Le relazioni Cina-Usa peggioreranno ancora dopo le elezioni di midterm: ecco perché

Federico Rampini Corriere della Sera 1 novembre 2022
Le relazioni Cina-Usa peggioreranno ancora dopo le elezioni di midterm: ecco perché
La rimonta repubblicana al Congresso sembra quasi certa: e questo non lascia presagire nulla di buono per i rapporti tra Stati Uniti e Cina. Ecco perché

Qui vi spiego perché la rimonta repubblicana al Congresso sembra quasi certa; e perché non preannuncia nulla di buono per la relazione fondamentale del nostro tempo, quella fra Stati Uniti e Cina.

Tra una settimana noi americani votiamo per rinnovare la Camera dei deputati, un terzo del Senato, 36 governatori di altrettanti Stati, più innumerevoli sindaci, procuratori. Come al solito ci sono anche un bel po’ di referendum locali fissati in concomitanza con queste legislative di metà mandato, sicché ci aspettano delle schede elettorali lunghe come tovaglie.

A una settimana dallo scrutinio – che decine di milioni di elettori in realtà hanno già assolto, avvalendosi del voto anticipato o per corrispondenza – l’atmosfera è pessima per il presidente e per il suo partito.

I repubblicani continuano a salire negli ultimi sondaggi, i democratici a scendere. La media delle indagini demoscopiche dà per certa la riconquista della maggioranza alla Camera da parte della destra e forse perfino un sorpasso in extremis al Senato.
Le due illusioni svanite per i democratici

Sono svanite due illusioni per i democratici.

La prima si chiama 6 gennaio: cioè la speranza che l’inchiesta parlamentare sull’assalto al Campidoglio nel 2021 avrebbe spostato elettori nel campo di chi considera Donald Trump un golpista, un pericolo per la democrazia. Non ha funzionato. Quell’indagine parlamentare ha convinto solo i democratici, che non ne avevano bisogno.

L’altra illusione si chiama aborto. Ad un certo punto della campagna elettorale, in primavera, la sentenza della Corte suprema che cancellava il diritto costituzionale all’interruzione di gravidanza parve balzare in cima alle priorità degli elettori, e soprattutto delle elettrici. I democratici sperarono che una forte affluenza alle urne delle donne di sinistra avrebbe cambiato la dinamica di queste elezioni di mid-term. Ma col passare dei mesi l’aborto è scivolato più in basso nell’attenzione dell’opinione pubblica, stando ai sondaggi.

Il prezzo che Biden paga per l’alleanza con la sinistra del partito
Le analisi sugli spostamenti di voti andranno fatte dopo l’8 novembre, per adesso sembra probabile che Biden paghi due prezzi per la sua alleanza con l’ala sinistra del partito democratico.

Il primo prezzo è sull’ordine pubblico. In tutta l’America c’è un aumento della criminalità, inclusi gli omicidi. Molti, anche fra le minoranze etniche come gli afroamericani e i latinos, associano questa insicurezza alle campagne dell’antirazzismo radicale (Black Lives Matter) che hanno delegittimato le forze dell’ordine. Gli organici della polizia sono in calo dappertutto dopo ondate di dimissioni: il mestiere dell’agente è già abbastanza pericoloso e ingrato, esercitarlo diventa insopportabile quando si è circondati dalla diffidenza o accusati indiscriminatamente di razzismo. A questo si aggiunge che diversi sindaci di sinistra hanno tagliato fondi alla polizia.

Il secondo prezzo, Biden lo paga sull’inflazione. I repubblicani sono riusciti a far passare questa narrazione: la benzina costa troppo cara perché questo presidente si è piegato alle pressioni degli ambientalisti più radicali, ha ostacolato in ogni modo l’estrazione e la produzione di energie fossili di cui l’America è ricca. L’accusa è in parte eccessiva, ma non del tutto infondata. Suona convincente, e così anche il carovita determinato dallo shock energetico viene addebitato al partito del presidente.
Su molte altre cose democratici e repubblicani hanno visioni diverse e perfino inconciliabili. Sul pericolo cinese c’è una vera convergenza.

Tant’è che fra Donald Trump e Joe Biden c’è stata una notevole continuità nella politica sulla Cina. Il primo ha messo i dazi, il secondo ha preferito non toglierli.

Il primo ha sperimentato contro Huawei l’efficacia di un embargo nelle forniture di tecnologie avanzate made in Usa; Biden ha deciso di affinare e potenziare lo strumento dell’embargo tecnologico estendendone l’applicazione a molte altre aziende cinesi.

Putin forse può sperare che una rivincita repubblicana gli apra qualche spiraglio, Xi Jinping non ha alcuna ragione di farsi illusioni.

Il Grand Old Party non è più quello di Henry Kissinger e della sua realpolitik. Oggi abbraccia una visione molto pessimistica sulla Cina. All’interno del partito repubblicano ci sono dei politici, come Marco Rubio che corre per la rielezione a senatore della Florida, che sono fautori di un approccio ancora più intransigente nelle relazioni con Pechino.

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