Le sfide globali sono opportunità,  non fonti di ingiustizie.

Fabrizio Barca, Andrea Morniroli La Stampa 29 settembre 2022
 
Se la sinistra non sa ascoltare il Paese
Il centrodestra riparte con risultati simili al 1994 – circa 59% di parlamentari alla Camera, con il 43,9% dei voti, anziché il 46,4%, e ora in maggioranza anche al Senato – ma con tre grandi differenze rispetto ad allora: la potente trazione a destra, con un mix da dipanare di neoliberismo conservatore e autoritarismo sociale; un’opposizione frantumata e senza identità; il 36,2% di persone scorate al punto di non votare, contro solo 13,9% trenta anni fa, quasi un quarto in più di tutti noi.

 

Dietro questi tratti c’è un unico fattore: l’incapacità dei partiti di sinistra e centro-sinistra, al di là dell’abilità tattica di alcuni e inabilità di altri e dell’intelligenza e generosità di singole persone, di offrire una risposta alle disuguaglianze, alle paure, alle aspirazioni e idee di milioni di noi, di indicare come le sfide globali, ambientale e digitale, possano diventare opportunità e non fonti di ingiustizie.

Il più grande di quei partiti, il Pd, ne è la quintessenza. Ecco, l’abbandono di visioni del futuro, del ruolo principe della politica, nascondendosi assai spesso in una tecnica presentata come dogma indiscutibile (tipo i parametri di Maastricht, prima intoccabili anche spendendo bene, poi violabili anche spendendo male). La rinunzia a un ruolo autonomo sul fronte europeo e internazionale, avvalorando l’idea che non esista alternativa (neppure quando Pfizer ti vende a 16 euro una dose di vaccino che le costa, diciamo, 2 euro).

E poi – come abbiamo scritto con il Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD), commentando l’esito elettorale – “l’assenza di ascolto e dialogo con la vivacità del paese: con la capacità e il coraggio di visione, le pratiche, il metodo, le proposte di migliaia di esperienze del paese, nei campi dei servizi fondamentali, della cura delle persone e dell’ecosistema, dell’organizzazione e dignità del lavoro, dell’estro imprenditoriale, dell’uso giusto del digitale, della tutela dei diritti civili e della lotta a ogni forma di discriminazione e razzismo”. Questo vuoto di politica e di democrazia esiste da tempo e ha prodotto, come in tutto l’occidente, l’emergere di movimenti e moti diversi, alla ricerca di soluzioni per “ridare potere al popolo”.  già avvenuto nella storia, di fronte a grandi disuguaglianze, con esiti assai diversi.

Dopo la prima guerra mondiale: negli Usa, rigenerando il Partito democratico fino a produrre una straordinaria stagione di emancipazione; in Germania e Italia, degenerando nell’incubo identitario e nella dittatura. Da noi, negli ultimi dieci anni, ha preso strade altalenanti: il cantiere vivo del M5S, fatto di esperimenti democratici e fughe cesariste, di dialogo con il malessere e chiusura nel palazzo; il tentativo azzardato della Lega di costruire per il popolo un arroccamento identitario duplice, localistico e nazionale; l’aspirazione di FdI – da quanto è dato capire – di prendersi cura del popolo tentando di combinare la triplete “riscatto dell’identità nazionale”, “cura morale e sociale della famiglia e della micro-impresa” e “tutela delle persone dalla minaccia delle diversità” assieme alla rispettosa osservanza dei crismi del neoliberismo. Si noti che 54,4% era la quota di voto complessiva di questi tre partiti nel 2018, e 50,5% è oggi, quando l’aumento clamoroso delle astensioni indica che il risentimento e la rabbia di moltissime persone non sono appagate più neppure da questi tentativi.

Riempire di visione, proposte, dialogo sociale e “sperimentalismo democratico” il vuoto di politica e democrazia. Questa è, allora, la strada da prendere. Esiste una domanda forte – abbiamo scritto ancora noi del ForumDD – “di un «partito di giustizia sociale e ambientale» che non c’è, che sia permeabile al fermento sociale del paese, capace non solo di ascoltare i soggetti dell’impegno civico, sociale e imprenditoriale, ma di proporre loro luoghi democratici di condivisione di potere su visioni, contenuti e leadership, e, ancora, capace e coraggioso abbastanza da portare proposte radicali di cambiamento ai tavoli negoziali dell’Europa e internazionali”.

Perché il fermento sociale e imprenditoriale non basta certo. Senza di esso il paese sarebbe in ginocchio. Infatti, è quel terzo/metà del sistema di medie e medio-piccole imprese che innova e paga buoni salari a reggere la produttività e l’export del paese; sono alcune grandi e forti imprese pubbliche ben dirette, in solitudine da ogni indirizzo strategico di governo, che ci danno ancora vantaggio competitivo; è una parte grande del sistema associativo e dell’impresa sociale che assicura tenuta sociale e creatività solidale. E via dicendo. Sono i mattoni di uno sviluppo mirato alla giustizia sociale e ambientale con al centro le persone. Ma essi non generano una politica organizzata capace di tradurre i sentimenti della società in governo, politiche e azione. E’ il passo che serve. Ognuno se ne senta investito

Noi del ForumDD, come moltissime altre associazioni, reti e centri di ricerca e azione, contribuiremo camminando nel solco tracciato con ancor più lena: diagnosi; proposte concrete, radicali e rigorose; formazione degli agenti di cambiamento, privati, sociali e pubblici. E perseguendo con ancor più forza una strategia di alleanze.

Alleanze di scopo per realizzare specifici obiettivi, lo strumento primario con cui fin qui abbiamo ottenuto risultati. Alleanze per alzare il volume della voce, come avverrà con tanti altri in piazza il prossimo 5 novembre, attorno a obiettivi di lavoro, servizi sociali, diritti delle donne, lotta alle mafie e trasformazione ecologica. Alleanze di persone di buona volontà, anche per sospingere i partiti di opposizione tutti a prendersi i tempi lunghi di un confronto interno acceso sui contenuti, non su cordate personali precostituite, che, aprendosi all’esterno e rimettendosi anche in radicale discussione, riconosca l’esistenza di diagnosi e proposte assai diverse, dia loro corpo, tenti compromessi alti, e poi scelga. Alleanze e rapporti con elette ed eletti che, forti di effettiva autonomia, si apprestino a ridare forza al Parlamento come luogo di costruzione legislativa, sapendo che il compito assai difficile del futuro governo, vista la fase e la molteplicità di anime – difficoltà di cui il gruppo dirigente di FdI appare consapevole – aprirà in Parlamento opportunità di confronto. Opportunità di scrivere norme giuste o meno sbagliate, non certo – niente equivoci – di fare saltare il governo per costruire pastoni irricevibili. Al lavoro, dunque.

 

*Forum Disuguaglianze e Diversità

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