La realtà spiazzante che supera le finzioni cinematografiche

Stefania Ulivi Corriere della Sera 18 ottobre 2022
Disavventure e romanticismo nella commedia profetica «War»
Nella commedia di Gianni Zanasi, una guerra in Europa con Leo e Miriam Leone. Il regista: «È un film nato nel 2019, non predico il futuro, è il futuro che va all’indietro»

 

Si fa presto a dire distopico. La realtà, a volte, è così spiazzante da superare le finzioni cinematografiche. Cosa succederebbe se accedesse l’impensabile, ovvero una guerra nel cuore dell’Europa? Quando Gianni Zanasi e i suoi sceneggiatori, Lucio Pellegrini e Michele Pellegrini, si sono posti la domanda alla base del nuovo film del regista emiliano, War.

La guerra desiderata — presentato ieri nella sezione Gran Public della Festa di Roma (sarà in sala con Vision dal 10 novembre) —, era il 2019 e l’idea di una quotidianità scandita dalle cronache dal fronte sembrava, appunto impensabile. «Scoprire mentre ero in moviola che la Russia aveva invaso l’Ucraina mi ha fatto un bruttissimo effetto. Il cinema dovrebbe aggredire la realtà, non il contrario. Un mio amico mi ha scritto “Tu sei un veggente”. Io gli ho risposto “No, io non prevedo il futuro, è il futuro che sta andando all’indietro”.

Sulla guerra di Putin dico solo una cosa: orrore assoluto. Non ho altro da aggiungere». Nessuno dei protagonisti della sua commedia romantica, ovvero l’allevatore di vongole Tom (Edoardo Leo), Lea, psicologa (Miriam Leone), Mauro, gestore di un pub (Giuseppe Battiston), si immagina di trovarsi alla vigilia di un conflitto armato che farà emergere il meglio e il peggio di ognuno di loro. La scintilla è l’assassinio brutale di una ragazza di cui sono accusati sei ragazzi spagnoli. Il loro governo accusa il nostro di detenzione illegale e l’escalation sfocia in un attacco, con Spagna e Francia alleate contro l’Italia.

Complessità
Tra tute mimetiche, volontari paramilitari armati, blindati per le strade cittadine, spie e generali, c’è spazio per una storia d’amore. Come si diceva: mettete dei fiori nei vostri cannoni. «Abbiamo immaginato una guerra che nasce in una Europa indebolita politicamente. Ogni Paese segue una propria deriva, nella ricerca un po’ isterica di identità. E più si avvicina lo scoppio, più la vita delle persone precipita in un senso di urgenza per cui non c’è più tempo per un aperitivo, la spa, una partita di Champions.

Resta tempo solo per dire: “Sei amico o nemico?”. “Mi ami o mi odi?”. È una sorta di febbre bruciante in cui uno sente la vita come mai ha fatto prima. In questo contesto, ognuno esprime ciò che ha dentro, il bene o il male. Ecco il paradosso del film, che non ha niente a che vedere con l’orrore reale. Non ho la pretesa di dire come nasca una guerra reale — continua il regista di Non pensarci e Troppa grazia —. Come tutti dalla primavera scorsa sono sconvolto, è come se volessero riportarci a un mondo in bianco e nero. Con il mio cinema voglio riportare colore.

I film hanno il potere di esprimere la complessità. Il conflitto è il motore dell’esistenza umana, è vitale, indispensabile». Nel film Zanasi affida a Battiston, con cui ha lavorato più volte, un’invettiva contro i 70 anni di pace che hanno rammollito gli animi e a favore della forza rigeneratrice della guerra. La sua idea, è chiaro, è diversa. «Spariamoci addosso dei baci, invece».

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