Meloni furiosa con Berlusconi, nessun ricatto, ha i numeri per farlo

Paola Di Caro Corriere della Sera 15 ottobre 2022
Meloni furiosa con Berlusconi: «Strappo gravissimo, io non sono ricattabile»
In Fratelli d’Italia l’idea di escludere dai posti di governo i senatori di FI che non hanno votato La Russa. Crosetto: chi ha nulla da difendere se non la dignità è più forte

 

È furiosa.
Il non voto di Forza Italia a La Russa, sommato agli appunti in cui Silvio Berlusconi le imputa un atteggiamento «supponente, prepotente, arrogante, offensivo», rappresentano uno strappo gravissimo per Giorgia Meloni. Che al termine di una giornata in cui ha incassato comunque un’altra vittoria — l’elezione di Lorenzo Fontana a presidente della Camera —, una giornata che sembrava utile a far «raffreddare gli animi» in vista di un chiarimento nei prossimi giorni (ieri nessun contatto tra lei e il Cavaliere), decide invece di commentare con inusitata durezza, ai microfoni di La7 : «Mi pare che mancasse un punto però a quelli elencati da Berlusconi, che non sono ricattabile». Con chiosa poco dopo su Twitter di Guido Crosetto: «Quando qualcuno non ha null’altro da difendere se non la propria dignità, è più forte di chiunque altro». Altri insomma — sembra dire — difendono valori meno nobili.

Mai, nonostante i rapporti siano ormai al minimo storico, i due duellanti avevano usato espressioni così forti l’uno contro l’altro pubblicamente. I retroscena giornalistici pullulavano di ricostruzioni che riportavano l’ira dell’uno e dell’altra, ma le parole di Meloni al microfono, pronunciate con rabbia vera, rischiano di scavare un solco. Quanto colmabile, in che tempi, a che prezzo, si vedrà nei prossimi, difficili giorni.

D’altra parte, per tutta la giornata il messaggio è stato chiaro: «Io vado avanti sulla mia strada, non mi faccio piegare, non mi faccio imporre nulla. So quello che devo fare e come farlo, nei prossimi terribili mesi che ci aspettano, e sarà decisivo iniziare bene se vogliamo durare. Ma posso farlo solo con una squadra coesa, di gente capace, su cui posso contare e di cui posso fidarmi. Altrimenti inutile anche solo cominciare».

Un avvertimento in piena regola, di chi sa che si gioca la partita della vita e che non vuole pesi sulle ali, ma il bastone del comando. Perché, è il suo pensiero, è finita l’epoca in cui era Berlusconi a comandare e a dare le carte. Ora i pesi e i tempi sono enormemente diversi. Se ne facciano una ragione, è il senso del suo aut aut: anche se in FI non vogliono riconoscere la sua leadership (addirittura «non votando La Russa, che rappresenta anche me»), il capo della coalizione oggi è lei, l’unico premier possibile è lei, e alle sue regole si dovrà stare. Regole che ha voluto chiarire all’inizio del viaggio, non in corso.

Da qui la sua forzatura sulle elezioni dei presidenti delle Camere, che avrebbero dovuto rappresentare la cartina di tornasole dello stato della sua maggioranza. Salvini lo ha capito, siglando con lei un accordo che lo soddisfa e rinunciando a fare asse con Berlusconi. FI no. E il foglietto del Cavaliere che diventa una sorta di dichiarazione pubblica va immediatamente respinto al mittente, così come le richieste dell’alleato che lei non vuole soddisfare.

In una giornata scandita da riunioni, studio dei dossier e un incontro con il ministro della Transizione ecologica Cingolani, è emersa una possibile linea: escludere tutti coloro che non hanno votato La Russa al Senato. Praticamente quasi l’intero stato maggiore di FI, escluso Tajani (deputato, e fautore di una linea più morbida) che sarà ministro degli Esteri: «Chi non ha votato al Senato ora è molto meno gradito di prima e per questi le possibilità sono drasticamente diminuite», confermano i bene informati di FdI. Una mossa che, se portata avanti davvero, da Villa Grande sarebbe considerata assolutamente ostile: «Non potremmo mai accettarla, voteremmo contro il governo. Non può essere lei a scegliere i nomi dei nostri ministri».

E quindi? «Li vogliamo vedere — dice uno dei big di FdI — i senatori di FI immolarsi a petto nudo contro le baionette al grido Ronzulli o morte! Gasparri o elezioni!». FI, si ragiona, potrebbe spaccarsi, con solo una piccola parte di irriducibili sulle barricate e quella più grande magari pronta a confluire in un gruppo centrista: Lollobrigida e Cesa avrebbero parlato dell’ipotesi di formarlo. Se invece Berlusconi e i suoi «tornano ragionevoli», allora — dicono in FdI — si può «ricominciare a parlare di tutto». Lo spiraglio c’è ancora, il tempo meno. Saranno ore decisive.

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