La vittoria di Lula: come superare il regime con la cultura della libertà

Domenica De Masi il Fatto Quotidiano 1 novembre 2022
La vittoria di Lula: come superare il regime con la cultura della libertà
Rientro trionfale il candidato del Pt.  Si è preso la rivincita dopo l’arresto del 2018

 

 

Hanno tentato di seppellirmi vivo, ma sono vivo e sono qui”. Con queste parole, Lula ha commentato la sua terza vittoria presidenziale. Dieci minuti prima Carlin Petrini e Mujica mi avevano mandato dal Brasile una foto in cui già festeggiavano l’evento così come, nello stesso momento, lo stavano festeggiando i democratici di tutto il mondo. Con questo tassello brasiliano, che si aggiunge a quello colombiano, a quello cileno e a quello Venezuelano, il Sudamerica sceglie come baluardo la socialdemocrazia, contrapponendola a quel miscuglio di dittatura e di neoliberismo che Bolsonaro ha impersonato per quattro anni.

LA VITTORIA di Lula è fondamentale perché dimostra che un Paese di democrazia compiuta come il Brasile può anche cadere in mano a un regime autoritario, ma lo stesso Paese può subito liberarsene se in esso prevale la cultura della libertà. Nel 2019 Bolsonaro conquistò la presidenza perché un golpe mediatico e giudiziario (come sono tutti i golpe postindustriali) aveva messo in galera Lula che godeva buone probabilità di vincere. Dopodiché ha governato in perfetta coerenza con le idee che aveva manifestato ben prima di arrivare nel Palacio de Alvorada.

La sua visione della donna è sintetizzata in questa frase: “Ho cinque figli. Quattro ragazzi, al quinto sono stato debole e ho avuto una femmina”. Sua concezione delle diversità è sintetizzata in questa esternazione: “Sarei incapace di amare un figlio omosessuale. Non sarò un ipocrita: preferirei che mio figlio morisse in un incidente piuttosto che presentarsi con un tipo con i baffi”. La sua visione della democrazia sta tutta qui: “In questo Paese le cose cambieranno solo quando un giorno sferreremo una guerra civile e faremo il lavoro che il regime militare non ha fatto, cioè uccidendo 30.000 persone, a cominciare dal presidente della Repubblica Cardoso”.

Lungi dal nasconderlo, Bolsonaro, che è stato ufficiale dei paracadutisti, ha sempre ostentato l’apprezzamento per la dittatura militare, il razzismo verso neri e indios, l’avversione per l’aborto e il disinteresse per la protezione dell’ambiente. Il suo governo, appoggiato dagli imprenditori dell’agro-business, dai fabbricanti d’armi e dalla chiesa evangelica, ha riservato sette ministeri ai militari e ha condotto una politica economica squisitamente neoliberista che ha fatto crescere da una parte il Pil e gli investimenti stranieri, dall’altra le disuguaglianze, la violenza e l’analfabetismo.

Infine, la gestione del Covid -che Bolsonaro ha negato definendola “una febbricciola” – è costata centinaia di migliaia di morti, soprattutto nelle favelas e in Amazzonia. Questo, dunque, è lo scenario in cui Lula si insedia, con appena il 50,9% dei consensi e solo 2.139.645 voti più di Bolsonaro, che ha avuto il 49,1% dei suffragi. Praticamente i 215 milioni di brasiliani sono nettamente divisi in due fazioni: la metà perdente, insediata nelle regioni più ricche del paese, più combattiva e armata ora sfogherà senza esclusione di colpi tutto il suo rancore contro la metà vincente.

MA LULA ha parecchi punti a suo favore. Prima con due mandati presidenziali (2003-2011), poi con il carcere (dall’aprile 2018 al novembre 2019 ) e ora con un terzo mandato, è diventato un leader quasi leggendario. La lunga carriera prima sindacale e poi politica gli assicurano un’esperienza fuori dell’ordinario. A differenza di Bolsonaro, gode di un vastissimo apprezzamento e di una popolarità planetaria. La sua socialdemocrazia mira alla riduzione delle disuguaglianze in un Paese fortemente ineguale. Il suo carattere, squisitamente brasiliano, ne fa un leader dotato di grande empatia. Infine, la sua sfortunata vicenda giudiziaria e la dura esperienza del carcere ne hanno smussato il carattere e lo hanno liberato da ogni tentazione vendicativa. “La situazione è difficile -ha detto Lula – ma, con l’aiuto del popolo, supereremo le difficoltà armonicamente e democraticamente per costruire quel Brasile che desideriamo”.

E noi gli auguriamo di farcela.

 

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