Spesa effettiva, il PNRR arriva al banco di prova più importante

 

Valentina Conte La Repubblica 6 ottobre 2022
 
Obiettivi centrati, ma spesa lenta. Il Pnrr fatica ad arrivare a terra
 
Nel 2022 investiremo solo 15 miliardi dei 29,4 previsti ad aprile nel Documento di economia e finanza

 

Un cronoprogramma perfetto, ma la spesa dei fondi Pnrr dimezzata. Almeno rispetto alle previsioni: solo 15 miliardi su 29,4 nel 2022. Il governo Draghi lascia in eredità al governo di centrodestra un ruolino di marcia impeccabile sul Recovery, con tutte le scadenze rispettate per obiettivi e riforme centrati, addirittura 21 anticipati dei 55 dell’ultimo trimestre. Altri 8 in arrivo entro ottobre.

C’è soprattutto il via libera dell’Europa a due rate da 42 miliardi, oltre al prefinanziamento da 24,9 miliardi su un piano che vale complessivamente 191,5 miliardi di fondi Ue, tra prestiti e sovvenzioni, da utilizzare entro il 2026 per spingere la transizione ecologica e quella digitale dell’Italia. Eppure una tabella della Nadef preoccupa il futuro esecutivo e la premier in pectore Giorgia Meloni.

Spesa troppo lenta

Questa tabella dice che sì, siamo a posto con i compiti a casa. Ma se ci facciamo la domanda: “A che punto siamo con la spesa del Pnrr? Quanto abbiamo effettivamente speso, in cosa e dove?”, la risposta è parziale. Quest’anno spenderemo – si legge nella Nota di aggiornamento al Def – 15 miliardi dei 29,4 previsti in aprile nel Def, il Documento di economia e finanza.

Nella premessa del documento, inviato al Parlamento a fine settembre, il ministro dell’Economia Daniele Franco scrive che, considerando anche 2020 e 2021, “circa 21 miliardi saranno effettivamente spesi entro la fine di quest’anno”. E dunque “restano circa 170 miliardi da spendere nei prossimi tre anni e mezzo, un volume di risorse imponenti”.

Le cause del ritardo

Il ministro attribuisce il “ritardato avvio di alcuni progetti” soprattutto all'”impennata dei costi delle opere pubbliche” e ai “tempi di adattamento alle procedure innovative del Pnrr”. Il caro materiali in effetti ha bloccato alcuni importanti progetti di Rfi, Ferrovie italiane, ad esempio. E molte amministrazioni ancora non hanno preso la mano con i meccanismi del Piano, non tutti immediati.

Nulla si dice però nella Nadef sulla destinazione di questi 15 miliardi. Come sono stati spesi, dove sono andati e andranno, su quali progetti concreti. Ieri si è riunita la cabina di regia del Pnrr a Palazzo Chigi, per esaminare la seconda relazione al Parlamento sul Pnrr. Nel documento, molto atteso, potrebbero trovare una risposta i quesiti sulla spesa.

Siamo davvero indietro?

La tabella della Nadef, per ora, parla chiaro. Anzi, i ritardi della spesa si registreranno anche nel 2023 e 2024, per recuperare poi velocità nell’ultimo biennio del Piano. Nel 2025 le previsioni della Nadef dicono che spenderemo 6 miliardi in più (47,7 in totale). Nel 2026, ultimo anno del Pnrr, ben 10,5 miliardi in più (35,9 miliardi). Una fonte del governo spiega però che questo dinamismo spostato sulla coda finale del maxi Piano è anche normale.

All’inizio si fanno bandi, gare, aggiudicazioni. Poi si inizia a spendere e rendicontare. Attenzione poi: le regole del Pnrr sono diverse da quelle dei “normali” fondi strutturali Ue. Per ottenere le risorse non si devono mandare gli “scontrini” a Bruxelles, a progetto fatto e finito. Conta “il numero di obiettivi e traguardi raggiunti alla fine di ciascun semestre”, ha ricordato ieri il premier Draghi in cabina di regia. “Siamo pienamente soddisfatti dei risultati raggiunti”.

I conti però non tornano

Il premier uscente sostiene che “non ci sono ritardi, nell’attuazione del Pnrr: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi”. Vero, perché questo è il meccanismo del Pnrr. Ma la trasparenza sulla spesa effettiva dei fondi fin qui è mancata. Nel secondo rapporto al Parlamento la nebbia dovrebbe diradarsi. Con una sorpresa però: la spesa effettiva sarà ancora più bassa dei 15 miliardi indicati dalla Nadef:  obiettivo, come detto, già di suo dimezzato.

E questo non solo perché mancano ancora tre mesi alla fine dell’anno. Ma anche perché, spiegano i tecnici, la banca dati Regis – che conterrà tutte le spese effettive, i cantieri rendicontati, le scuole costruite, gli edifici pubblici efficientati, etc – ancora non è del tutto “popolata”. Ovvero ancora non contiene tutti i famosi “scontrini”.

Si ammette però che le previsioni di spesa forse erano “sovrastimate”, nei primi anni del Piano. E “sottostimate” negli ultimi. Un “disallineamento tecnico”, insomma, tra stime e realtà. Non un ritardo nella spesa. Eppure anche i 50 miliardi di progetti “vecchi” resuscitati per il Pnrr – citati da Franco a febbraio in audizione – sono attuati solo in parte.

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