Zingaretti e Appendino vice presidenti, accordo Pd M5S?

Lorenzo De Cicco La Repubblica 16 ottobre 2022
Vicepresidenze, contatti Pd-5S. Dubbi dem su Zan anti-Fontana. Tra i grillini, Appendino in pole
Nicola Zingaretti, governatore uscente del Lazio (Pd) è in lizza per la vicepresidenza della Camera. L’ex sindaca di Torino Chiara Appendino (M5S) è la favorita tra i grillini per la vicepresidenza di Montecitorio

 

Enrico Letta e Giuseppe Conte ancora non si vedono e non si sentono. Ma c’è pur sempre una trattativa da imbastire. Va trovata la quadra per le vice-presidenze delle Camere (quattro) che spettano all’opposizione. Il gong suona mercoledì, quando a Montecitorio e a Palazzo Madama tornano a riunirsi i parlamentari. Si parlano, allora, Michele Gubitosa, uno dei 5 vicepresidenti M5S, e il lettiano di ferro Marco Meloni, neo-senatore. E discutono, un po’ distaccati, col sospetto reciproco che l’accordo possa saltare da un momento all’altro, il capogruppo uscente dei grillini, Francesco Silvestri, e la parigrado dem Debora Serracchiani. Da entrambe le sponde, sia nel Pd che nel M5S, tutti escludono concessioni al Terzo Polo. Almeno in questa prima batteria di nomine. Due vice-presidenti a testa, uno al Senato e uno alla Camera, dovrebbero spettare a democratici e 5 Stelle, che hanno preso oltre il doppio dei voti rispetto ai calendiani. L’unica variabile è la Commissione d’inchiesta sugli acquisti del Covid, promessa da Meloni in campagna elettorale e ritirata fuori, con minaccia allegata ai giallorossi, da Renzi per sparigliare.

Per la Camera, nel Pd si dibatte sulla carta Alessandro Zan, padre del ddl sull’omotransfobia. La mossa a Letta non dispiace. Supererebbe i veti incrociati fra correnti. E politicizzerebbe ulteriormente la contestazione a Lorenzo Fontana. Il problema è che, appena circolata come indiscrezione nelle agenzie stampa, l’ipotesi Zan è già diventata oggetto di obiezioni e riserve nelle stesse truppe degli eletti dem. Tutti riconoscono al deputato veneto l’impegno nelle battaglie Lgbt, ma più d’uno storce il naso all’idea di vederlo sul secondo scranno più alto di Montecitorio. A quel ruolo nel Pd molti vedrebbero meglio Nicola Zingaretti, che tra qualche giorno si dimetterà da governatore del Lazio. O proprio Serracchiani, che a quel punto lascerebbe il ruolo di capogruppo ad Anna Ascani. Per il Senato, salgono le quotazioni di Anna Rossomando (corrente di sinistra di Andrea Orlando), più defilata Simona Malpezzi. Che potrebbe perdere anche il ruolo di capogruppo, dato che la sua area, Base Riformista, dovrebbe già esprimere il presidente del Copasir, con il ministro uscente Lorenzo Guerini. Valeria Valente a quel punto potrebbe prendere le redini del gruppo a Palazzo Madama.
Tra i 5 Stelle, le cariche dovrebbero essere messe ai voti. Tanti aspirano al ruolo di vice-presidente, che oltre allo status, porta con sé un’indennità aggiuntiva e uno staff maggiorato rispetto a quello di semplice peone. Per la Camera, la favorita è Chiara Appendino, contiana. Ma potrebbe essere in corsa l’ex ministro Sergio Costa, tendenza Roberto Fico. O un’altra contiana, Vittoria Baldino. Capogruppo a Montecitorio rimarrà con buona probabilità Silvestri, fedelissimo dell’ex premier. Al Senato, in pole è Stefano Patuanelli, apprezzato anche dai dem (ai tempi del campo largo si auto-definiva il “trattino di unione tra M5S e Pd”). Ma il suo è un nome spendibile anche per la Vigilanza Rai. L’alternativa come vice di La Russa è Mariolina Castellone, che però Conte vorrebbe confermare capogruppo.
In maggioranza, FI è rimasta a bocca asciutta sulle presidenze delle Camere e chiede un’adeguata compensazione. Ha in pista Giorgio Mulè ed Alessandro Cattaneo, se non otterranno ruoli di governo. FdI vorrebbe Edmondo Cirielli o Tommaso Foti. Al Senato, il Carroccio dovrebbe puntare su Andrea Ostellari, mentre in FI si fa il nome di Maurizio Gasparri. Difficile Licia Ronzulli, che dovrebbe essere votata anche da FdI, dopo lo strappo su La Russa. Quasi certamente sarà dirottata sul ruolo di capogruppo.

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