Le tre destre marcano a … uomo. Anche sulle stanze decide Meloni. Dicono

Francesco Verderami Corriere della Sera 29 ottobre 2022
A Palazzo Chigi la sfida per le stanze dei vicepremier. La regia sull’Economia
La presidente del Consiglio Meloni punta a un controllo ferreo sulla manovra. In FdI notano la «ricerca di visibilità» di Salvini

 

Non è solo il ruolo, anche la stanza fa status. E allora quali saranno le stanze dei vicepremier a Palazzo Chigi? Perché all’ombra della contesa sui posti di vice ministro e sottosegretario, rischia di consumarsi un braccio di ferro sulla collocazione di Salvini e Tajani nello storico edificio di piazza Colonna. La struttura di Fdi — poco prima che Meloni assumesse l’incarico — si era occupata della logistica, immaginando di riservare alla presidente del Consiglio e al suo staff l’intero piano nobile di Palazzo Chigi. Ma anche i vice premier hanno diritto ad avere spazi adeguati per le loro squadre, che comprendono persino un capo di gabinetto aggiuntivo, come prescrive la legge. È da vedere come si sistemeranno. In ogni caso la dislocazione ha una valenza politica, se è vero che ai suoi tempi Bossi disse a Berlusconi di volere l’ufficio «accanto a quello di Gianni Letta».

La vertenza sulle stanze del potere si aggiunge a quella sulle poltrone da distribuire nel governo e in Parlamento. La trattativa è la causa delle fibrillazioni nell’alleanza, dove — per dirla con uno dei leader — «qualunque tema viene usato per divaricarsi»: sono tensioni destinate a scemare a breve con il meccanismo delle compensazioni. Piuttosto sarà sui nodi programmatici che si misurerà la compattezza della maggioranza. E già si notano le prime faglie, anche all’interno dei partiti.

La gestione del Covid ha fatto emergere la distanza tra Meloni (e Salvini) e quel pezzo di Forza Italia (da Ronzulli a Mulé) che già nella fase acuta della pandemia appoggiò la scelta del green pass. Condivisa dai centristi.
E come sul virus, anche sul tetto massimo del contante si registrano delle differenze, per quanto il tema abbia sempre unito il centrodestra. La misura anticipata dalla premier è un segnale rivolto ai lavoratori autonomi e alle partite Iva, perché — come spiega un ministro— in vista di una Finanziaria senza margini di scostamento e in attesa di sbloccare i fondi europei, «non possiamo restare ancorati alle logiche dei governi di sinistra. Piuttosto non dovremo commettere errori sui conti pubblici, per non provocare la reazione dell’Europa e dei mercati».

Solo che l’annuncio da parte della Lega ha provocato l’altro ieri un contrasto (il primo) tra Salvini e Giorgetti: è vero che i due ne avevano parlato durante la riunione di partito il giorno prima, ma il ministro dell’Economia non era stato informato della presentazione della proposta in Parlamento. Ed è rimasto spiazzato.
Proprio le iniziative del capo del Carroccio sono monitorate dai fedelissimi di Meloni, che osservano la «ricerca spasmodica di visibilità» dell’alleato. Venerdì Salvini ha parlato del ponte sullo Stretto come fosse pronto a farlo, e soprattutto il ministro Calderoli ha accelerato sulla riforma dell’Autonomia: una «tempistica velocizzata», anche troppo secondo FdI, visto il «dossier complesso».

Un punto che preoccupa invece i centristi è l’approccio della premier alla modifica del Reddito di cittadinanza, su cui Meloni si trova al fianco persino il governatore campano pd De Luca, favorevole anche all’innalzamento del tetto del contante. Ma la riforma del Reddito — secondo Noi Moderati — deve essere accompagnata dall’apertura di cantieri, «sennò ci ritroveremo la gente in piazza».

Mentre sui progetti a medio-lungo termine ci sarà tempo di discutere, sul terzo decreto Aiuti bisognerà fare in fretta. Per evitare fughe in avanti in Parlamento, è stato chiesto ai gruppi di maggioranza di non presentare emendamenti in attesa di quelli del governo. E non è ancora arrivata la Finanziaria: «Sarà un problema», sospirano nell’esecutivo. Ma l’assalto alla diligenza sarebbe inutile: non c’è un euro e chi ci proverà dovrà fare i conti con il ferreo controllo di Palazzo Chigi. Che secondo il disegno centralistico di Meloni avrà anche su questa materia un ruolo di regia: è già stata indicativa la scelta dell’esperto di finanza pubblica Gaetano Caputi — ex «Tremonti boy» — come di capo di gabinetto. Così il primato della premier si estenderebbe dalle stanze di piazza Colonna fino a quelle di via XX Settembre. D’altronde — secondo un suo ministro — «l’Economia ha una visione ragionieristica, mentre tocca a Palazzo Chigi avere una visione politica». Ecco la novità del governo figlio delle urne.

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