La Germania vuole solo i vantaggi dell’Unione Europea

 

Claudio Tito La Repubblica 1 ottobre 2022
 
Tetto al prezzo del gas, resta il veto tedesco. Ue vicina alla rottura sulla crisi energetica
 
La Commissione formulerà a giorni una nuova proposta. Via libera all’accordo sul taglio del 5 per cento dei consumi nelle ore di punta

 

L’Ue si spacca sulla crisi del gas. Con l’aggravante che la Germania ha deciso di agire per conto proprio con un fondo da 200 miliardi. Un vero colpo all’Unione. Con i 27 costretti a muoversi singolarmente. Come accadde due anni fa all’inizio della pandemia.

Ieri, il Consiglio dei ministri dell’energia ha assunto decisioni operative solo sui risparmi. Di certo non sul tetto al prezzo al gas. Tutto rinviato, nel migliore dei casi, alla prossima settimana. Anche se più probabilmente si dovrà aspettare il vertice del 20 ottobre. Per martedì è attesa dai governi una nuova proposta della Commissione. Ma difficilmente sarà un “piano di azione”. Prendere tempo in questa fase, però, significa perdere tempo. La presidenza di turno della Repubblica Ceca ha chiesto un’accelerazione. Il punto è che la Germania non intende compiere ora alcun passo. Spalleggiata dalla fida Olanda che anche ieri ha parlato in maniera sprezzante della proposta di 15 partner – tra cui Italia e Francia – di fissare un “price cap” sugli acquisti di gas naturale.

Per di più Berlino ha voluto fare da sola. Il fondo da 200 miliardi stanziato dal governo del cancelliere Olaf Scholz significa aiutare i cittadini e le imprese tedesche, distorcendo la concorrenza europea. Scholz preferisce pagare di più le forniture senza correre il rischio di comprometterle, per non creare difficoltà alle fabbriche tedesche. Una misura legittima ma poco europeista. Un tema che ieri diversi ministri dell’energia hanno sollevato con forza. La risposta della Commissione è stata imbarazzata e burocratica: «Spetta agli Stati membri valutare se una misura specifica comporta aiuti di Stato» e nel caso «deve essere notificata alla Commissione».

La notizia del piano tedesco, ha ammesso Stefano Grassi capo di gabinetto della Commissaria all’energia Simson, «è stata inusuale nei tempi, e anche se legittima mostra chiaramente che ogni misura nazionale è insufficiente e iniqua. In molti oggi al Consiglio Ue hanno echeggiato le dichiarazioni del presidente del Consiglio Draghi». Il premier italiano aveva criticato l’altro ieri con asprezza la scelta di Scholz. Il Commissario italiano agli Affari economici, Paolo Gentiloni, è stato altrettanto duro: «Non possiamo pensare che di fronte a una crisi di questo genere che riguarda tutti ciascuno risponda per sé magari misurando la propria risposta sulla base dello spazio fiscale, dello spazio di bilancio. È la logica che abbiamo evitato durante la pandemia». Un concetto analogo espresso anche dal presidente del consiglio europeo, Charles Michel: «Ora va sviluppata una nuova Unione europea dell’energia».

Tra diversi Stati membri inizia quindi a farsi largo il sospetto che solo quando la Germania riceverà uno scossone e capirà che anche i suoi interessi possono essere colpiti se il resto d’Europa non riesce a reagire efficacemente, sarà possibile procedere unitariamente. L’unico passo avanti è stata la disponibilità tedesca a creare un “tavolo” degli otto paesi energivori (Germania, Francia, Italia, Spagna, Belgio, Polonia, Olanda e Grecia) per studiare il tetto al prezzo del gas. Questi otto si sono visti prima del Consiglio e si vedranno lunedì in videoconferenza. Una procedura ben poco “europea”. E che per il momento ha prodotto l’ipotesi di introdurre non un “limite” fisso ma variabile: una sorta di forchetta entro cui si muoverebbe la quotazione del gas.

«Il tetto al prezzo del gas – è la fredda risposta del ministro tedesco dell’Economia Robert Habeck – può essere applicato solo se si dice cosa succede se non arriva abbastanza gas in Europa. L’unica risposta che sento sempre è che la carenza sarà redistribuita su tutta Europa. Ma non credo che possa essere tollerato, porterebbe l’Europa ai suoi limiti, probabilmente alla sua fine».

Alla fine l’accordo ieri è stato solo sulla tassa di solidarieta sugli extraprofitti e sui risparmi: 5 per cento obbligatorio di consumi in meno nell’arco di quattro mesi e nelle ore di punta.

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