Riccardo Luna La Repubblica 29 ottobre 2022
Musk, Twitter e il declino dei social network
E quindi Elon Musk ha comprato Twitter: 6 mesi dopo esserne diventato azionista con una mossa a sorpresa (…)
E quindi Elon Musk ha comprato Twitter: 6 mesi dopo esserne diventato azionista con una mossa a sorpresa; 5 mesi dopo aver annunciato di voler comprare tutta l’azienda “ma non per farci dei soldi”; 100 giorni dopo aver detto che non lo avrebbe più fatto perché c’era “un problema di bot” e quindi sul numero di utenti reali; e un giorno prima della scadenza prevista dal tribunale del Delaware davanti al quale era stato convocato dagli amministratori di Twitter per il mancato rispetto del suo impegno e dove con ogni probabilità avrebbe perso (la velocità della giustizia americana ha giocato un ruolo chiave nell’esito di questa vicenda: in Italia la decisione del giudice avrebbe impiegato anni e nel frattempo le parti sarebbero state costrette a trovare un accordo diverso).
Quando Elon Musk parlerà ai dipendenti sapremo di più sui suoi progetti e magari capiremo meglio cosa intende con la trasformazione di Twitter in una app universale, tipo la cinese WeChat, per la quale avrebbe già un nome, X. Ma intanto in un tweet diretto agli inserzionisti pubblicitari, e quindi a coloro che sono responsabili del 92% del tutto sommato modesto fatturato dell’azienda (5 miliardi di dollari nel 2021), Musk ha detto che questa sua mossa apparentemente azzardata, economicamente non razionale, è però importante per il futuro dell’umanità che deve poter disporre di una piazza digitale globale (“common digital town square”) dove parlarsi a confrontarsi in maniera sana e senza violenza. Un social network insomma.
La scommessa di Musk, che ha pagato 44 miliardi di dollari una azienda che secondo le stime più accreditate ne vale 15 in meno, arriva in un momento in cui la lunga stagione dei social network sembra, se non proprio volgere al termine, almeno all’inizio di una crisi di identità profonda. La scena la domina TikTok, che non è un vero social network ma una sorta di tv personale guidata da un algoritmo molto raffinato che ti dice cosa guardare; Facebook, che è stato il mattatore per 15 anni, è ormai in caduta libera e il miraggio del metaverso, estratto dal cilindro di Zuckerberg un anno fa come una terra promessa da raggiungere, l’ha soltanto aggravata, drenando risorse imponenti allo sviluppo di una piattaforma che sulla carta ha ancora il record di utenti ma è sostanzialmente sempre meno usata. Gli ultimi dati, qualche giorno fa, hanno fatto precipitare di nuovo il titolo in Borsa che in anno ha perso così circa 600 miliardi di dollari, e lo stesso è accaduto per il patrimonio personale del fondatore, defalcato di circa 100 miliardi. Insomma, non è il momento ideale per fare soldi per un social network.
Ma non sono le fortune personali di alcuni che ci interessano, bensì la nostra vita digitale: come cambierà? Twitter è un social network particolare: ha una base utenti di poco superiore ai 200 milioni, quindi molto lontana dai rivali, ma è il luogo dove passano le notizie. Quando succede qualcosa è il primo posto dove andare per capire cosa è successo e per esprimere la propria opinione. Negli ultimi anni ha molto sofferto per contrastare tweet violenti o fasulli e ha dovuto bannare centinaia di utenti (tra i quali l’ex presidente Trump), ma sostanzialmente questa funzione essenziale di “sistema nervoso dell’informazione globale” continua a svolgerla. Oggi questa piattaforma è sostanzialmente nelle mani di un solo uomo; e quell’uomo è anche il più ricco del mondo. Non è rassicurante.
Perché lo abbia fatto davvero resta un mistero. Qualcuno ha detto che mentre di solito i miliardari comprano yacht e jet privati, Musk si è comprato il suo giocattolo preferito: infatti con 110 milioni di follower è il terzo utente più seguito su Twitter, davanti a Cristiano Ronaldo e Lady Gaga. Ma è una visione che rischia di banalizzare l’intera operazione. La scommessa di Musk è infatti a un tempo temeraria e affascinante: creare una piazza globale per dibattere senza violenza verbale. Più che un piano industriale assomiglia a un’utopia forse persino più complicata del suo piano per colonizzare Marte. Se ci riesce può cambiare davvero il mondo, altrimenti è spacciato.