Lazio, il Pd azzera tutto. La palla passa a Conte

Giuliano Santoro il Manifesto 5 novembre 2022
Lazio, il Pd azzera tutto. La palla passa a Conte.
Calenda ribadisce «Noi o i 5 Stelle». Oggi sarà in piazza a Milano con Letizia Moratti


Il Partito democratico rilancia sulle regionali. O almeno ci prova. Nei giorni scorsi le dimissioni di Letizia Moratti dalla giunta lombarda e la possibile rottura del centrodestra di fronte a una sua discesa in campo hanno reso ancora più importante la partita della Regione Lazio. Dove la destra parte in vantaggio, visto che il campo largo, anzi larghissimo, che fino ad oggi ha sostenuto il presidente Nicola Zingaretti è tutto da ricostruire.

Dunque, Enrico Letta ha convocato al Nazareno il responsabile enti locali Francesco Boccia, il segretario Pd del Lazio Bruno Astore e il deputato e presidente di Regione uscente Nicola Zingaretti. Il vertice è servito, proseguono le stesse fonti, per fare il punto della situazione a partire da una considerazione: «La Regione è contendibile», dicono i dem. «In linea con le amministrative l’idea resta quella di privilegiare i territori nelle scelte», proseguono dal Nazareno. Traduzione: bisogna puntare ancora sulla coalizione per provare a vincere, che è quello che chiedono i consiglieri uscenti, sia quelli del cosiddetto Terzo polo. Per questo i vertici dem sottolineano che bisogna «cercare l’unità la più larga possibile» e che si deve «slegare il Lazio dalle altre elezioni regionali». Di più, dal Pd si dicono disponibili ad azzerare tutte le ipotesi finora usciti. Aveva già fatto un passo di lato Daniele Leodori, il vicepresidente della Regione che aveva vincolato fin da subito la sua disponibilità a correre all’esistenza dell’alleanza larga. C’era ancora sul piatto l’ipotesi Alessio D’Amato, l’assessore alla sanità di Zingaretti che raccoglieva anche il sostegno di Carlo Calenda. E poi aveva fatto un passo avanti anche Marta Bonafoni, consigliera regionale zingarettiana sostenuta dalla rete civica Pop. Significa anche che sono tramontate definitivamente le primarie, anche perché non c’è molto tempo. Zingaretti dovrebbe dimettersi a giorni, una volta approvato il collegato al Bilancio in Regione Lazio, e a quel punto bisogna votare per legge entro novanta giorni.

La palla passa a Giuseppe Conte, che ancora nelle ultime ore ha lasciato la porta socchiusa. Il leader del Movimento 5 Stelle chiede un candidato «competitivo» ed è consapevole di dover tenere conto della situazione locale, e dunque del fatto che si viene giù da una maggioranza allargata ai 5 Stelle. Ma fa anche sapere che non si può totalmente prescindere dal piano nazionale e dalle rotture degli ultimi mesi. «Anche perché – dicono da via Campo Marzio – sarebbe difficile spiegare ai nostri che a Roma siamo contro il termovalorizzatore ma in Regione governiamo col Partito democratico». La via d’uscita potrebbe essere un candidato civico, sul modello di Gaetano Manfredi a Napoli, che si smarchi dalle divisioni. Dal Pd fanno sapere che questa opzione esiste eppure precisano: «Non è l’unica in campo». «L’auspicio – ribadiscono – è trovare un nome competitivo».

Nel frattempo, Zingaretti para i colpi di Calenda che continua a porre aut aut al Pd, insiste sul nome di D’Amato e oggi sarà in piazza a Milano nella manifestazione filo-Ucraina accanto a Letizia Moratti e Carlo Cottarelli. «Scelgano: o noi o i 5 Stelle», dice il leader di Azione. «Calenda ieri si è scandalizzato denunciando che Conte decide i candidati del Pd e non era vero – dice il presidente dimissionario – Oggi i candidati del Pd li vuole decidere lui. È un vero peccato. Lotteremo per vincere comunque ma, se si dovesse perdere, la responsabilità sarà anche di questa cultura politica folle che punta sempre a dividere».

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