Le 3 sinistre possono fare solo accordi elettorali

Domenico De Masi il Fatto Quotidiano 16 ottobre 2022
 
La sinistra ha 3 anime, la fusione è impossibile
 
L’avvento del primo governo di destra nella storia repubblicana ha riacceso la discussione sulla validità della dicotomia destra-sinistra. Il fatto è che non solo queste due categorie esistono, ma che già da molto tempo ci sono più destre e più sinistre.

Era l’8 maggio 1789 quando, per facilitare la conta dei votanti su due proposte rivali – una avanzata da Mirabeau per il Terzo Stato, l’altra da Maluet per i monarchici – l’Assemblea costituente francese fu invitata a suddividersi: quelli che preferivano la mozione di Mirabeau si sarebbero raccolti a sinistra e quelli che concordavano con Malouet sarebbero passati a destra. Durante i tre anni successivi in entrambe le parti iniziarono quelle scissioni che non sarebbero cessate mai più: la “estremità sinistra della parte sinistra” se ne andò per i fatti suoi e altrettanto fece a destra la “estremità della parte destra”. In pochi anni si manifestarono tutti i trasformismi possibili: la sinistra si scisse dall’estrema sinistra e si alleò con la destra; la destra si svuotò e andò a gonfiare il centro; si formano tre sinistre e poi tre destre.

Questo gioco politico di scissioni, alleanze e fusioni è continuato fino ai giorni nostri. Nel 1948, alle prime elezioni politiche dell’Italia repubblicana, erano in gara tre sinistre (il Partito comunista di Togliatti, il Partito socialista di Nenni, l’Unità socialista di Saragat) che insieme ottennero il 38% dei voti, e tre destre (il Partito nazionale monarchico di Covelli, il Movimento sociale italiano di Almirante e il Blocco nazionale di Roberto Lucifero d’Aprigliano) che insieme ottennero i19% dei voti. Oggi, 74 anni dopo, i rapporti di forza si sono invertiti e le elezioni sono state vinte da tre partiti di destra (FI, Legae Fdl) che hanno messo insieme il 43% dei voti lasciando la sinistra a leccarsi le ferite e a cercare una condivisa delimitazione del suo perimetro.

OGGI LA SINISTRA è tentata dall’interclassismo, dubita che esistano ancora le classi sociali, ripudia i concetti di rivoluzione e di lotta di classe, si destreggia tra sottili sfumature come socialdemocrazia, socialismo democratico, liberal democrazia, socialismo liberale, socialismo libertario, liberal socialismo, liberismo sociale, socio liberismo, liberismo di sinistra, liberismo progressista, cristianesimo sociale, alleanza socialdemocratica, anarco-comunismo,  geo libertarismo, anarchismo collettivista, terza via, e altro ancora.

La storia della sinistra, dunque, esclude che il suo popolo possa marciare unito e certifica lo smacco di qualsiasi sforzo tentato finora per mettere insieme le sue anime. Che sono almeno tre, tutte presenti nell’attuale scenario della politica italiana. Vi è l’anima di coloro che si rapportano tenacemente alle origini del movimento proletario, ne ripassano devotamente la letteratura, ne rispettano lo spirito in modo ortodosso e ne applicano i metodi in modo radicale. Il limite di questi “compagni” sta nell’inclinazione a frammentarsi in sottogruppi, ma De Magistris  è riuscito miracolosamente a convogliarne tre o quattro in Unione popolare e non è escluso che riesca ad attrarne altri ancora.

Comunque, con la sua tenace ricerca di autenticità, questa parte della sinistra svolge un utile ruolo di elaborazione teorica e di vigilanza creando un baluardo contro eventuali sbandamenti verso posizioni neoliberiste.

La seconda anima della sinistra è di coloro che aderiscono istintivamente ai suoi principi, ai suoi obiettivi e alle sue azioni senza però un’adeguata competenza circa la storia, il paradigma e l’organizzazione di ciò che va inteso come “sinistra”. I 5 Stelle sono portatori di quest’anima che però ha bisogno di verbo per farsi carne. Di questo gruppo farebbero parte anche “La Sinistra”e”Articolo uno” se a ridosso delle elezioni, non si fossero spostati nel gruppo seguente.

In fine vi è una terza anima della sinistra, che già Marx ed Engels descrissero nel Manifesto. Essa appartiene a una frazione della classe dominante che diserta e si schiera blandamente con la classe dominata, magari solo parlandone appassionatamente nei salotti ma comunque votando per i partiti di sinistra e prestandosi volentieri a rappresentarli in Parlamento. Il Pd è portatore di questa terza anima.

Oggi i partiti che incarnano queste tre anime si scrutano a vicenda e ognuno teme di perdere la propria autenticità se si unisce agli altri. Ma forse è preferibile che questa unione, destinata fatalmente a sfaldarsi, non avvenga, che ciascuno dei tre partiti si impegni a perfezionare la propria specifica identità, si liberi dei furbastri e marci separatamente, senza complessi di colpa, consapevole della sua dignitosa utilità politica, ma pronto a colpire insieme agli altri due quando, a suo tempo, vi saranno nuove elezioni.

 

 

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