Perchè da noi la cultura non si occupa di scienza

Piero Angela il Fatto Quotidiano 22 ottobre 2022

 

La Cultura con la “C” maiuscola.
Abbiamo già accennato al ritardo culturale del nostro Paese, che ci impedisce di entrare a pieno titolo nella modernità.

 

Anticipiamo uno stralcio del  saggio postumo “Dieci cose che ho imparato”, a cui Piero Angela (morto lo scorso I3 agosto) ha lavorato fino alla fine: il volume sarà in libreria da martedì con Mondadori.

 

Essendo uno dei problemi principali che frena la nostra crescita, credo che valga la pena approfondirlo ulteriormente. Quando si parla di cultura si intende solitamente quella con la “C” maiuscola. È quella che si ritrova nelle pagine culturali dei quotidiani, che sono sostanzialmente pagine letterarie. Per definizione la cultura è letteratura, filosofia, poesia, fiancheggiate da arti figurative, musica, teatro, storiografia.

Sono accettate anche sociologia e antropologia. Freud è molto benvenuto, ma solo se si incrocia con il “vissuto” emozionale. Assai raramente compare qualche filosofo della scienza, su temi però il più delle volte specialistici. Gli economisti non sono invitati a scrivere nelle pagine culturali, ma relegati nella sezione dedicata alle questioni economiche e finanziarie. I politologi vengono collocati nella cronaca politica, e coloro che scrivono di scienza nella pagina “Scienza e tecnica” (quando esiste, cioè raramente). A parte lodevoli eccezioni, questa è una sezione che raccoglie soprattutto curiosità scientifiche, brevi articoli su temi di attualità, e in particolare su argomenti di medicina, con annesse novità sulle cure di bellezza.

È evidente che un giornale deve pubblicare le notizie che più interessano al pubblico, ma quello che stupisce è la grande differenza di spessore tra le pagine di “Scienza e tecnica” e quelle letterarie: per la scienza sostanzialmente soltanto un notiziario o poco più, per la letteratura articoli di approfondimento, molto pensati e ragionati.

In altre parole, il “pensiero colto” è praticamente monopolizzato dalle pagine letterarie. Economia, politica e scienza, insomma, non entrano quasi mai nella dimensione “culturale”. Non solo, ma l’ecosistema cultura-economia- politica- scienza-tecnologia, anziché essere riunito e collegato in un solo contesto, così come avviene in una partita a scacchi dove è l'”insieme” che dà origine al gioco, proprio perché ogni pezzo (e ogni suo movimento) influenza tutti gli altri, viene invece affettato in tanti pezzetti separati e sparpagliati in sezioni diverse. L’unica sintesi (molto raramente) la si trova in certi articoli di fondo: che sono però il frutto sporadico di qualche singolo editorialista.

Naturalmente ci sono eccezioni, ma è un fatto che la Cultura, quella con la “C” maiuscola, nella percezione del pubblico sia proprio quella stessa che si trova solitamente nelle pagine “culturali” dei giornali. In realtà si tratta di pagine che dovrebbero essere rubricate sotto un altro titolo: arti, libri, storia, ecc. Il New York Times, tanto per fare un esempio, ha l’inserto “Arti”, quello “Libri”, quello “Educazione”, ma non ha l’inserto “Cultura”. E ha un ottimo inserto “Scienza”.

Non è una pignoleria: è un messaggio fuorviante che si dà quotidianamente al lettore, definendo “cultura” soltanto una parte del sapere, e dando l’impressione che sia questa la forma più alta di pensiero, quella che si interroga sulle grandi questioni dell’essere umano e del mondo trovando magari anche delle risposte. E lasciando fuori dalla porta tutta una conoscenza fondamentale che invece permette di capire oggi in profondità sia l’essere umano sia i grandi cambiamenti che stanno avvenendo.

Le antiche domande dei filosofi. Per quanto riguarda la scienza, in particolare, che è l’argomento del quale mi occupo nei miei libri e nei miei programmi televisivi, è veramente incomprensibile che la straordinaria rete di conoscenze e di elaborazioni mentali messe oggi a disposizione dalla ricerca scientifica non stimoli il desiderio di conoscenza in un uomo “colto”:  è una forma di automutilazione per me sorprendente. Anche perché la scienza si pone proprio le antiche domande dei filosofi, e continua a trovare risposte, sia pure in certi casi incomplete.

Per esempio, da dove veniamo (astrofisica), com’è nata la vita sulla Terra (biochimica), cos’è la vita (biologia), com’è nato l’uomo (paleoantropologia), perché siamo tutti diversi (evoluzione), cos’è il cervello (neurologia), cos’è il comportamento e cosa sono le emozioni (psicobiologia), come mai da una cellula nasce un individuo completo (embriologia), qual è la struttura intima della vita (genetica), quali sono le particelle più piccole della materia (fisica delle particelle), in cosa siamo diversi dagli animali (anatomia comparata), come si comporta nel suo intimo la materia (meccanica quantistica), cosa sono lo spazio e il tempo (relatività), ecc.

A me sembra davvero molto strano che una persona intellettualmente “accesa” non sia interessata a entrare in questo mondo straordinario della conoscenza, cercando le connessioni utili per capire meglio il mondo, l’essere umano, la materia, la vita, la società, il comportamento, l’intelligenza e tantissime altre cose. Guardando al proprio interno con un occhio nuovo, e comprendendo più a fondo anche il nostro rapporto con il mondo e con gli altri.

 

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