Maria Berlinguer La Stampa 29 settembre 2022
Aboubakar Soumahoro: “La sinistra torni alla origini, tra i “cafoni” e le “cafone” ha radici la nostra lotta”
«Sono qui tra i braccianti e gli agricoltori da anni messi in ginocchio dalla grande distribuzione dei giganti del cibo, è nella terra di Di Vittorio che si lotta per la dignità del lavoro a livello nazionale»
È tornato nelle campagne del foggiano perché la sua lotta, una battaglia collettiva ci tiene a ribadirlo, è cominciata da lì, dalla difesa dei braccianti. E per Aboubakar Soumahoro, appena eletto con l’Alleanza verdi sinistra alla Camera, la politica non ha senso se non ritrova la connessione sentimentale con il popolo. «Sono qui tra i braccianti e gli agricoltori da anni messi in ginocchio dalla grande distribuzione dei giganti del cibo, è nella terra di Di Vittorio e dei cafoni e delle cafone che ha radici la nostra lotta per la dignità del lavoro a livello nazionale».
Cosa è mancato a sinistra? Perché tanta parte di lavoratori le hanno voltato le spalle?
«Bisogna tornare strada per strada casa per casa, campagna per campagna, mettersi all’ascolto dei desideri e della volontà delle persone. Dobbiamo tornare alle radici per dare un senso alla politica che in questi anni si è allontanata dai bisogni, dai sogni e dalle sofferenze della gente. La rincorsa verso i nuovismi ha fatto perdere le radici e l’identità alla sinistra. Per tornare alle proprie identità bisogna immedesimarsi nelle sofferenze dei giovani, nella precarietà che affligge oltre 4 milioni di persone. Bisogna avere la capacità di trasformare la vergogna della disparità salariale di genere senza aspettare l’8 marzo per fare dichiarazioni di circostanza, bisogna avere la capacità di guardare al paese profondo compresi gli imprenditori che devono affrontare la burrasca del caro bollette. La sinistra è sinistra quando torna ad abbracciare questi temi, si deve mettere all’ascolto per trasformare queste disperazioni in speranza, questo è quello che dobbiamo tornare ad essere».
Da dove si ricomincia?
«Basta con gli egocentrismi. Abbracciamo il noi della condivisione, il noi collettivo della pluralità che si deve trasformare nell’unità di persone diverse ma che condividono le stesse speranze anche nel buio del contesto attuale. Dare una speranza. In queste ore la comunità lgbt+ mi ha espresso preoccupazione per lo smantellamento dei diritti, lo stesso hanno fatto i tanti giovani che ho incontrato in questa campagna elettorale e che vivono il dramma dell’eco ansia per la crisi climatica. E’ una marea di persone che mi esprimono la loro preoccupazione perché ha vinto una destra che ha una visione di società che dà la caccia alle persone impoverite e diverse. Dobbiamo rafforzare l’opposizione dentro il Parlamento cosa che faremo con fermezza e determinazione ma con una connessione sentimentale e fisica a tutta la società. Come si fa ad avere una connessione sentimentale con la popolazione quando non si vive il loro quotidiano?»
In che senso?
«Questa mattina ero sul pullman e c’era una signora seduta accanto a me. Lei è Aboubakar? Mi chiede. Levo la mascherina, e mi dice è la prima volta in tutta la vita che incontra un parlamentare seduto su un mezzo di trasporto pubblico. Ecco prendere i mezzi dovrebbe essere la normalità altrimenti come si fa a capire il dramma dei pendolari e del trasporto pubblico? Quando dico connessione sentimentale parlo di questo. La politica in questi anni si è dissociata da questa dimensione rincorrendo il nuovismo, dobbiamo ritornare alla centralità della parola popolare che non vuol dire populismo».
Lei ha avuto una vita difficile. Mi ha raccontato di aver anche dormito per strada quando è arrivato in Italia. La sua sembra la parabola di uno su mille ce la fa.
«I traguardi possono arrivare solo attraverso il noi. A tredici anni lustravo le scarpe e ogni scarpa che lustravo e vedevo brillare mi faceva sognare. Strada facendo ho incontrato tante persone che sognavano insieme a me e vivevano il dramma della miseria e dello sfruttamento. Persone che hanno vissuto tante discriminazioni. Guardandoci negli occhi abbiamo capito di avere gli stessi sogni ragione per la quale il noi è il nostro punto di riferimento. Da soli non si va lontano. La politica deve tornare a usare la parola noi. Porteremo sogni e speranze di questo noi dentro il Parlamento dove le partigiane e i partigiani hanno dato sostanza alla nostra carta costituzionale e noi saremo a presidiare il rispetto dei valori della Costituzione in Parlamento. Non arretreremo di un millimetro là dove si dovesse toccare questi valori. Non dimenticando la tragedia di chi non riesce a mangiare a pranzo».
Su che temi si impegnerà in Parlamento?
«Ci batteremo per la difesa dei diritti e per dare speranza a chi non ce la fa. Diritti civili e diritti sociali devono andare insieme nessuno può immaginare di lottare per i diritti della comunità lgbt+ mentre le stesse persone vivono il dramma del lavoro povero. L’ascolto oggi è diventato un esercizio di resistenza.
Ci batteremo per difendere i braccianti e le piccole imprese, 740mila aziende agricole e 4 milioni di lavoratrici e lavoratori, puntando sulla patente del cibo per consentire ai cittadini di mangiare un cibo eticamente sano, senza sfruttamento, per un’agricoltura che sia capace di rispettare l’ambiente. Questa sarà una delle nostre prime battaglie in Parlamento insieme a quella per il salario minimo e al reddito di esistenza ,dobbiamo dare a tutte le persone una soglia minima di dignità umana. Reddito di esistenza non di cittadinanza. La nostra proposta è non sia subordinato al lavoro. E ci batteremo per il salario minimo e un’adeguata remunerazione».