Si sta perdendo la battaglia decisiva, il clima ribalterà le priorità e le alleanze di domani

Wolfgang Münchau Corriere della Sera 2 novembre 2022
Vincere una battaglia per perdere una guerra?
Le guerre per procura che l’Occidente sta combattendo contro Russia e Cina e la guerra ingaggiata sul fronte ambientale per ridurre le emissioni di gas serra non possono essere vinte tutte simultaneamente

Se c’è una lezione da imparare dalla storia dell’Unione europea è la seguente: l’Ue ha messo a segno i suoi più grandi successi quando è riuscita a superare i principali ostacoli dell’intergovernativismo, con l’attuazione dell’unione doganale, del mercato unico e della libertà di circolazione. In quasi tutti gli altri ambiti, i risultati sono stati meno brillanti. Quando una decisione politica è sottoposta all’approvazione dell’unanimità, l’Ue può apparire talvolta come un forum di chat su vasta scala. Nel breve periodo, riesce a implementare qualche manovra, grazie ai suoi ingranaggi intergovernativi, come l’imposizione delle sanzioni. Ma sui lunghi periodi, non è in grado di sostenere le sue posizioni.

Il riscaldamento del clima rappresenta l’esempio perfetto di una minaccia che va affrontata con un approccio robusto e continuativo. Non esiste tuttavia una Ue globale. Non si combattono i cambiamenti climatici con relazioni e conferenze stampa, né con i soliti vertici COP. Se le guerre si concludono solitamente con l’intervento della diplomazia, non sarà così con questa. La settimana scorsa le Nazioni Unite hanno diramato il gravissimo ammonimento che siamo già sul punto di perdere la battaglia sul clima. Ho molto apprezzato, devo ammettere, la brutalità della constatazione. Non c’è più traccia di una strategia credibile per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, si afferma nel documento. Sono sparite le vaghe parole rassicuranti sulle possibilità di intervento. Di tutti quei messaggi consolatori, il peggiore è stato certamente il mantra del «siamo ancora in tempo». No, non c’è più tempo.

Il problema del coordinamento intergovernativo sta nel fatto che è impossibile coordinare gli elettori. I governi possono stringere alleanze, e già lo fanno, per lottare contro un nemico comune. Ma non sono in grado di risolvere una problematica collettiva a livello globale nell’arco di svariati decenni. Ricordiamo che l’Ue non ha trasformato i nemici in amici, come per incanto. È riuscita, invece, a fare distinzione tra le divergenze. Per esempio, i rapporti bilaterali tra Germania e Polonia negli ultimi tempi non potrebbero essere più tesi, eppure questo non incide sulla libera circolazione di beni e persone tra i due paesi.

Non intendo affermare che occorrerebbe ricreare un’Ue a livello globale. Basterebbe un’autorità molto più limitata per svolgere il compito, purché sia in grado di assumere decisioni vincolanti grazie a qualche meccanismo di votazione a maggioranza qualificata.

La risposta più efficace sarebbe la creazione di un’autorità globale per il clima. Dato che già viviamo in un mondo di scelte di ripiego, quali sarebbero le alternative? È innanzitutto indispensabile esaminare con occhio critico le nostre priorità. Possiamo ingaggiare una guerra per procura contro la Russia in Ucraina, oppure imporre sanzioni commerciali contro la Cina per metter freno alle sue ambizioni militari. O ancora, combattere la battaglia del clima. Possiamo vincere una di queste guerre, ma non tutte e tre allo stesso tempo. Se l’Occidente riuscirà a sconfiggere Russia e Cina, non ci sarà più modo di coinvolgere questi due paesi nella lotta ai cambiamenti climatici. La Cina è responsabile del 30 percento delle emissioni globali di gas serra, più degli Stati Uniti. L’Eurasia rappresenta la più vasta area geografica del mondo, e Russia e Cina, insieme, occupano la metà di questa massa continentale.

Attualmente la situazione sta degenerando nell’Artico. Le più recenti stime affermano che l’impatto climatico della corrente del Niño potrebbe aggravarsi del 35 percento in questo secolo e provocare lo scioglimento completo dei ghiacci. Il riscaldamento delle acque nella regione artica ha già causato conseguenze devastanti sulla fauna selvatica, ma gli effetti sugli esseri umani, in tutto il globo, si annunciano ancor più drammatici. La guerra in Ucraina ha avuto un effetto destabilizzante nella lotta ai cambiamenti climatici. La Russia è il paese che abbraccia la percentuale maggiore della regione artica, occupando il 53 percento delle coste dell’oceano artico. La metà dei quattro milioni di abitanti dell’Artico sono di nazionalità russa. A causa del conflitto, le politiche sul cambiamento climatico nell’Artico sono state del tutto abbandonate.

In un certo senso, la Germania aveva ragione a voler stringere forti rapporti con i russi, ieri, e oggi con i cinesi. Ma i tedeschi hanno ragione per i motivi sbagliati. Il problema della Germania sta nel suo approccio meramente mercantilistico.

Anziché sottoscrivere accordi commerciali privati con russi e cinesi, la Germania avrebbe fatto meglio a coinvolgere l’Ue in una strategia di cooperazione su commercio e investimenti, subordinata all’impegno per la tutela del clima. Un altro conflitto che appare irresolubile, oltre a quello sul clima, riguarda il rispetto dei diritti umani. Siamo alle prese con troppe battaglie, e rischiamo di perdere quella più importante.

Vorrei concludere con una mia personalissima previsione metereologica globale: le scelte politiche dell’Occidente saranno sempre più influenzate dagli eventi estremi, e sarà il clima a rappresentare la principale minaccia alla nostra sicurezza. Di conseguenza, la nostra volontà e disponibilità in Europa occidentale a far fronte a Cina e Russia sono destinate ad affievolirsi. Di pari passo, si indebolirà la nostra alleanza con gli Stati Uniti.

(Traduzione di Rita Baldassarre)

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