L’Economia per Meloni è un buco nero, ma è tutto in alto mare

Tommaso Ciriaco La Repubblica 10 ottobre 2022
Totoministri, il no di Scannapieco dopo Panetta: l’Economia per Meloni è un buco nero
La leader ora pensa a Giorgetti, ma Salvini prende tempo. Scontro sul Senato e su Ronzulli Berlusconi non molla: “Giorgia, elencami gli statisti del tuo partito”


Per dire del clima: da qualche ora, Giorgia Meloni ha chiesto di congelare la chat dei parlamentari. Silenzio radio, si salvi chi può. Mancano tre giorni alle prime votazioni sulle Presidenze delle Camere, neanche mezzo dossier può dirsi chiuso. In compenso, i rifiuti dei “competenti” si sommano ad ambizioni che non possono essere soddisfatte. L’Economia, in particolare, è un incubo: dopo il no di Fabio Panetta, è arrivato quello di Dario Scannapieco. E la leader non sa come uscire dallo stallo. Ha promesso un governo dei migliori, rischia di smarrirsi tra i corridoi di Arcore. Si gioca molto, non può mediare. Altrimenti, ha chiarito nei colloqui riservati, “perdiamo tutti la faccia”.

L’incubo Economia
L’Economia, allora. La fotografia dello stallo. Il nodo dei nodi. Tutti vorrebbero Fabio Panetta. Meloni spera nella sponda del Colle per convincerlo, lo considera il pass obbligato per i mercati e l’Europa. Lui, però, fa sapere di non essere interessato. Non intende sguarnire il board della Bce, e questa è cosa nota. Pare però che a rafforzare il rifiuto sia stato anche il pensiero di dover gestire il ministero più importante confrontandosi con le richieste di flat tax che la Lega di Salvini reclama. Va bene un salto nei buio, ma con le mani legate è davvero troppo. Anche Scannapieco si sta tirando indietro. Meloni, allarmata, ha chiesto aiuto alla Lega: come ne usciamo? È spuntato Giancarlo Giorgetti. Sul cui nome, però, Salvini ha preso tempo.

Che cosa sono i ministri tecnici

Fosse solo il Tesoro, il problema. Un sentiero meno battuto conduce a Giulio Tremonti. Il super ministro non sarà ministro. Eppure, conterà tantissimo a capo della commissione Bilancio della Camera. Controllerà da lì la manovra, a meno che il Carroccio non provi a contrapporgli Giorgetti. Potrebbe gestire la Finanziaria con un altro potenziale ministro dell’Economia che conosce bene: Domenico Siniscalco. Fecero staffetta per due volte alla guida del Tesoro. E non fu un passaggio di consegne sereno, diciamo.

Lo scoglio Ronzulli
Il nodo politico che logora i rapporti tra alleati è però quello di Licia Ronzulli. Silvio Berlusconi la pretende in squadra. Meloni gli ha spiegato che non potrà garantirgli uno dei ministeri immaginati per la sua senatrice: Istruzione, Agricoltura o Sanità (dove si ipotizzano anche Guido Bertolaso e il preside della facoltà di Medicina del Gemelli, Rocco Bellantone). La leader è disposta ad assegnare a Ronzulli un dicastero di seconda fascia, o un posto da viceministro. Il Cavaliere, ad Arcore, ha perso la calma: “Fammi la cortesia di ricordarmi tutti gli statisti del tuo partito che avresti in mente per il governo. Elencameli uno a uno, per cortesia!”. Il duello ha assunto un peso politico enorme. Se Meloni cede, parte debole. Se resiste, guadagna nuovi, pericolosi nemici interni.
Un po’ come con Matteo Salvini, in fondo. Voleva gli Interni: respinto. L’Agricoltura, ma con l’incarico di vicepremier: non se ne parla, Meloni preferirebbe evitare un vice al suo fianco (o, comunque, non avere lui come numero due). Il leghista ha rilanciato con le Infrastrutture, da cui dipende la Guardia Costiera. Se Meloni accetta, lascia il controllo dell’immigrazione che arriva via mare al segretario del Carroccio. Se non qui, allora, dove? Al numero uno della Lega non dispiacerebbe il ministero per lo Sviluppo economico, ma anche qui non mancano i dubbi della prossima premier. La quale, nel frattempo, pretende di avere in squadra Maurizio Lupi ai Rapporti con il Parlamento. Nonostante alcuni mugugni degli alleati.

Il derby per la presidenza del Senato
Ci sono più derby in questa maggioranza che a Londra, con le sue sette squadre in Premier League. Il più caldo, in queste ore, è quello per la presidenza del Senato: Fratelli d’Italia vuole Ignazio La Russa, la Lega spinge per Roberto Calderoli. Nessuno frena, giovedì si vota e serviranno altri summit tra leader (già domani, pare) per non finire nelle secche. Anche perché dall’esito del ballottaggio dipende la sfida per la presidenza della Camera, dove sono in gioco Fabio Rampelli e il leghista Riccardo Molinari. L’altra partita di peso è per la Giustizia. Meloni pensa da tempo a Carlo Nordio, Berlusconi ha rilanciato con Francesco Sisto (glielo ha promesso, pare), la leader di FdI si è messa di traverso ed è spuntata Maria Elisabetta Casellati.

Tajani in pole agli Esteri
Agli Esteri, invece, Antonio Tajani sembra in pole position. Sembra, perché se invece Meloni dovesse confermare la strategia dei tecnici nei ruoli chiave – Interni, Economia, Difesa e, appunto, Farnesina – allora potrebbe spuntarla l’attuale capo del Dis Elisabetta Belloni. La Difesa, si diceva: un’altra spina. Ci credono in molti: Guido Crosetto e Adolfo Urso, ma anche Tajani. Un po’ come nell’altro derby caldo di queste ore, quello per gli Interni: c’è il prefetto di Roma Matteo Piantedosi – che fu capo di gabinetto di Salvini al Viminale – ma anche Giulia Bongiorno. Decide Meloni. E peserà il Colle.

Servizi e sottosegretariato alla Presidenza
Per le ultime due caselle, infine, Meloni ha bisogno di nomi fidati. A gestire la delega ai Servizi potrebbero essere La Russa, Crosetto o Giampiero Massolo. Come sottosegretario alla Presidenza ci sono sempre Crosetto e La Russa, ma anche un terzo nome al momento nettamente favorito: Giovanbattista Fazzolari. La leader nel suo libro scrive: “Non ricordo un solo momento difficile della mia vita in cui non fosse lui al mio fianco”. Nel frattempo, spende il week end al Nord, con la famiglia. Per rifiatare. Come darle torto.

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