I misteri del calcio italiano sui diritti tv di Dazn

Paolo Ziliani il Fatto Quotidiano 24  ottobre 2022
Diritti tv La barca affonda? Tutto a posto, Lega e Dazn si promettono amore eterno
Se è vero, come dice Sant’Agostino, che errare è umano ma perseverare è diabolico, c’è qualcosa di demoniaco, ai limiti del perverso, nell’ultima idea che i capataz del calcio italiano si sono messi in testa:

 

un contratto di matrimonio con Dazn per altri 5 anni (dalla scadenza di quello in corso, giugno 2024, fino al giugno 2029), sempre a patto di riuscire a scassare la vituperata Legge Melandri che ad oggi obbliga la Serie A a vendere i diritti del campionato per un arco massimo di 3 anni.

RIASSUMENDO. Dopo 18 anni di placido e beato idillio con Sky, nella primavera 2021 la Lega decide di rompere la storica, unione e dimettersi con Dazn. Il contratto triennale (2021-24) viene siglato al ribasso rispetto al precedente (930 milioni contro 973,3) matutti pensano: i presidenti sapranno di certo quel che stanno facendo. Invece è un disastro. Nel primo anno targato Dazn (la stagione scorsa) il crollo di spettatori è scioccante: passano da 242 milioni dell’ultimo campionato Sky a 169,6 con un calo del 29,9%, in pratica un terzo in meno. Per un anno si è andati avanti a colpi di annunci di audience fastilli fino a che l’Agcom, accertato che gli ascolti comunicati da Dazn nel girone d’andata erano gonfiati del 50%, e quelli delle ultime 4 giornate addirittura del 60%, non decide di affidare la rilevazione ad Auditel, l’unico in grado di assicurare la cosiddetta “total audience”.

La presa d’atto che uno spettatore su tre si è alzato dal divano e se n’è andato – sorvolando sul fatto che i due rimasti sono furibondi: i disservizi e i problemi tecnici di Dazn rendono la visione delle partite un supplizio – manda tutti nel pallone: Tim, che concorre alla spesa di Dazn (840 milioni, 90 li mette Sky per tre partite in condivisione) per 340 milioni, licenzia l’ad Gubitosi e chiede 100 milioni di risarcimento per ognuno dei tre anni del contratto; l’Upa, gli investitori pubblicitari, annuncia di volersi rivalere sulla Lega per l’emorragia di ascolti prima negata poi appurata; e persino Digitalia, la costola di Publitaliache si occupa della raccolta pubblicitaria per Dazn, è costretta ad ammettere il flop e a chiedere un robusto sconto sul minimo garantito. Per sei volte in questa rubrica, a cominciare dal 13/9/21 (Fuga dal calcio: Sky è in profondo rosso mentre Dazn “moltiplica” i suoi abbonati), ci siamo occupati dello scandalo denunciando per primi, dati alla mano, il disastro in atto a dispetto del tentativo del Palazzo di tenerlo nascosto.

Abbiamo chiesto: a quale drammatico deprezzamento sta andando incontro il calcio italiano che dai diritti tv ricava l’80% del suo sostentamento (persino i diritti all’estero sono crollati da 370 a 196 milioni l’anno)?

EBBENE, la notizia di questi giorni è che i due maldestri e inetti soggetti, Lega e Dazn, che stanno mandando a picco la bagnarola del calcio italico, accertato che il valore del medesimo è crollato in un anno e mezzo del 30%, pensano non a separarsi e dirsi addio ma (udite udite) a rafforzare l’unione e prolungarla, quando a giugno 2023 scadrà il primo impegno, per altri 5, diconsi cinque, anni di matrimonio. Il tutto in attesa che l’Antitrust completi – il termine è il 31 marzo – l’istruttoria sulle mille lacune contestate a Dazn e Tim (“possibili violazioni della concorrenza” e svariate manchevolezze nei confronti degli utenti) e commini sanzioni che possono colpirle fino al 10% del fatturato.

C’erano una volta il gatto e la volpe. Oggi, nel pianeta calcio, abbiamo il gatto e il gatto.

 

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