Governo Meloni: così la tv italiana, con l’eccezione di Sky, si riposiziona

Antonio Dipollina La Repubblica 25 ottobre 2022
Governo Meloni: così la tv italiana, con l’eccezione di Sky, si riposiziona
Dove andranno a parare i talk di politica? Il cambio di atteggiamento è già in azione

 

Quelli attenti giurano che il riposizionamento – detta all’ingrosso, diciamo un certo cambio di atteggiamento – sia già in vigore. Una domanda posta in un modo, al tg o in un talk, invece che in un altro modo, e via via, con l’affinarsi della tecnica, si arriverà al passaggio compiuto.

 

Sarebbe strano il contrario, visto che l’andamento è quello e per scandalizzarsi ci sarà tempo. Soprattutto per chi in queste cose ricorda i tempi della discesa in campo berlusconiana, con la baraonda mediatica che l’aveva accompagnata. Rai, La7, nel debutto Meloni i toni virano a una forma di massimo rispetto, al momento, e poi chissà. In Rai c’è stata addirittura la promozione a ministro del direttore del Tg2, schierato da tempo, il tg dove non ci sarà bisogno di cambiare alcunché, solo sorridere più compiaciuti – il tg trumpiano, che ospitava il consigliere Bannon trattandolo come Niccolò Machiavelli. Per gli altri, il gioco scoperto tutto di marca Rai di attendere le nuove nomine, i cambiamenti inevitabili soprattutto di fronte a terremoti politici come questo, è quello che si sta giocando al momento. Mediaset, ovviamente, non fa testo: anzi, volendo il segnale vero è di segno contrario con la ventilata chiusura (momentanea, chissà, è già successo in passato) di Fuori dal Coro, il talk istrionico dell’ancora più istrionico Mario Giordano.

Forse è arrivato il momento di assecondare con più sobrietà il nuovo corso politico, mentre rimane abbastanza sospesa la domanda su dove andranno a parare gli altri talk di Retequattro, ovvero il talk permanente tutte le sere che negli ultimi anni ha fatto degli estri populisti una cifra inconfondibile. Quale sarà la linea essendo stati superati a destra dalla realtà? Non è un caso se, al momento, la polemica più forte sia nata su questioni diciamo secondarie: Giorgia Meloni che chiede di essere chiamata “Il” Presidente e dalla Rai, dall’organizzazione sindacale dei giornalisti, è arrivato un no impettito: si declina al femminile, si dice “La” Presidente e guai a chi sgarra. Forse sono prove di resistenza estrema per il futuro: ma si spera, nel caso, prenda più consistenza. Intanto, a seguire i social, non demordono quelli sempre convinti che l’intera informazione Rai sia un covo perenne di sovversione rossa: ancora domenica attacchi a Lucia Annunziata e un rancore diffuso con dentro una voglia di vendetta inesprimibile.

A La7, dipende dai giorni – il venerdì sera di Propaganda Live resiste a oltranza e aumenta la dose di ironie e disincanti – mentre due puntate or sono Corrado Formigli ha avuto un’intemerata contro un ospite berlusconiano che difendeva troppo, testuale, “le cazzate che ha detto Berlusconi”. Ma i giochi si faranno soprattutto altrove e soprattutto nell’appuntamento quotidiano di prestigio, da Lilli Gruber e quell’Otto e Mezzo che tutti stanno seguendo cercando di cogliere da ogni minimo snodo lessicale un segnale, in un senso o nell’altro. A salvarsi è in qualche modo Sky con la sua informazione permanente del Tg24 e il calibro dell’attenzione pubblica, e politica, sicuramente inferiore rispetto a quanto viene riservato ai talk e ai luoghi più seguiti: a iniziare da stasera, con i primi Cartabianca e DiMartedì a Governo in carica, contrapposti, guardinghi, a decidere in tempi anche brevi come ci si comporta e comporterà da qui in avanti.

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