vince la Meloni, vincono i fascisti…

«Ma, naturalmente, non è vero. Questo ragionamento è stato controproducente, come si è visto. La genesi del fascismo è lontanissima da oggi, nasceva da una crisi della democrazia, avveniva in un contesto molto diverso da quello dei giorni nostri. Quella che è stata proposta tra Fratelli d’Italia e il fascismo è stata una sovrapposizione impropria».

Però dentro Fratelli d’Italia ci sono i nostalgici del Ventennio, questo è innegabile…

«Questo è innegabile ma non è stato questo il motivo per cui gli italiani hanno votato quel partito. I nostalgici vengono tollerati come elemento identitario. Ma la Meloni sa che se solo provasse a mettere in pratica una delle ricette del Ventennio, gli italiani si ribellerebbero».

Eppure la crisi della democrazia c’era un secolo fa come oggi…

«Ma quella era la crisi della democrazia liberale. Il pericolo che corriamo oggi non ha più nulla a che fare con i totalitarismi. Quella che è entrata in crisi, e da trent’anni ormai, è la democrazia progressiva, nata in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Una democrazia che spingeva i popoli ad aumentare i propri diritti, ad allargare la base sociale di chi ne godeva, a migliorare le proprie condizioni di vita. Quando questo allargamento progressivo si è interrotto, è nata la rivolta dei populismi e dei sovranismi contro l’Europa. Perché da quel momento l’Europa non ha più saputo darsi un’identità politica e non ha più saputo avere una linea autonoma in politica estera».

Ce l’ha mai avuta quella linea?

«Certo che l’ha avuta. Negli anni Ottanta e Novanta quello dell’Europa era un ruolo di mediazione tra gli interessi delle grandi potenze militari. Serviva da punto di incontro. Oggi invece quell’identità si è persa. La linea dell’Europa in politica estera è oggi una posizione filo-atlantica, di adesione alla linea della Nato. Il ruolo che avevamo, di mediazione preventiva con la Russia, è completamente saltato».

Basta tutto questo a spiegare le rivolte sovraniste?

«Non basta. Ma spiega perché in un momento come questo l’idea stessa di Europa è entrata in crisi».

 

Perché di questa crisi la sinistra ha subito le conseguenze peggiori? Nella campagna elettorale italiana è sembrata quella più in difficoltà. Come mai?

«Dire che è apparsa in difficoltà è dire poco. Io sarei molto meno generoso: la sinistra italiana è entrata in totale confusione. La definirei una catastrofe mentale».

Ci può spiegare?

«Ma come? Si sostiene che il pericolo è quello del fascismo, cioè di un attacco eversivo allo Stato, e non si riesce a trovare il modo di combattere quel rischio tutti insieme?».

Ma, le diversità di programma, il diverso punto di vista sulle soluzioni economiche da adottare nei prossimi mesi… Non sono motivi sufficienti per spiegare le divisioni?

«Ma vogliamo scherzare? Si enuncia il pericolo del fascismo e ci si divide su queste cose? Ma quando in Italia il fascismo si è voluto combattere davvero, si sono uniti tutti. Nel Cln c’erano tutti, dai monarchici ai comunisti. Quale programma comune potevano avere quelli che sognavano il ritorno del re e quelli che sognavano la rivoluzione comunista? Eppure sono riusciti a fare fronte comune. Qui invece non c’è stata alcuna coerenza tra i pericoli denunciati e i comportamenti concreti sulle alleanze. Forse perché i pericoli non c’erano o non c’erano nella misura in cui si affermava che ci fossero. Così perdendo credibilità».

E adesso che cosa accadrà a sinistra?

«Attendiamo che nella notte si consolidino i risultati definitivi. Ma se davvero la somma dei voti di chi si oppone al centrodestra sarà superiore a quella dei voti dello stesso centrodestra, i vertici del centrosinistra dovrebbero solo tirarsi una cannonata sulle palle. Perché vuol dire che se ci si fosse messi tutti insieme si sarebbe potuto vincere».

Chi dovrebbe pagare di più?

«Credo che il gruppo dirigente del Pd dovrebbe fare un’analisi molto seria. Soprattutto, e questo gli exit poll non ce lo dicono, se il partito scenderà sotto il 20 per cento. Senza contare che un Pd al 17 e una Meloni al 27, per dire gli estremi delle due forchette, si tramuterebbe in un vero disastro per Letta».

In quel caso quale sarebbe la ricetta per uscire dalla crisi del centrosinistra?

«E che ne so? Non ho ricette. Soprattutto per malati che non ammettono nemmeno la malattia. Malati che non hanno saputo fare uno straccio di legge elettorale, pur sapendo a che cosa si andava incontro con il taglio del parlamentari e la legge attuale. Malati che dicono di aver governato benissimo tutti insieme e non sono in grado di trovare una linea comune per presentarsi agli elettori».

Quale avrebbe potuto essere una linea comune?

«Viva l’Europa, viva l’Occidente, viva l’America, no a Putin».

Ma i 5 stelle avrebbero accettato una linea del genere?

«Ma certo che l’avrebbero accettata».

Eppure hanno fatto cadere Draghi…

«La prima volta gli hanno votato contro ma la seconda erano disposti a sostenerlo».

E allora perché Draghi si è dimesso?

«Perché sapeva che con un governo che comprendeva anche la Lega sarebbe stato molto difficile affrontare la crisi economica ed energetica dei mesi che arriveranno».

Se la soglia per la crisi del Pd è il 20 per cento, qual è secondo lei la soglia critica per Giorgia Meloni?

«In teoria se Fratelli d’Italia dovesse andare sotto il 25%, potrebbe avere problemi dentro la coalizione di centrodestra. Ma con il risultato basso di Lega e Forza Italia, anche l’ipotesi che l’area moderata sia tentata di uscire dalla coalizione appare abbastanza remota. In questi casi bastano pochi punti percentuali per cambiare lo scenario politico».

Uno dei risultati meno attesi è quello dei 5 Stelle che, nonostante tutto, hanno ottenuto intorno al 15 per cento. La metà di quel che avevano ottenuto cinque anni fa ma più di quanto si prevedeva. Come si spiega?

«I Cinque stelle hanno fatto una buona campagna elettorale. Sono gli unici che hanno accennato a problemi reali come il calo dei redditi e la disoccupazione di chi ha meno di quarant’anni. Hanno recuperato voti anche tra gli elettori di sinistra, delusi fino alla disperazione. E lo hanno fatto portando nelle piazze un discorso che prendeva le distanze, un discorso non draghiano».

Ma come? Non abbiamo detto che a un certo punto Draghi lo avrebbero votato?

«Certo. Ma anche loro hanno imparato presto l’arte del trasformismo. Non possiamo fargliene una colpa. Nella politica italiana il trasformismo esiste da prima della prima guerra mondiale».

Ora il tema dell’opposizione è quale rapporto potrà esserci tra Pd e Cinquestelle. Secondo lei?

«Se i due principali partiti dell’opposizione si uniranno (come avrebbero dovuto fare, secondo me, fin dal 2018) allora ci sarà un riequilibrio e l’opposizione di centrosinistra potrà fronteggiare il governo di destra. Altrimenti non ci sarà speranza alcuna».

Ma i 5 stelle sono di sinistra? Non sembrano piuttosto una forza populista e peronista?

«Questo Pd è di sinistra? E Conte è davvero populista? Oggi Conte non può fare il populista. Se lo fa finisce, anche senza accorgersene, per entrare nell’area di governo».

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