Renzi ne ha per tutti, ma lancia il messaggio alla Meloni: presidenzialismo

Emanuele Lauria La Repubblica 27 ottobre 2022
I destini incrociati di Berlusconi e Renzi, l’alleato ritrovato e l’avversario gentile
Nel suo discorso il Cavaliere non cita mai Putin. Al leader di Iv applausi e sorrisi dalla destra
L’alleato riappacificato, l’avversario gentile. Se Giorgia Meloni si trova a giocare in casa, nel secondo round in Senato, è anche per merito di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.

 

 

Uno in maggioranza, l’altro all’opposizione. Ma entrambi capaci di suscitare applausi (il Cavaliere) e aperti sorrisi (l’ex rottamatore) da parte della presidente del Consiglio.

Erano gli interventi più attesi, quelli dei due ex premier. Non hanno tradito le attese. Ma senza sconquassi, anzi. Il Berlusconi che aveva infiammato gli ultimi scampoli di trattativa con il governo è diventato pompiere. Preceduto, nelle fase di spegnimento dell’incendio, dall’inseparabile senatrice Licia Ronzulli, ormai assurta a capa dei “falchi” forzisti che decide all’improvviso di inviare un marcato messaggio di pace a Meloni: “È inutile negarlo: ci hanno voluto rappresentare divise, diverse, ma in realtà sappiamo bene quante cose ci legano e ci accomunano: da figlie, da madri, da donne, da parlamentari esponenti del centrodestra”.

La premier, sorpresa anche lei da tanta affettuosità, fa un sorriso stralunato. Ma è quando tocca a lui, al Cavaliere, che lo show comincia. “Bentornato”, gli dice il presidente del Senato Ignazio La Russa. E Berlusconi, dopo aver limato gli appunti, si concede subito una battuta: “Oggi non farò sfoggio della mia eloquenza, mi sono scritto diligentemente tutto”. E giù un sospiro di sollievo da parte dei big della maggioranza che tremano al ricordo degli audio rubati alla Camera. L’incipit è come al solito a petto gonfio: il leader di FI informa di essere felice perché è nato il diciassettesimo nipotino (figlio di Luigi) e poi esprime la soddisfazione per la rivincita: “Torno a parlare in quest’aula dopo nove anni”.

L’ultima volta fu nel 2013, prima della decadenza causa condanna. Non rinuncia, Berlusconi, al paternalismo: “Se oggi alla guida del governo c’è una esponente che viene dalla storia della destra italiana, è perché ventotto anni ho fondato una coalizione plurale”. Il resto ruota attorno a una brusca retromarcia rispetto alle plurime dichiarazioni di vicinanza alle posizioni di Mosca: “Non possiamo che essere con l’Occidente, nella difesa di un Paese libero e democratico come l’Ucraina. Su questo la nostra posizione è ferma e convinta”. Non citerà mai direttamente Putin, Berlusconi, se non nell’ennesimo ricordo del trattato di Pratica di Mare, ma le sue affermazioni in aula bastano e avanzano per conquistare il plauso di Giorgia Meloni e del governo, con La Russa a chiamare la claque.

Un pensiero in meno, per la premier, che nel pomeriggio di Palazzo Madama vive visibilmente il suo momento di maggior gaudio nell’ascoltare Matteo Renzi. È divertita, la presidente del Consiglio, per l’incedere ricco di battute di uno dei due leader del Terzo Polo. Non è che Renzi non rivendichi “la diversità” rispetto alla Destra. “In quei banchi – dice rivolto a Meloni – c’è chi ha fatto quota 100 e in questi chi ha fatto Industria 4.0”.

E ancora: “Lei ha portato in Parlamento chi diceva che non la cultura non si mangia”. “Ora dice che estrarre gas è giusto e sei anni fa diceva che ero schiavo della lobby del gas”. “Lei dice che non bisogna attaccare l’Italia all’estero, lo ricordi a chi è al suo fianco, a Salvini che durante il referendum costituzionale andava sulla piazza Rossa a scrivere: Renzi a casa”.
Però le parole di Renzi sono concilianti sul presidenzialismo: “Se c’è un’apertura da parte vostra, un no a prescindere è sbagliato”. Ma buona parte dell’intervento di Renzi censura l’opposizione ed è questo che “riscalda” i membri dell’esecutivo che lo ascoltano con silenzio che non dedicano ad altri: “Com’è possibile che il primo tema di discussione contro il governo Meloni sia il nome “merito” dato a un ministero?” E giù a testa bassa contro la capogruppo del Pd Simona Malpezzi: “Era la prima pasdaran a dire che nella Buona scuola bisognava inserire il merito”.

Un senatore dem, Antonio Nicita, rumoreggia, Renzi sbotta: “Vi vedo reagire soltanto a me e non a lei (Meloni ndr), esattamente come in campagna elettorale. I risultati sono stati straordinari…”. Fra i banchi del Pd è una scossa, parte un “stai zitto”, l’ex premier replica: “Lei dovrebbe imparare l’educazione, non dico la politica che è un’impresa complicata”. Ma non finisce qui. Renzi critica i colleghi dell’opposizione (“Ne abbiamo due ed è un problema”, dice sibillino) sulla querelle dell’articolo davanti a “presidente Meloni”: “Il o la? Il punto fondamentale è che la trentunesima presidente del Consiglio è donna dopo 30 maschietti e noi l’attacchiamo sul suo essere donna o sulla rappresentanza femminile nel governo? Non è ridicolo, è masochismo”.

Quindi l’invito urbi et orbi a difendere l’essere mamma della presidente del Consiglio, “la sua libertà e funzione educativa. Diciamo al suo staff di lasciarle tempo per giocare sul divano con sua figlia”. Meloni sorride più volte, mentre il centrodestra applaude ripetutamente. Berlusconi rassicura la maggioranza, Renzi la seduce. E la nave di Giorgia va.

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